Veloce ripasso
Il primo Nidhogg era a tutti gli effetti una perfetta descrizione di come potrebbe essere un gioco indie nella nostra generazione: veloce, con una grafica a dir poco minimale, controlli basilari e tanto divertimento vecchia scuola senza orpelli ulteriori, che fossero una trama o astruse modalità di gioco. Si giocava uno contro uno, impersonando schermidori formati da una manciata di pixel e armati di fioretto alla ricerca del Nidhogg, il malvagio drago serpente delle leggende scandinave. O, per metterla come i videogiocatori che siamo, la fine del livello. Chiaramente ogni fine livello era contrapposta al giocatore che doveva raggiungerla, si combatteva per uccidere il personaggio avversario per impedirgli di arrivare alla sua e cercare in tutti i modi di raggiungere la propria con varie tipologie di mosse: fendenti alti o bassi, attacchi in salto, addirittura lanciando l’arma per colpire a distanza. E ogni volta che un personaggio moriva, respawnava dopo qualche secondo, offrendo all’opponente la possibilità di correre verso la fine del livello indisturbato.
I ragazzi di Messhof hanno preso tutto ciò che ha reso famoso il concetto superstilizzato del picchiaduro 2D in side scrolling, che era il loro primo titolo, e lo hanno elevato a potenza.
Dai “minimali” 8 ai “rivoltanti” 16 bit
Il primo grande cambiamento di Nidhogg 2 rispetto al predecessore è sicuramente quello che salta di più all’occhio. Nel primo il comparto grafico tentava di emulare lo stile classico degli 8 bit, con sfondi prevalentemente neri e spezzati qua e là da follie pixel art che lasciavano parecchio spazio all’immaginazione; chi ha vissuto quell’epoca sa di cosa parliamo, quei quattro pixel in croce potevano essere un cavaliere, una papera, qualsiasi cosa la vostra immaginazione vi suggeriva.
E da qui abbiamo una potente virata che ci porta nel florido mondo dei 16 bit con Nidhogg 2.
Un mondo vibrante e disgustoso, pieno di esagerazioni cromatiche, sprite che si sovrappongono, effetti di parallasse, uno splatter talmente marcato da risultare demenziale. Anche qui, se avete vissuto il periodo, avete già compreso il tutto. I personaggi controllabili, un tempo combattenti monocromatici longilinei, ora assumono connotati più definiti. Sono dei rivoltanti omini, con una flaccida panciotta, gli occhi a palla, un naso sproporzionato, completamente glabri. Ma non temete, tramite un veloce editor sarà possibile peggiorarne ulteriormente l’estetica oltre al colore principale, applicando abiti, accessori, barbe e capelli. E sarà un piacere ulteriore spappolare gli avversari quando assumeranno la forma di un inquietante ometto bluastro vestito da donna e con dei folti baffi neri.
Lo stile splatter è spinto al massimo, con questi terribili omini che deflagrano in pezzi sanguinolenti (il colore del sangue varia a seconda di quello principale, restando pur sempre cartoonoso) e macchiando i livelli di gioco con i loro abominevoli liquidi colanti. E proprio parlando dei livelli, lo stile grafico offre ulteriori scene raccapriccianti, seppur sature di colori. I giocatori si troveranno a combattere nelle arene più disparate. Da foreste a montagne innevate, fino a navi volanti che solcano le nubi, a macellerie di quelli che sembrano essere altri Nidhogg (e non aspettatevi un dragone, qui il Nidhogg è un orribile verme volante), fino agli interni pulsanti delle creature. Nidhogg 2 smette di fare il gioco del primo insomma, non c’è più quel poetico spazio lasciato all’immaginazione dei fanciulli. Anzi gli sviluppatori mostrano fin troppo e con fare morboso, puntando tutto sul disgusto e le scene di violenza inaudita, mascherate dietro uno stile colorato e sgangherato, che per certi versi può ricordare il sempreverde Earthworm Jim in alcune scelte stilistiche.
Questioni di bilanciamento
Ma chiaramente il comparto grafico non è l’unica novità di questo indie. Le innovazioni di gameplay consistono nella possibilità di trovare ad ogni respawn una nuova arma oltre al classico fioretto, in modo casuale. Vi è una pesante spada a due mani, un pugnale e perfino un arco con frecce.
Proprio qui sussistono alcune problematiche nel bilanciamento. E uno sbilanciamento di gameplay in un gioco così basilare può seriamente comprometterne la giocabilità. Se nel primo capitolo entrambi i giocatori partivano sempre e comunque con gli stessi mezzi e le stesse possibilità di vittoria, offrire un sistema di spawn casuale di armi cambia le carte in tavola. Soprattutto se ci si trova ad affrontare un avversario armato di spada mentre si utilizza l’arco, decisamente sbilanciato nell’economia di gioco, considerati due fattori sostanziali: il primo riguarda il lentissimo rateo di fuoco e la totale inefficienza nel corpo a corpo (è possibile solo lanciarlo come oggetto contundente in questo caso, e sperare). Il secondo invece, forse anche più grave, riguarda la possibilità di effettuare praticamente spawn kill con esso, scoccando una freccia nell’istante in cui il respawn del personaggio appena morto sta per avvenire. Le altre armi per fortuna sembrano essere ben amalgamate nel gameplay, o perlomeno non portano il giocatore a ritrovarsi con la frustrazione di rinascere con un’arma sbagliata al momento sbagliato, come accade invece per il sopracitato arco. Un discorso su cui si può soprassedere nella breve modalità arcade (una ventina di minuti di gioco circa), nella quale ci si trova ad affrontare personaggi diversi in ognuno degli scenari di gioco. Ma il problema di bilanciamento diventa palese durante le partite multiplayer, vera fonte di longevità del titolo.
Habemus Netcode
Il primo Nidhogg non offriva un netcode proprio allo stato dell’arte per quanto riguarda le partite in online in multiplayer; non erano rare le disconnessioni e il lag rendeva spesso le partite impossibili con i giocatori più lontani. In Nidhogg 2 si riscontra comunque un certo input lag che resta pur sempre fastidioso, ma la sensazione generale è quella di un sistema online meno problematico e più solido. E come per il resto del gioco, è tutto molto semplice ed immediato: si decide se affrontare un partita in locale o su internet tramite matchmaking, si seleziona il proprio ometto, lo si personalizza, si sceglie l’arena di gioco e in un attimo ci si trova a giocare. Vi è la possibilità di personalizzare le regole, inserendo un tempo massimo per la partita; quella di vietare le scivolate; combattere con una sola vita e selezionare perfino quali armi saranno utilizzabili durante la partita, riuscendo di fatto a limitare il problema di bilanciamento di cui si parlava. Per fortuna.
Verdetto:
Nidhogg 2 potrebbe scontentare la fanbase che il primo capitolo è andato a creare, di chi ama il minimalismo videoludico che strizza l’occhio al retro. Questo titolo invece stravolge lo stile, rendendolo volutamente pacchiano, talmente splatter e rivoltante da risultare ridicolo, mantenendo il gameplay e ampliandolo con alcune scelte non sempre riuscite appieno. In ogni caso, nonostante non possieda l’eleganza del predecessore, si tratta di un piccolo gioiellino indie che può offrire qualche ora di divertimento, soprattutto se giocato in locale con gli amici.