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Sullo sfondo di un Giappone feudale devastato dalla guerra, Nioh mette in scena la sua storia nel più classico dei modi. La guerra logora la popolazione, morte e sangue sono i minimi comuni denominatori, tutto è avvolto in una coltre di dolore senza fine. Il male, quello più semplice, quello più distruttivo, fa tornare in vita le anime dei morti sotto forma di spaventosi demoni: gli Yokai.

Similmente a quanto succede con Dark Souls (questa, come potete immaginare, non sarà l’unica volta in cui faremo un parallelismo con la serie di Miyazaki) la morte non solo è parte integrante del gameplay, ma tassello principale della trama, l’elemento cardine che tiene unite le fila della narrazione e che di fatti ne definisce il setting. A collegare il tutto, non solo la morte ma anche il concetto di anima, qui rivisitato attraverso le Amrita, delle pietre magiche, che affiorano a frotte proprio nei luoghi devastatati dalla guerra. E così che inizia il viaggio del londinese William, pirata e esperto cacciatore di Amrita, dotato di straordinari poteri. William infatti è assistito da alcuni Spiriti Guardiani (in tal senso, l’incarnazione del “bene” all’interno del mondo di gioco) che lo guideranno non solo alla ricerca degli Amrita, ma forniranno aiuto pratico anche in battaglia. Essenzialmente il viaggio di William parte proprio col presupposto di recuperare uno di questi Spiriti Guardiani.

Cercando di evitare ogni qualsiasi spoiler, vi diciamo solo che l’avventura ci vedrà protagonisti effettivi della guerra di potere che sta devastando il Giappone, e andando alla ricerca dello Spirito Guardiano ci imbatteremo – e aiuteremo – diversi Signori della Guerra, arrivando inesorabilmente alla risoluzione della storia. Narrativa dunque ben più diretta della serie Souls ma allo stesso tempo molto più semplice, banale aggiungeremmo. Nioh del resto non tenta di raccontarci tutto elucubrando su miti e leggende, lo fa in maniera piuttosto diretta, mettendoci nel vivo dell’azione senza mai pretendere un impegno particolare da parte nostra. Il problema, se vogliamo, oltre l’intrinseca banalità del setting, è la mole di personaggi completamente anonimi che faranno da comparse nelle diverse missioni. Talvolta faticherete persino a ricordarvi in quanti e quali personaggi vi siete già imbattutiti e difficilmente vi sentirete partecipi o anche solo emotivamente vicini a quanto succede nel mondo di gioco. Una narrazione scialba e poco interessante fa dunque coppia con personaggi poco memorabili e discorsi che mai riusciranno a catturare più di tanto la nostra attenzione. Certo, in molti potrebbero non apprezzare lo stile ermetico della serie Souls e, per quanto semplice, una storia raccontata secondo i canoni classici della narrazione videoludica potrebbe far felici molti giocatori, al contempo però bisogna precisare, per dovere di critica, che difficilmente resterete affascinati da Nioh in tal senso, sia per quanto riguarda la narrazione, sia per tutti gli elementi accessori che definiscono l’intera produzione.

Nioh, sei tu il prescelto?

La trama non entusiasmerà più di tanto, ma del resto siamo qui per tirar fendenti e sfidare le nostre capacità videoludiche. Se questa è la prima volta che sentite parlare di Nioh, lo si può definire un soulslike: seppur non sia affatto una nomenclatura ufficiale, il paragone con la serie edita da From Software è la maniera migliore per descrivere l’ultima fatica del Team Ninja. Facile in tal senso immaginarsi un clone, una copia fatta in fretta e furia per sfruttare un trend in voga negli ultimi tempi. Ma, nonostante le similitudini si sprechino, Nioh è ben più di una “copia”, è un gioco che al netto dei suoi difetti e delle sue imperfezioni ha un feeling tutto suo, un approccio ludico studiato tenendo sì presente la serie Souls ma rivisitato in maniera così egregia da far sentire, seppur con le dovute limitazioni, il giocatore alle prese con un titolo completamente inedito sotto il punto di vista del game design.

Nioh è quindi un action RPG puro e crudo, ci lancia direttamente nel campo di battaglia richiedendo da noi sin da subito uno sforzo e impegno incredibile, colpendoci e punendoci con cattiveria ad ogni nostro minimo errore. La difficoltà è sicuramente uno degli elementi presi in grossa considerazione dal Team Ninja. Se avete provato la demo, sicuramente avete presente a cosa ci riferiamo. Proprio sulla demo (in particolar modo l’Alpha, uscita in estate) è opportuno spendere due parole. Come tanti appassionati del genere fummo entusiasti di mettere mani sull’Alpha, ma il nostro entusiasmo fu in qualche modo smorzato, così come la nostra autostima, da un livello di difficoltà incredibilmente alto. Complice anche la totale mancanza di un tutorial, Nioh ci prese davvero alla sprovvista. Ogni avversario presente sul nostro cammino non andava sottovalutato, anche il più infimo dei banditi poteva trasformarsi in uno scoglio apparentemente insormontabile da superare. La demo era appunto difficile, difficilissima, anche più impegnativa di qualsiasi Soul uscito nel corso di questi ultimi anni. A nostro modesto parere qualcosa non funzionava nel sistema di gioco, la difficoltà più che improntata sul trial & error appariva incredibilmente artificiale, costringendoci non solo al migliorare le nostre abilità di gioco ma anche nel compiere un tragitto predefinito, scegliere sempre quanti e quali nemici affrontare, sfruttando le stesse aperture nelle difese nemiche.

Insomma, Nioh alla sua prima uscita pubblica era incredibilmente frustrante, pur considerando il tasso di sfida inumano come un elemento davvero interessante. Cos’è cambiato in tal senso? Tutto, o quasi. Difficile dire se sia solo merito del tutorial e della completa comprensione dei meccanismi di gioco, eppure sin dalle prime battute di gioco Nioh si è dimostrato essere sì difficile, ma ben lungi dall’essere realmente impegnativo. I nemici, soprattutto quelli umani, sono meno aggressivi, fanno meno danni e faticheranno molto di più nel rompere la nostra stamina. In linea generale ci è sembrato che gli sviluppatori, complici i feedback ricevuti con l’Alpha, abbiano abbassato di gran lunga il livello di difficoltà, andando a modificare dei parametri di gioco, col risultato di avere ancora una volta un gioco non bilanciato alla perfezione. A questo si aggiunge anche un level design pensato appositamente per non scoraggiare il giocatore: seppure l’esplorazione delle aree sia incredibilmente soddisfacente, la disposizione dei nemici nelle suddette è scialba e poco studiata. In quasi tutte le aree e quasi in tutte le situazioni possibili e immaginabili affronteremo un solo nemico alla volta, e anche quando davanti a noi ce ne sarà più di uno, basterà entrare lentamente nel raggio visivo dell’avversario (o colpirlo con un’arma a distanza) per catturarne l’attenzione. E, infine, la quasi totale mancanza di trappole: i nemici sono spesso ben visibili, e solo di raro ci capiterà di finire essere colpiti alle spalle o di attivare “aggro” simultanei da parte di diversi nemici. Questo si traduce in un incedere attraverso le varie missioni quasi sempre uguale, gestendo i combattimenti sempre allo stesso modo e, molto più banalmente, di fare sempre le stesse cose.

Monotonia che scompare completamente nel corso delle boss fight, punto decisamente più alto della produzione in cui effettivamente Nioh mostra tutto il suo tecnicismo e tutte le sue differenze con la serie Souls grazie a due meccaniche fondamentali: ritmo Ki e pose. Il ritmo Ki non è altro che il sistema di gestione della stamina, gestione che è fondamentale per uscire indenni da qualsiasi situazione. Il consumo della stamina, anche qualora le nostre statistiche siano elevate, è un elemento da tenere sempre in considerazione: sarà quasi sempre impossibile effettuare più di una combo, anche perché quando la stamina sarà esaurita non solo William sarà immobile per qualche secondo, ma permetterà anche i nemici di effettuare un colpo critico, il più delle volte fatale. Come ci si salva, allora? A termine di ogni attacco William sarà avvolto da una sottile luce particellare, il che ci dà la possibilità di fare due cose: effettuare una schivata veloce, senza pagare stamina, o recuperare gran parte della stessa premendo il tasto di difesa col giusto tempismo. E non è finita qui. Gli Yokai (i demoni presenti nel gioco) hanno tutti un attacco ad area che, seppure non faccia danno diretto, crea una zona di colore grigio che limiterà ancora di più il nostro recupero della stamina. Combattere in tale aree è quasi sempre un suicidio… ma a tutto c’è rimedio. Utilizzando il ritmo Ki non solo spazzeremo via l’area demoniaca, ma al tempo stesso interromperemo il recupero della stamina yokai permettendoci quindi di effettuare un colpo critico. Discorso che va a braccetto con le pose: queste non sono altro che variazioni del moveset standard delle armi (medio, alto e basso), che modificano incredibilmente la velocità e la stamina di William. In poche parole, se con una posa alta William farà più danni, allo stesso tempo sarà molto più lento e consumerà molta più stamina, mentre invece con posa bassa saremo più deboli, ma molto più agili e capaci di sfuggire via ai temibili colpi avversari. Meccanica incredibilmente appagante ma che purtroppo non trova adeguato spazio nel sistema di gioco. Escluse le boss fight (e nemmeno tutte) il sistema delle pose è quasi sempre inutile, per tutta la durata dell’avventura useremo quasi sempre la posa standard (quella intermedia), quella alta risulterà il più delle volte ingiocabile per via del consumo eccessivo della stamina, e quella bassa, benché ci aiuti a schivare facilmente qualsiasi attacco, infliggerà così pochi danni da far diventare qualsiasi combattimento una guerra di logoramento. È stato davvero un peccato constatare che un sistema così tecnico e teoricamente innovativo e appagante sia di fatto poco utilizzato e relegato a poche boss fight e altrettante situazioni minori. Discorso diverso per la gestione della stamina e ritmo Ki, caposaldo dell’intero gameplay, funzionando praticamente alla perfezione dall’inizio alla fine.

A queste meccaniche si aggiungono degli elementi ruolistici che di fatto impreziosiscono ancora di più il gameplay. Esplorando le varie aree di gioco, eliminando nemici e così via, come è facilmente intuibile, sarà possibile aumentare le proprie statistiche, sbloccare e aggiungere diverse abilità. Tramite una schermata apposita è possibile infatti sbloccare moveset extra per ogni stance / posa, craftare amuleti magici e altri oggetti “ninja” come shuriken, bombe e così via. L’elemento ruolistico in Nioh è preponderante e in certi versi sembra quasi sovrastare la parte puramente action. Il gioco non ci catapulta in un mondo interconnesso da esplorare, ma procede attraverso classicissime missioni e subquest. Benché gli amanti del genere Souls possano in qualche modo risentirsi della scelta, troviamo l’impostazione incredibilmente adeguata per la produzione e capace di restituire un senso di “giocosità” (passateci il termine non propriamente professionale) assente nella serie From Software. Inoltre le missioni, spesso di breve durata, sono perfette per sessioni di gioco mordi e fuggi, considerando anche la possibilità affrontare le stesse a livelli di difficoltà maggiori o con obiettivi secondari (non sempre brillanti).

Insomma, sotto questo aspetto Nioh è studiato alla perfezione e che in più di un’occasione vi incollerà allo schermo in un loop infinito di “ancora una e poi smetto”. Rivisitare aree già esplorate aumenta ovviamente la longevità di gioco e permette al giocatore di scovare oggetti o porzioni secondarie della mappa prime inesplorate. Restando sul discorso del level design, ci troviamo di fronte ad un’ottima produzione, le aree sono sempre diverse tra loro e studiate per far compiere al giocatore diverse azioni. Ma bisogna anche dire che, nonostante il buon lavoro svolto, siamo ben distanti dalla cura maniacale di Miyazaki ed il suo team, tenendo anche presente che non tutte le missioni sono state create con la stessa attenzione e qualche livello è sicuramente sottotono rispetto agli altri.

Scelte, in tutti i sensi, tecniche

Inutile girarci attorno, il comparto tecnico di Nioh non brilla per particolari meriti: risoluzione che non fa gridare al miracolo, imperfezioni e texture in bassa definizione su parecchi fondali, telecamera non sempre all’altezza della situazione e così via. Non pensiamo valga la pena spendere troppe parole in tal senso, troviamo invece obbligatorio fare un plauso al Team Ninja per la brillante idea avuta in fase di produzione. In Nioh è possibile scegliere tre diverse modalità: quella Azione, con frame rate stabile a 60fps e risoluzione leggermente inferiore, la modalità Cinema con risoluzione maggiore ma frame rate fisso a 30fps, più una modalità Intermedia.

Inutile dire che da puristi del genere ci siamo fiondati direttamente sulla modalità Azione, ma abbiamo apprezzato molto la possibilità di scegliere, è questo il punto. In un mercato console sempre più simile al mondo PC, ci pare quantomeno anacronistico non poter avere questa scelta, soprattutto in giochi frenetici in cui un buon frame rate è indispensabile per una migliore fruizione del medium. Per cui Team Ninja: grazie, grazie davvero.

Verdetto

Nioh, al netto dei suoi difetti, risulta essere un gioco incredibilmente divertente, appagante per molti aspetti tecnici e deludente sotto qualche punto di vista. Insomma si poteva fare di più con il bilanciamento del gioco, rispetto all’Alpha sono stati fatti passi avanti, ma non si è purtroppo giunti ad una calibrazione tale da far sfoderare al titolo tutte le sue ottime carte. Siamo sicuramente rimasti soddisfatti dal lavoro svolto dal Team Ninja, Ritmo Ki e gestione della stamina aggiungono un tocco di classe non da poco a quella che è la formula dei soulslike. In tal senso, non stiamo assolutamente parlando di un clone o di un gioco senza particolare appeal, Nioh tutto sommato ha trovato una sua identità, fondendo meccaniche action ad una componente ruolistica ben studiata e incredibilmente riuscita. Non sarà la sfida che tutti eravamo pronti a superare a suon di imprecazioni e pad rotti, ma Nioh diverte e questo, a nostro parere, basta e avanza.