Svelata l’identità di Jack lo Squartatore
Chi è Jack lo Squartatore? La domanda è tutto fuorché ovvia. I più diranno che è il serial killer più famoso al mondo, e la risposta di per sé non sarebbe neanche scorretta, il punto è che si tratta del primo serial killer di matrice moderna della storia, e in quest’ottica la questione assume tutto un altro significato. “Moderno”, ma che significa davvero? Lo definiamo moderno per la sua capacità di interfacciarsi con i media dell’epoca. Per le lettere, per l’efferatezza estrosa con cui uccideva e mutilava le sue vittime trasformando l’omicidio in un fenomeno mediatico, secondo gli standard che si andavano costruendo nei tempi che furono. Un personaggio misterioso, che proprio per l’alone di mistero che circondò l’intera vicenda andò a stuzzicare la fantasia di scrittori di tutte le salse tra cui il mai troppo osannato Alan Moore.
E così il mistero su Jack lo Squartatore ha macinato fantasie per oltre 100 anni, lasciando che personaggi più o meno esperti farneticassero sulla sua presunta identità. Da medico di corte a macellaio, da infelice reietto della società a illustre massone, quello di Jack lo Squartatore è uno dei più fascinosi misteri irrisolti della storia e, metti anche uno di quelli meglio costruiti grazie al fervore popolare che la vicenda alimentò e che portò, inevitabilmente, a mille congetture e testimonianze, il più delle quali prive di senso. Se si aggiunge poi il fatto che gran parte delle prove raccolte all’epoca (tra cui la celeberrima lettera “From Hell”) furono smarrite, si capisce perché negli anni non si sia riuscito a rintracciare lo squartatore che, d’improvviso, terminò la sua carriera di efferati delitti. Forse perché timoroso di essere preso, forse perché arrestato (o ucciso) per motivi che non coinvolgevano direttamente la vicenda. Ebbene, quale che sia la congettura che preferite, quello che pareva un mistero irrisolvibile parrebbe finalmente risolto.
Il bello è che la notizia non è stata ufficializzata ma, sulla falsariga delle modalità con cui la leggenda del killer si consacrò al mondo, ossia la carta stampata e la vox populi, si è parimenti addensata tramite una sorta di passaparola mediatico che, partendo dai social, è poi confluito nella stampa professionista. E dunque l’assassino si chiamerebbe Aaron Kominski e, neanche con troppa sorpresa, sarebbe tra quelli che già erano stati candidati, all’epoca, come possibili assassini. Kominski, polacco di origine e parrucchiere, visse a Whitechapel proprio negli anni degli omicidi e fu poi rinchiuso in manicomio dove, nel 1899, morì per una cancrena alla gamba. Il parrucchiere, dunque, era stato già sospettato e interrogato. L’ispettore a capo delle indagini dell’epoca, Donald Swanson, lo descrisse come di basso ceto sociale, e una serie di memorandum custoditi dal museo del crimine di Scotland Yard, lo descrivono come un uomo disturbato e misogino, nonché dalle forti tendenze suicide.
Ma come si sarebbe arrivati a Kominski? Le conferme sarebbero arrivate da un’analisi del DNA fatta negli ultimi mesi che avrebbe aiutato avvalorato alcune analisi storiche che, ad oggi prive di prove, erano inevitabilmente finite nel dimenticatoio. E dunque il DNA prelevato da uno scialle quasi certamente appartenuto ad una vittima, Catherine Eddowes, sarebbe stato fondamentale per definire l’identità dell’assassino in quanto su di esso sono state rinvenute tracce di sangue e sperma dell’assassino che, confrontate con i discendenti di Kominski, avrebbero confermato l’identità dell’assassino. Non è chiaro se il DNA di Kominski abbia avuto confronti con anche altre eventuale prove dei delitti dell’epoca (cinque furono le vittime confermate, ma se ne stimano molte di più non accertate), tuttavia il profilo parrebbe tracciato e i dubbi sarebbero ormai pochi. Tutte le tracce, le informazioni e le prove inerenti il caso sono state di recente raccolte in un libro scritto, tra l’altro, dallo stesso proprietario dello scialle (che lo acquistò per collezione durante un’asta). Il bello è che una scrittrice ben più illustre, proprio di recente, aveva dedicato ben un anno della sua vita alla ricerca del profilo del killer. Parliamo di Patricia Cornwell che con il suo Ritratto di un assassino: Jack lo squartatore – Caso chiuso, aveva ipotizzato che l’assassino fosse un pittore dell’epoca, Walter Sickert, che in alcuni suoi dipinti avrebbe inserito diversi riferimenti agli omicidi. Che si tratti di Kominski o di Sickert, il caso dell’assassino di Whitechapel è un qualcosa di così radicato nella cultura popolare che, ne siamo sicuri, ancora se ne parlerà in qualche modo e, quasi certamente, non si smetterà di fantasticare sulle innumerevoli congetture che hanno investito i protagonisti della vicenda nel corso degli anni. Vero è che la prova del DNA incastra con poche remore il parrucchiere polacco, eppure passando dagli intrighi di corte, siano alle supposizioni più fantasiose (tra cui ricordiamo l’incriminazione di illustri come Lewis Carroll e Oscar Wilde) la storia dello squartatore non smetterà di stuccare una certa fetta dell’immaginazione popolare. Sarà forse finito il clamore dietro la soluzione del mistero, e gli investigatori storici tireranno, forse, il proverbiale sospiro di sollievo, ma gli amanti dell’orrore (umano) forse non smetteranno mai di fantasticare. Come disse Sclavi nel celeberrimo n°2 di Dylan Dog: “Io sono Jack, sono e sarò per sempre Jack”.