L’ennesimo viaggio nella mediocrità di Netflix
er lavoro mi autocostringo spesso a guardare prodotti Netflix piuttosto scadenti. Non perché io abbia una particolare passione per film o serie dozzinali, ma per una forte dedizione alla causa, oltre al fatto che il più delle volte anziché assegnarli torturando i redattori, decido di autoinfliggermi il supplizio e diventare martire.
Per fortuna, ora che abbiamo deciso di modificare la linea editoriale, senza quella necessità – purtroppo dettata da esigenze di mercato e concorrenza – che impone pressoché a tutti i siti e riviste di intrattenimento o cultura nerd di “coprire tutto e farlo prima degli altri”, la situazione in casa nostra è un po’ cambiata e le cicatrici sul mio corpo iniziano pian piano a manifestarsi senza lasciar spazio a nuove ferite.
Eppure, il fatto di non dover per forza recensire tutto quello che passa il convento della N rossa – o altre piattaforma simili, che non sempre sono sinonimo di qualità – non significa che io non decida comunque che sia il caso di vederli. E potreste pensare allora che il discorso fatto sulla passione per i prodotti scadenti sia una bugia. Ebbene, non è così. Il problema è che ogni tanto anche da una pietra può nascere un fiore, per cui guardare film o serie all’apparenza, o anche nei fatti, di scarsa qualità può fornire uno spunto per un articolo o comunque la speranza che ogni tanto tanto qualcosa di decente possa uscir fuori è sempre viva.
Le jeux sont fait
Qualche giorno fa, incuriosito da un poster raffigurante un uomo con in mano dei palloncini colorati (peraltro giallorossi), ho deciso di dare una chance a Testimone misterioso. Eppure sapevo già come sarebbe andata a finire; il titolo, pur nella sua solita scriteriata traduzione italiana dell’originale Sans repit, parlava piuttosto chiaro per chi conosce ormai il linguaggio di Netflix. Metteteci poi che si tratta di un thriller francese di Régis Blondeau, al suo primo lungometraggio da regista dopo aver lavorato come direttore della fotografia, e un protagonista un po’ anonimo come Franck Gastambide, e le jeux sont fait.
Senza scadere troppo in considerazioni e analisi su Testimone misterioso, che come avrete capito è uno dei tanti thriller mediocri con una trama piuttosto telefonata e basati quasi esclusivamente su un ritmo coinvolgente, quello su cui mi viene da riflettere è come sia possibile che Netflix continui ancora a produrre e tirar fuori opere di questo tipo. Che peraltro arrivano quasi tutte dalla Francia o dalla Spagna.
Non ho i dati a mio supporto, ma facendo conto su quanto mi è capitato di notare negli ultimi anni, credo che mensilmente, tra film e serie TV, quasi una decina di prodotti arrivino da questi due paesi, che monopolizzano sempre più il mercato Netflix europeo.
Quello che importa comunque a Francia o Spagna non è certo la qualità del cibo, ma basta che se magna, tuttavia su una così grande quantità ogni tanto qualcosa di buono esce fuori, anche soltanto per la legge dei grandi numeri, oppure perché banalmente ad un così ingente numero di produzioni corrisponde un cumulo di budget che l’Italia sogna solo lontanamente, e che fa sì che prima o poi escano dal cilindro Lupin o La casa di carta, che non saranno Lost o Breaking Bad ma sicuramente sono meglio di Noi o Baby. Che poi, almeno riguardo le serie TV, l’Italia di recente si sta muovendo molto meglio rispetto a qualche anno fa, mentre per i film sulle piattaforme mi pare di assistere ad una preoccupante condizione di stallo.
Un po’ di tempo fa ho scritto un editoriale in seguito all’accordo tra le piattaforme di streaming e il mercato francese, che appunto giustifica il fatto che ci siano così tanti prodotti in arrivo da quelle parti, ma non il fatto che la gente continui a guardarle. Ok, l’algoritmo di Netflix “spinge” verso determinati prodotti piuttosto che altri ma una così incredibile quantità di piattaforme e una forte diversificazione dell’offerta generale dovrebbe far in modo che non si propenda così tanto per certa roba ma si cerchi un po’ qualità.
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I thriller francesi distribuiti su Netflix poi, se possibile, sono in linea di massima anche peggio di quelli spagnoli, che invece ormai sono piuttosto rodati e, complici pure mestieranti esperti e di successo come i soliti Javier Gutiérrez e Mario Casas, riescono quantomeno ad alzare un minimo l’asticella. Un minimo, sia chiaro.
Ad ogni modo, mi sembra piuttosto evidente che Netflix abbia compreso a fondo il suo target, che vivacchia un po’ con i paraocchi e si accontenta di quello che gli viene servito senza farsi troppo domande, e non è un caso infatti l’introduzione della modalità di riproduzione casuale, altro plus che vi spingerà a guardare sempre le stesse cose, prodotte sempre dagli stessi paesi.
Ma in fondo se sta a bene a voi, sta bene a tutti.
Del resto “la qualità c’ha rotto il ca**o, viva la m*rda”, diceva con saggezza il buon Ferretti.