Orange is the new Massima Sicurezza
È difficile dimenticare gli eventi della scorsa stagione di Orange is the New Black.
Ricordiamo perfettamente infatti come si era svolta la rivolta nel carcere di Litchfield e potevamo immaginare quali conseguenze avrebbe causato.
Ed eccoci qui. Dopo aver lasciato le nostre detenute preferite in mezzo a una nube di fumogeni a forma di punto interrogativo, sin dalla prima puntata di questa sesta stagione le ritroviamo all’interno della massima sicurezza, luogo leggendario, fino ad ora. Non ce lo avevano mai mostrato perché non aveva niente da raccontare: ricordiamo che alcune protagoniste erano finite lì, chi in isolamento per qualche giorno, chi invece, come Nicky, ci aveva passato parecchio tempo. Adesso anche a noi spettatori è dato sapere quali siano le condizioni di vita di quel reparto misterioso e ciò che ci ci troviamo davanti non è per niente piacevole.
Le protagoniste sono tutte nel reparto di semi-isolamento dal quale, piano piano, usciranno per andare nell’aula comune, ma rimanendo sempre nella massima sicurezza di Litchfield.
Ciò che giunge subito all’occhio sono le conseguenze degli avvenimenti susseguitisi nella scorsa stagione, e quello che si può percepire sin dal principio è un clima in costante crescendo che tende ad animarsi sempre di più.
La serie rimane sui propri standard, con ogni puntata dedicata, più o meno, ad un personaggio di cui si racconta il passato tramite dei flashback che permettono di comprenderne la caratterizzazione psicologica.
Il plot di questa sesta stagione di Orange is the New Black tende a dividersi in tre filoni principali, di cui uno fine a se stesso, che si apre e si chiude in queste puntate, mentre gli altri due continueranno anche nelle prossime stagioni.
Pare ovvio che i creatori abbiano avuto bisogno di alcuni escamotage per rendere questi nuovi episodi più frizzanti e andare di conseguenza a svelare segreti che erano stati taciuti nei capitoli precedenti. In particolare si scoprono parecchie dinamiche della vita di Frieda che fino a ora era stata un personaggio secondario, ma che adesso assume un ruolo di estrema rilevanza, pur rimanendo sostanzialmente marginale.
Allo stesso tempo una dinamica interessante è data dal fatto che all’interno della massima sicurezza le detenute non siano più divise a seconda dell’etnia, ma a seconda della pericolosità e la prigione è quindi strutturata in “bracci”. Il braccio D e il braccio C sono quelli più pericolosi, e chi ne fa parte è vestita rispettivamente color cachi e blu.
Il tema affrontato a questo punto è l’aggregazione, che non dipende più dal colore della pelle, ma dal braccio di appartenenza.
Il clima estremamente teso accompagna lo spettatore per tutte e tredici le puntate, soprattutto per l’imminente conflitto che ci sarà tra i due “bracci” rivali per motivi che sì, coinvolgono le nostre detenute preferite, ma allo stesso tempo se ne distaccano.
Possiamo notare tra le altre cose come Piper e Alex non siano più le protagoniste assolute, e viene invece data sempre più rilevanza a personaggi secondari che oramai sono parte integrante della serie: uno spazio molto ampio viene infatti concesso a Taystee, perché protagonista di una delle tre sottotrame in cui si divide il plot.
Durante l’intera stagione non viene risparmiato nessuno; si torna infatti a quel clima crudo che era stato peculiare della prima e della seconda stagione, mantenendo comunque un’elevata qualità del plot e quella eccezionale coerenza che abbiamo potuto ammirare durante la quarta e la quinta stagione.
Le tematiche e il realismo di una serie che rimane paradossale
Sappiamo che Orange is the New Black rimane una serie paradossale sotto molto punti di vista, ma questo non toglie che emerga una buona dose di realismo, che non si riscontra soltanto nella crudezza di determinate scene.
Ciò che ci viene mostrato infatti, sono anche le conseguenze mentali e fisiche di altri personaggi, come le guardie che nella scorsa stagione erano state vittime di abusi e notiamo come ognuno di loro, a seconda della caratterizzazione, reagisca in maniera diversa. C’è chi in un certo senso si avvicina alle detenute perché ha compreso quali siano le pene che abbiano sopportato, e chi dall’altro lato esce completamente fuori di testa.
Un altro a cui viene dato molto spazio è Joe Caputo, ex direttore del carcere di Litchfield che torna alla carica cercando in se stesso il coraggio di andare avanti e mostrandosi ancora una volta come un personaggio estremamente complesso e dall’etica innegabile.
Caputo è infatti una sorta di inetto, un buono, quasi puro, ma che allo stesso tempo non riesce a sobbarcarsi di tutte le responsabilità che il suo ruolo richiede, nonostante i suoi disperati tentativi.
Se da un lato troviamo personaggi che occupano tantissimo spazio, dall’altro perdiamo completamente di vista altre detenute come Boo, Maritza, Janae Watson, Angie e Leanne e anche Gina e Norma, che sono state trasferite in un altro carcere e non si vedono quasi per niente. Non sappiamo quindi se queste donne compariranno nuovamente o se l’attenzione della serie sia stata completamente spostata.
Sembra ovvio però che i creatori abbiano voluto mantenere tutti quei personaggi che hanno ancora una storia da raccontare.
Fate Binge Watching con cautela
Ciò che è innegabile è che questa sesta stagione di Orange is the New Black sia stata pienamente all’altezza delle due precedenti e abbia in effetti permesso alla serie di raggiungere il suo culmine.
Sicuramente sono state mosse delle pedine importanti che possono gettare le fondamenta per la continuazione del plot, permettendo di creare nuove sottotrame.
Il problema a questo punto è che se avete già finito di guardare tutta la stagione, o la finirete a breve, sarete costretti ad aspettare di nuovo un intero anno per sapere che cosa succederà alle detenute del carcere di massima sicurezza di Litchfield.
Quello che vi consigliamo è di godervi appieno questa sesta stagione e di cercare di guardarla con calma, anche se siamo consapevoli che è praticamente impossibile vista l’impostazione di ogni singola puntata che tende a creare dipendenza.
Sotto il punto di vista tecnico e attoriale non ci possiamo lamentare: come sempre le attrici danno il meglio di sé e risultano più che credibili nei panni dei loro personaggi. Una menzione d’onore va sicuramente a Uzo Aduba (Suzanne “Occhi Pazzi” Warren) che, come nelle scorse stagioni, offre delle perfomance di altissima qualità, ma questa volta vogliamo menzionare anche Danielle Brooks (Tasha “Taystee” Jefferson) che, tramite lo spazio dato al suo personaggio, ha confermato la sua bravura.
Verdetto
La sesta stagione di Orange is the New Black (disponibile su Netflix) segue il filo della quarta e della quinta andando a “risolvere” la questione della rivolta e portando con sé tutte le conseguenze del caso. Non mancheranno scene brutali ed estremamente crude.
Questa stagione è probabilmente una delle meno divertenti a causa della perdita di alcuni personaggi secondari, che servivano per allentare un po’ la tensione. Si arriva quindi al culmine in un clima estremamente teso che non viene mai tradito dal plot, diviso in tre sottotrame, due delle quali rimangono aperte per gettare le basi della prossima stagione.
Orange is the New Black si conferma anche questa volta una serie che merita assolutamente la visione: non è perfetta e lo sappiamo, e negli anni ha perso la sua originalità, ma è chiaro lo sforzo dei creatori nel cercare di portare Orange ad uno step successivo, provando a sviscerare nuove tematiche e approfondire tutti quei personaggi che meritano una particolare attenzione, perché hanno ancora molto da raccontare.
Stay Nerd consiglia…
Se amate le serie al femminile, allora vi consigliamo di dare un’occasione a Glow (Grandiose Lottatrici del Wresting), mentre se è la particolare realtà della detenzione a destare in voi interesse, allora vi suggeriamo la serie TV australiana Wentworth Prison, o la più classica Prison Break.
Passando dalla TV alla console invece, se siete dei videogiocatori, vi consigliamo di provare A Way Out, gioco co-op di cui potete anche leggere la nostra recensione.