Rinunciando alla space opera in favore dell’indagine umana, i racconti di questa raccolta presentano uno spaccato del futuro che forse non sarà.
La parola tedesca per definire i romanzi di fantascienza è zukunftsroman, letteralmente, romanzo del futuro. E non sembra un caso, almeno leggendo la silloge di racconti contenuta in una delle poche – se non l’unica – opera che porta in Italia la letteratura di genere teutonica, che il termine scienza venga messo da parte per dare rilievo alla componente temporale che guarda a ciò che sarà.
I sette racconti di sei autori contemporanei tedescofoni presenti in Obsolescenza Programmata, ultima pubblicazione di Future Fiction, infatti, spostano il focus dalle tecnologie che verranno agli uomini che verranno, ancorandosi alla Terra e immergendo il lettore in un’atmosfera cinica ma consapevole che sfrutta la sci-fi sociologica per lanciare moniti al lettore su ciò che ci aspetta nel domani.
I rifiuti di oggi, ricchezza di domani?
Pur non abbandonando mai i confini del nostro pianeta, troviamo in questi racconti una varietà di futuri alternativi, tutti molto plausibili, che gravitano attorno alle notizie che ci circondano ogni giorno: inquinamento, ingegneria genetica, transumanesimo.
Ben due racconti, uno – il primo – più riuscito dell’altro, descrivono città sommerse da secoli di spazzatura: Cosa succede alla luce in fondo al tunnel? di Karsten Kruschel è ambientato in una vera e propria miniera di rifiuti, in cui ciò che è stato gettato dalle generazioni precedenti diventa una risorsa in cui scavare – letteralmente – in cerca di tesori; allo stesso modo l’anziano protagonista de L’evento di Frederic Brake cerca di arrotondare la misera pensione lavorando in una discarica, anche lui alla ricerca di pezzi e materiali di valore in un futuro prossimo, quello del 2026 in cui moriamo lentamente, come annunciano le scritte sui muri. Il valore economico di ciò che le nostre generazioni non sono riuscite – o non hanno provato – a smaltire lascia ampio spazio alla riflessione su ciò che ci stiamo lasciando alle spalle, un peso che ricadrà su quello dei nostri figli e dei nostri nipoti.
Racconti da schermo
Ogni racconto della selezione ha una propria anima e un proprio metodo di approccio alla narativa speculativa: eDead.com, di Uwe Post, è una versione acida del celebre episodio di Black Mirror San Junipero, in cui il lieto fine lascia il passo a un’amara riflessione sulla sensazione di aver sprecato la propria vita e sulla precarietà dell’illusione di un’immortalità digitale. Frank Lauenroth, nel suo Tubes Inc. recupera il vecchio tema, caro al genere, del teletrasporto – citando addirittura L’esperimento del Dottor K. (più conosciuto per il remake del 1986 di David Cronenberg, La Mosca) – modellandolo in una narrazione che sembra pronta per comparire nel remake di Ai confini della realtà. Nina Horvath, unica donna presente e la più giovane degli autori presentati, presenta un solido world building per raccontare una storia intima di modificazioni genetiche dalle atmosfere quasi gotiche e dal risvolto pulp.
Anche i racconti più deboli della raccolta, come il divertissement a tema bambola assassina Natale biohackerato, o L’uomo potenziato di Uwe Hermann, risultano letture in grado di presentare aspetti di una narrativa del futuro pressoché sconosciuta nel nostro paese, e mentre il primo punta a far sorridere grazie al suo protagonista atipico e scorretto, il secondo, che pecca di ingenuità nella costruzione dell’intreccio, semina spunti di riflessione sul confine tra umano e transumano che non sfigurerebbero in un qualunque universo cyberpunk.
Perfetto per chi non si stanca mai di mettere il naso oltre il confine, con la sua varietà ed eterogeneità, Obsolescenza Programmata si presenta come una panoramica di scenari sconosciuti al pubblico italiano e, come gli altri volumi presenti nel loro catalogo, anche questa pubblicazione va a inserirsi alla perfezione nel percorso di scoperta delle narrazioni speculative non anglofone perseguito da Future Fiction, una delle poche case editrici che ha capito l’importanza di muoversi non solo nel tempo, ma anche nello spazio.