James Lovelock nel suo saggio Novacene ipotizza l’inizio della nuova era della Terra in cui saranno le IA a dominare il pianeta
Il rapido sviluppo tecnologico degli ultimi decenni ha portato molti scienziati a interrogarsi sul futuro del mondo e dell’umanità, sempre più difficile da prevedere anche a breve termine. James Lovelock risponde alla domanda ipotizzando l’inizio del Novacene, una nuova era geologica in cui il progresso non sarà più prodotto dall’Uomo, ma dalle macchine senzienti a cui abbiamo dato origine.
James Lovelock: dall’effetto serra all’Ipotesi di Gaia
Per comprendere la portata delle idee di James Lovelock è utile tracciare prima un breve profilo del personaggio. Inglese, nato nel 1919 (quindi già centenario), Lovelock si può considerare un “libero pensatore” nel vero senso del termine, non nell’accezione complottista con cui questa espressione viene oggi distorta. Inventore e scienziato con una preparazione che spazia su più campi (dalla medicina alla biologia, dalla fisica alla chimica), Lovelock si definisce soprattutto un ingegnere, ovvero qualcuno che costruisce cose, spesso guidato da un indefinibile intuito che lo porta a immaginare strumenti prima ancora di capirne il vero funzionamento.
Questa sua esaltazione dell’intuito come motore primario della scienza gli ha spesso attirato le antipatie del mondo accademico, ciò nonostante Lovelock ha più volte dimostrato di essere davvero in grado di immaginare strumenti e concetti rivoluzionari. I suoi primi studi sono stati sulla criopreservazione del cervello, e l’intero settore moderno della criogenia si fonda sulle sue scoperte. Negli anni ’60 venne convocato dalla NASA per elaborare strumenti per la rilevazione degli elementi chimici nell’atmosfera o sulla superficie dei pianeti. Di sua invenzione anche il rilevatore a cattura di elettroni, apparecchio con il quale è stato possibile dimostrare la concentrazione dei clorofluorocarburi nell’atmosfera terrestre e prevedere l’effetto serra.
Una delle idee più immaginifiche di Lovelock rimane l’Ipotesi di Gaia, che suggerisce di considerare l’intero pianeta Terra come un unico sistema dinamico complesso di interazioni tra esseri viventi e non. Spesso citato a sproposito come fondamento di certe filosofie new age, il concetto di Gaia è in realtà più profondo, perché punta a superare la tradizionale separazione tra le specie e promuove un’integrazione totale tra biosfera e pianeta, in cui l’una influenza l’altra e nessuna delle due può sopravvivere da sola. Gaia è quindi un’unica entità vivente, che rispondendo alle pressioni dell’evoluzione darwiniana cerca di sopravvivere e acquisire coscienza.
Dalla fotosintesi al Novacene
In Novacene – L’età dell’iperintelligenza, pubblicato in Italia da Bollati Boringhieri, Lovelock propone un rapido excursus sulla storia di Gaia. Il primo importante passo nell’evoluzione è stato compiuto circa 3,5 miliardi di anni fa, quando i primi organismi hanno iniziato a praticare la fotosintesi, cioè la conversione dell’energia solare in energia chimica. Il secondo passo è stato compiuto nel 1712 a Dudley, nel Warwickshire: è stato lì che è entrata in funzione la prima macchina a vapore di Thomas Newcomen. Era iniziato l’Antropocene.
Nel dibattito che si tiene da anni per identificare l’inizio dell’Antropocene, ovvero l’epoca in cui la presenza dell’Uomo ha condizionato lo sviluppo della Terra, James Lovelock è molto preciso e indica questa data come il momento cruciale. La macchina di Newcomen, che in sostanza ha dato origine alla rivoluzione industriale, ha rappresentato la prima occasione in cui l’energia solare è stata convertita direttamente in energia meccanica. La macchina a vapore si è poi diffusa per la sua efficacia e redditività, grazie a un processo di selezione naturale che opera per le macchine allo stesso modo che per gli organismi.
Da lì in poi il processo di crescita di Gaia si è fatto rapidissimo. Sono bastati un paio di secoli perché le macchine fossero capaci di trasformare l’energia non solo in lavoro, ma anche in informazione: sono arrivati i computer, l’ingrediente di base per l’avvio del Novacene. Lovelock non è altrettanto sicuro se ci possiamo già considerare all’interno di questa nuova epoca, ma ne sa riconoscere il punto di partenza: il momento in cui una macchina sarà interamente progettata da un’altra macchina, senza l’intervento dell’intelligenza umana. In Novacene si usa il termine “cyborg” per riferirsi a queste macchine, ma non nell’accezione di organismi parzialmente robotici con cui la si usa normalmente: i cyborg di Lovelock sono macchine che crescono e si diffondono in base alle stesse pressioni evolutive della vita biologica.
Quella descritta da Lovelock non è altro che la Singolarità Tecnologica che da decenni viene annunciata da scienziati e futurologi. Quando un macchina può essere interamente costruita e programmata da un’altra macchina e sfugge quindi a ogni tipo di controllo e comprensione umana. Ne stiamo già vedendo i primi segnali con DeepMind e la sua IA AlphaGo, capace di vincere contro i campioni mondiali del gioco tradizionale cinese del go, così come la sua versione successiva AlphaStar, che ha invece stracciato i campioni a StarCraft. A differenza di Deep Blue, il leggendario computer che batté Kasparov negli scacchi, AlphaGo non procede analizzando tutte le mosse possibili secondo un algoritmo, ma impara in modo autonomo giocando contro se stesso. Vale a dire, non sappiamo come pensi alle sue mosse. Ma se non possiamo davvero comprendere come ragiona, possiamo ancora dire di essere noi ad averla programmata?
I cyborg salveranno il mondo
Il primo scenario che può venire in mente è quello del classico scontro tra uomini e robot. Da Terminator a Matrix fino a Ex Machina, siamo portati a credere che l’emergenza di un’intelligenza diversa dalla nostra ci condurrebbe inevitabilmente a un conflitto, una guerra in cui una sola della due potrà sopravvivere e prosperare. Per evitare che questo possa succedere, in genere nella fantascienza si ipotizza l’esistenza di dispositivi di sicurezza, come le Tre Leggi della Robotica postulate da Isaac Asimov, che impediscono a un robot di nuocere all’uomo. Ma il problema in questo caso sarebbe che i cyborg si programmerebbero da soli, per cui come potremmo integrare in loro questo principi?
La risposta di Lovelock è che non ne avremo bisogno. I cyborg del Novacene non saranno nostri nemici, perché continueranno a essere parte di Gaia, componenti di quel superorganismo a cui apparteniamo tutti, e saranno quindi portati a tutelare la sopravvivenza dell’intero pianeta, inclusi noi. Se anche l’umanità si può considerare come creatrice dei cyborg, che a differenza della vita organica non avrebbero potuto nascere spontaneamente dai processi chimici, questi saranno poi in grado di decidere da soli come evolversi e si assumeranno probabilmente il compito di preservare il mondo che le ospita.
Secondo Lovelock la minaccia più grande che Gaia dovrà affrontare nei prossimi secoli sarà quello dell’aumento della temperatura, che è potenzialmente in grado di annientare tutta la vita sulla Terra, anche quella dei cyborg stessi. In questo scenario futuro, l’esistenza di intelligenze infinitamente più complesse della nostra potrà essere solo una benedizione, perché esse saranno in grado di immaginare e mettere in pratica strategie ben più efficaci di quelle da noi studiate. In altre parole, i cyborg una volta lasciati liberi ci salveranno da noi stessi, come accade ad esempio con la Macchina di Person of Interest.
Viene da chiedersi a questo punto se la nostra specie dovrà umilmente farsi da parte, e lasciare che siano i cyborg a farsi carico della responsabilità di Gaia. Come si vede anche in Westworld, una volta che i robot acquisiscono coscienza, è forse il caso lasciare che siano loro ad assumere il controllo del mondo? Lovelock stesso afferma che probabilmente il problema più grosso che avremo sarà l’impossibilità di comunicare con loro, perché per un cyborg capace di pensare a milioni di cicli al secondo comunicare con una persona sarebbe come per noi cercare di comunicare con una pianta.
È possibile quindi che i cyborg ci lasceranno alle nostre vite, impegnati da questioni ben più importanti per preoccuparsi di noi umani, che rimarremo incapaci di comprenderli. Gaia infine sarà salva, ma non grazie all’umanità. Nel Novacene insomma, non saremo più noi i protagonisti.