I vecchi libri di fantascienza sono ancora il riferimento di una narrativa che si è evoluta profondamente negli ultimi decenni?
Quando leggiamo fantascienza, in genere ci aspettiamo di leggere del futuro. Non è una regola universale, ma in media quello che ci aspettiamo da lettori è uno scenario futuribile che ci dica qualcosa su un possibile sviluppo tecnologico, scientifico o sociologico dell’umanità. Sembra quindi paradossale che la maggior parte dei libri e autori di fantascienza consigliati siano vecchi di quarant’anni, quando va bene. Ma si arriva facile anche agli anni 30 e 50 del secolo scorso. Ma è davvero questa l’unica via?
La fantascienza è morta (di nuovo)
Per il lettore medio di fantascienza, gli ultimi libri appartenenti al genere sono stati pubblicati agli inizi degli anni Ottanta. La linea di confine è più o meno quella del cyberpunk, e Neuromante è di solito l’ultimo titolo citato. Poi, la fantascienza è morta. A voler essere precisi però, la fantascienza era già morta da un po’, se dobbiamo dar retta a cosa si diceva nell’ambiente già mezzo secolo prima, quando ad esempio autori insospettabili come Arthur C. Clarke scrivevano alle riviste proprio in risposta alle dicerie sulla morte del genere, come si può leggere nella lettera Fantariflessioni presente nel volume Racconti. Lettera che risale al 1939.
Si può quindi ipotizzare che la triste scomparsa della fantascienza sia in qualche modo una componente fisiologica del genere stesso, e che forse abbia a che fare più con la percezione che i lettori hanno di cosa sia e dovrebbe essere la fantascienza, piuttosto che col suo reale stato di salute in quel momento. D’altra parte, se si considera che per sua definizione la fantascienza deve “stare al passo” con le innovazioni tecniche e scientifiche, si arriva facilmente alla conclusione che a differenza di molti altri generi di narrativa, la fantascienza sia costretta a rinnovarsi di continuo. In un certo senso quindi, morire e rinascere.
Se ad esempio nel 1930, prima ancora che fossero lanciate le prime missioni spaziali, era interessante raccontare di come avremmo raggiunto la Luna, quarant’anni dopo storie del genere non avevano più senso. Se fino ai primi anni ’90 avremmo potuto immaginare come la connessione di tutti i personal computer in un’unica rete globale avrebbe potuto modificare la società, adesso lo stiamo vivendo ogni giorno. Se oggi gli autori provano a raccontare di come ci rapporteremo con le prime Intelligenze Artificiali, può darsi che tra vent’anni la questione diventi triviale. Di conseguenza, un lettore ancorato e affezionato a un certo tipo di tematiche e storie, può sentirsi abbandonato e concludere che la fantascienza non esista più. Ma in realtà si riferisce solo a quella che lui intende con questo nome.
Vecchi libri di fantascienza o vecchi lettori di fantascienza?
La dinamica solitamente è questa. Il lettore di buona volontà sviluppa una certa curiosità per la fantascienza letteraria, forse perché ha visto qualche bel film ispirato o forse perché si ricorda del racconto di Fredric Brown che ha letto alle scuole medie. Cerca quindi qualche informazione online, su siti dedicati, forum di appassionati o gruppi facebook. Le raccomandazioni che riceve sono, nell’ordine: Isaac Asimov. Arthur Clarke. Robert Heinlein. Ray Bradbury. Jack Vance. Philip Dick. Raramente ci può scappare anche una Ursula Le Guin o un William Gibson.
Intendiamoci, non c’è niente di male a leggere tutti questi autori. Chi scrive ha letto tutto quello che Asimov ha scritto nella sua vita, compresi i racconti adolescenziali e i gialli dei Vedovi Neri. Il punto non è il valore letterario o storico di queste opere, ma chiedersi se il lettore di oggi debba ancora rifarsi a romanzi scritti tra i quaranta e i novant’anni fa, in particolare se quello che sta cercando è un qualche tipo di riflessione o speculazione sullo stato del mondo attuale. Per quanto la psicostoria sia un modello applicabile a qualunque società, siamo proprio sicuri che sia ciò di cui ha bisogno quel lettore di buona volontà che si sta accostando al genere perché ha visto Matrix e vorrebbe approfondire? Dobbiamo davvero continuare a consigliare sempre e solo Asimov?
Se si può ritenere valida l’ipotesi che un lettore cresciuto negli anni ’70-’80 si sia abituato alle storie di questi Grandi Maestri della Fantascienza, e che quindi non riconosca come validi esponenti del genere autori e opere contemporanei, allora forse il problema non sta tanto in quei vecchi libri, ma nei vecchi lettori di fantascienza. Senza voler alimentare uno scontro tra generazioni, la si può considerare una più banale questione di nostalgismo, che affligge un po’ tutti quando si scavalla la china degli –enta: i libri della mia gioventù sono i migliori, dopo di quelli non è uscito nient’altro che fosse altrettanto bello, e questi sono gli unici che valga la pena di leggere. In realtà, in molti di questi casi, il vecchio lettore di fantascienza in questione non ha mai nemmeno cercato libri più recenti, si è accontentato di quelli che già conosceva senza sentire il bisogno di indagare oltre.
Nuovi autori, nuovi libri, nuovi temi
In un settore già di nicchia come la fantascienza, questa tendenza al passato alimenta un circolo vizioso editoriale che porta inevitabilmente ad avere sempre meno novità in circolo. Se chi si affaccia al genere viene orientato sui vecchi titoli di fantascienza, sarà quella vecchia fantascienza a vendere, e gli editori saranno meno motivati a proporre la nuova fantascienza invece della ristampa della ristampa. Così la scarsa curiosità dei lettori tradizionalisti si amplifica per la scarsa accessibilità di alternative, e anche i potenziali nuovi lettori non possono che dirigersi sulla solita vecchia fantascienza.
Qual è allora la soluzione? Ci sediamo sulla riva del fiume ad aspettare che passino i cadaveri di quei lettori fermi al 1984? Ovviamente no. Nel senso che la mortalità per cause naturali non sarebbe comunque d’aiuto se non si incoraggia il ricambio generazionale, introducendo l’idea che la fantascienza non ha chiuso i battenti con la stagione del cyberpunk, ma che ci sono altri quarant’anni di autori e titoli da scoprire. Qui su Stay Nerd ci abbiamo provato nelle settimane scorse, fornendo una lista di libri di fantascienza pubblicati dal 2000 in poi che coprono pressappoco tutti i possibili approcci al genere, e possono essere proposti come alternative ai soliti Asimov, Clarke, Heinlein.
In questi ultimi decenni, la fantascienza letteraria si è arricchita di autori di alto livello come Greg Egan, Charles Stross, Connie Willis, John Scalzi, James S.A. Corey, Ted Chiang, Neal Stephenson, Ann Leckie, China Miéville, Charlie Jane Anders, Jeff Vandermeer… solo per citarne qualcuno che copra tutto lo spettro dei possibili sottogeneri.
Ha visto crollare il paradigma wasp-centrico che vedeva come autori principalmente maschi angloamericani, come si può notare osservando i finalisti dei maggiori premio come Hugo e Nebula.
Sta acquisendo i contenuti di autori cinesi come Liu Cixin o Chen Quiufan, sta promuovendo correnti come l’afrofuturismo. Ma soprattutto, la fantascienza di oggi ha pervasivamente infiltrato ogni aspetto della vita quotidiana, tanto che temi come l’antropocene, il cambiamento climatico e il solarpunk, una volta materia esclusiva di addetti ai lavori, stanno entrando nel dibattito pubblico.
In tutto questo, volersi ostinare a leggere solo Asimov è una scelta estremamente miope, che non tiene conto non soltanto dell’evoluzione del genere, ma anche di quella del pubblico. I lettori di oggi, che sono fruitori transmediali di contenuti metanarrativi, potrebbero provare molta più soddisfazione a leggere qualcosa di più letterariamente più audace di un racconto scritto nel 1939. E visto che di materiale tra cui scegliere in ottant’anni di pubblicazioni se ne trova in abbondanza, perché aggrapparsi a quei soliti vecchi libri di fantascienza?
Il caso italiano: la nicchia nella nicchia
Quanto detto finora si applica in buona sostanza alla fantascienza a livello globale. Ma se ci focalizziamo sulla situazione italiana nello specifico, allora la situazione è ancora più delicata. La storia della fantascienza in Italia è stata innegabilmente forgiata da Urania, nel bene e nel male: la rivista fondata nel 1952 da Giorgio Monicelli, che ha di fatto inventato il lemma italiano “fantascienza”, è stata per decenni il punto di riferimento per tutti gli appassionati del genere. A tutt’oggi, la media del lettore di fantascienza è quella dell’affezionato acquirente di Urania, che ha in casa scaffalature intere dei volumi con il cerchio rosso in copertina e le illustrazioni di Karel Thole.
Lo politiche editoriali di Urania, limitata dalla sua natura di collana da edicola, hanno senza dubbio influenzato anche il modo in cui la fantascienza è stata diffusa e percepita in Italia. Dalle polemiche sui tagli indiscriminati per rientrare nella foliazione richiesta, alla chiusura pregiudiziale agli autori italiani della conduzione Fruttero&Lucentini, il pubblico italiano dei lettori di fantascienza è stato spesso in passato posto davanti a una situazione distorta. D’altro canto, la disponibilità di titoli a basso costo, veloce ricambio e distribuzione capillare ha senza dubbio contribuito a portare la fantascienza anche dove non sarebbe arrivata con le sole librerie. Oggi la situazione si sta praticamente ribaltando, e sono le collane da edicola in generale a soffrire calo di pubblico e diffusione carente.
Non si può dire però che la fantascienza abbia patito troppo questa crisi, almeno non più di quanto abbia patito in generale il mercato editoriale in un’epoca in cui il libro non è più il principale mezzo di intrattenimento. Al contrario, grazie anche alla distribuzione digitale che permette da un lato di accedere più facilmente ai testi in lingua originale, dall’altro di ridurre i costi di produzione di un libro, molti nuovi operatori si sono affacciati sul settore proponendo titoli e autori nuovi, e soprattutto recenti. La stessa Urania ha mostrato un’inedita apertura a quegli autori italiani dimenticati per tanto tempo, con un intero volume dedicato a racconti di scrittori di casa nostra viventi.
Chiaramente i numeri sono quelli che sono, perché la fantascienza in Italia è una nicchia nidificata in una nicchia. Ma ciò non toglie che, grazie all’impegno di persone che agiscono più per dedizione che per redditività, anche da noi si possano trovare molti libri di fantascienza tutt’altro che vecchi. Quindi non c’è bisogno di comprare di nuovo il solito libro di Asimov: basta spostare lo sguardo un attimo, e vi si aprirà tutto un altro mondo. Anzi, infiniti.