Bandai Namco e Ganbarion realizzano One Piece World Seeker, il più ambizioso videogioco ispirato alla serie animata di One Piece: cosa può essere andato storto?
Dopo averci divertito negli anni passati con prodotti dedicati alla serie animate giapponesi, Ganbarion torna ancora una volta a parlarci dei pirati della ciurma di Monkey D. Luffy in questo nuovo titolo prodotto da Bandai Namco in occasione del ventennale dell’adattamento animato di One Piece. One Piece World Seeker segue la linea tracciata da One Piece: Unlimited World Red, proponendo un intreccio narrativo inedito condito di camei di svariati personaggi della saga animata e innestando il tutto in una formula esplorativa open world che rompe gli schemi dei titoli passati per abbracciare livelli di produzione mai visti in precedenza in un videogioco tratto dall’opera di Eichiro Oda, tanto che egli stesso lo annunciò in pompa magna sulle pagine della rivista contenitrice Shonen Jump su cui il manga è serializzato dal finire degli anni ‘90.
La “killing feature” di questa produzione doveva essere infatti la possibilità di potersi lanciare nella scoperta di un mondo piratesco ispirato a quanto visto nella serie originale, lasciandosi trasportare dal brivido dell’esplorazione di un’isola gigantesca e di un gameplay fluido, scevro da qualsiasi convenzione ludica o frammentato da schermate di caricamento. Purtroppo il gioco diretto dal debuttante Makoto Baba mostra fin da subito i limiti di un action adventure dalle meccaniche farraginose e imprecise, in cui il piacere dell’esplorazione di un mondo così vasto e ben caratterizzato è sovrastata da un’ossatura ludica poco più che sufficiente.
Qualcosa di nuovo e qualcosa di vecchio
Nei (soli) panni del pirata dal cappello di paglia più famoso del mondo dei fumetti giapponesi, il giocatore calca i suoi primi gommosi passi sull’isola carceraria, un’ambientazione fitta di piacevoli paesaggi bucolici e vaste praterie da sorvolare di balzo in balzo grazie alle prodigiose capacità del protagonista; qui Luffy e soci danno vita a delle vicende che ricalcano le atmosfere e i canovacci di eventi già narrati nelle loro precedenti avventure, permettendo al giocatore di calarsi in un impianto narrativo che seppur semplice e, forse, anche un po’ banalotto, rispetta in modo religioso la cifra drammatica dell’adattamento televisivo firmato da Toei Animation.
La messinscena, tuttavia, è minata dalla presenza di brevi cinematiche animate, lasciando che la parte dialogica della vicenda sia affidata a brevi scambi statici fra i modelli tridimensionali dei protagonisti che abbozzano ogni battuta senza l’aiuto di un doppiaggio che ne chiarifichi il tono. Se non altro l’ambientazione prende vita dimostrando di essere non solo il teatro di una disputa fra fratelli e della decadenza di una società sull’orlo dell’anarchia, ma anche una passerella su cui possono sfilare miriadi di volti noti della saga, qui riuniti per giocare un proprio ruolo senza mai rubare la luce dei riflettori ai veri protagonisti: i sentimenti e le relazioni che legano i volti principali delle vicende. In questo, sicuramente One Piece World Seeker dà il meglio di sé, specie quando la narrazione ormai avviata può permettersi di indugiare con maggiore efficacia sulle figure inedite che tirano le fila della narrazione principale.
Altri tie-in videoludici di serie animate di successo avevano percorso i passi dell’opera Ganbarion, proponendo linee narrative esclusive e formule esplorative aperte, come Naruto Shippuden: Dragon Blade Chronicles per Nintendo Wii di Takara Tomy, ad esempio. Tuttavia, benché sia apprezzabile lo sforzo in tal senso – specie in un’epoca in cui i videogiochi tratti da anime e manga sono permeati da storyline dedite al mero fanservice e al proporre in modo schematico ripetitive battaglie contro “cloni” o versioni “plagiate” degli eroi protagonisti – è francamente deludente che in questo prodotto non sia inclusa la possibilità di esplorare ambientazioni conosciute e apprezzate negli archi narrativi canonici della saga fumettistica, specie considerando il lago numero di universi introdotti nei suoi 90 tankobon. Nulla a che vedere, insomma, con l’incredibile The Simpsons: Virtual Springfield, titolo PC dove l’universo della saga animata firmata da Matt Groening era completamente esplorabile attraverso schermate punta e clicca animate ed interattive.
Tanto fumo e poco arrosto
In ogni caso il senso di avventura che scaturisce da un’isola così finemente realizzata e sufficientemente vasta viene brutalmente sminuito da un gameplay semplicistico e poco coerente: da una parte il titolo Ganbarion propone elementi RPG come skill tree da sbloccare a suon di punti esperienza, equipaggiamenti con punti stastici, missioni secondarie e possibilità di crafting, dall’altra invece offre un modello esplorativo estremamente action, senza caricamenti di sorta e praticamente ritagliato attorno alle abilità di movimento del protagonista, capace di fiondarsi da un punto all’altro dell’enorme mappa grazie alle sue capacità innate; il team di sviluppo si è tuttavia dimenticato di costruire un sistema di combattimento sufficientemente appagante, nonostante l’esperienza sia costellata di scontri che, nell’attuale stato delle cose, sono facilmente risolvibili sfruttando il moveset base accessibile fin dalle prime ore di gioco mediante un unico tasto o la combinazione di questo con la pressione di un dorsale.
Il titolo riserva al giocatore la possibilità di sbloccare altre mosse per velocizzare le sommarie schermaglie che rallentano il suo incedere fra una missione di raccolta e ricerca e l’altra, ma si tratta di una caratteristica praticamente accessoria e poco incisiva se poi il tutto viene portato in scena con un tale pressapochismo da lasciare quasi del tutto interdetti. La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad una versione impoverita di un Dynasty Warriors qualsiasi, con nemici dall’IA traballante che si comportano tutti nello stesso modo, fiondandosi come api al miele contro il giocatore per poi cadere sotto i suoi pugni vigorosi; il tutto senza che gli scontri con i boss aggiungano un qualche tipo di lettura strategica all’intera esperienza, lasciando che anche gli scontri all’apparenza più temibli si risolvano abusando delle super-mosse a disposizione del nostro beniamino. Uno scenario francamente ingiustificabile, considerando anche l’esperienza decisamente più coesa del titolo precedente dedicato a One Piece sviluppato sempre dal team Ganbarion.
Se a questo si aggiunge che il mondo è tanto bello quanto statico e senza vita, che le già citate missioni secondarie sono fra le più ripetitive e scialbe viste in questa generazione videoludica e che elementi come il già citato crafting sono praticamente del tutto sorvolabili, vien da sé che quello che rimane di buono a questo One Piece World Seeker non vada poi molto oltre alle impressioni che si possono avere sin dalla prima ora di gioco, quando si ha ancora l’idea di star giocando ad un videogioco forte di valori di produzione di un certo livello e di una presentazione estetica finalmente al passo coi tempi.
Da lì, si è velocemente precipitati in un vortice di incredulità, complice anche l’estremo immobilismo dell’ambientazione generale e in special modo degli scenari iniziali, tanto dettagliati nelle architetture quanto statici e praticamente desertici; non parliamo poi dei nemici, presenti in poche varietà e tutti portati in vita da modelli poligonali praticamente identici dall’inizio fino alla fine del gioco. Una volta sbloccata la possibilità di viaggiare velocemente da un punto all’altro della mappa e che finalmente si fanno proprie le capacità che aumentano la mobilità del protagonista, il tutto si risolve in un semplice rincorrere icone lampeggianti su una mappa che, di ora in ora, non sembra nemmeno più così immensa; le ripide discese rocciose e le verdi colline dell’isola carceraria sono costellate di punti d’interesse che invitano costantemente all’esplorazione e che ricompensano il giocatore con oggetti utili ai fini del completamento di missioni secondarie o all’attività di crafting, ma in ogni caso, al di là della gioia terapeutica del raccogliere tutto ciò che è indicato sulla mappa da iconcine colorate, la creazione di accessori e completi (prettamente estetici) risulta essere poco rilevante se si gioca al livello di difficoltà di default.
Poco da dire, invece, sul fronte prettamente tecnico, dove il titolo Bandai Namco riesce tranquillamente a far parlare positivamente di sé grazie ad una modellazione tridimensionale degli ambienti degna di nota e un indovinato cel shading che ripropone in modo fedelissimo il tratto deformato del character design originale della serie animata. La versione PC da noi testata riusciva a reggere i 1080p e 60fps anche su una configurazione PC modesta, mentre per i 4K nativi a dettagli massimi è caldamente consigliata una configurazione medio-alta, specie se non si vuole sottostare a nessun compromesso sul fronte della qualità ombre o di effettistica accessoria. Un po’ deludente il commento sonoro, caratterizzato da un ridotto numero di tracce musicali e dall’assenza di un doppiaggio integrale, francamente sorprendente considerando la cura con cui aspetti come questo vengono normalmente affrontati in prodotti di questo tipo. Sorprendente come l’inspiegabile mancanza di abitanti sull’isola carceraria, insomma.
One Piece World Seeker, insomma, realizza il sogno di titoli come lo sfortunato Naruto: Rise of a Ninja di Ubisoft, ovvero dare alla possibilità ad un giocatore di immergersi in un mondo totalmente esplorabile ispirato dalle pagine di un fumetto, ma la sua ambizione non può che naufragare a causa di difetti ludici piuttosto evidenti e di una realizzazione che sembra quasi soffrire i segni di una pubblicazione forse un po’ prematura. Non rimane, quindi, che consigliarne l’acquisto ai soli fan accaniti della serie, sottolineando che seppur ben confezionato, il titolo ad opera di Ganbarion rimane un’opera il cui potenziale non riesce mai a convincere fino in fondo e che sarebbe bastato davvero poco per limare gli angoli di un videogioco che aveva tutte le carte in regola per confrontarsi con i prodotti di ben altri sviluppatori impegnati sul fronte di tie-in videoludici di serie animate (qualcuno ha detto Cyberconnect2?).