Con un briciolo di retorica e tanto, tanto affetto, Jeff Kaplan ha presentato il nuovo progetto: Overwatch 2, un PVE molto promettente e rispettoso della community del primo capitolo.
Nell’annunciare l’arrivo di Overwatch 2, e prima di affrontarne i contenuti più interessanti, Jeff Kaplan, direttore creativo dell’hero shooter di Blizzard, non ha risparmiato frecciatine alla community e al mondo di internet, che aveva già anticipato quasi tutti i contenuti sul gioco ben prima dell’inizio del BlizzCon. Infatti, facendo finta di essersi dimenticato il discorso con cui presentare l’annuncio, Kaplan ha poi detto “per fortuna c’è Internet, all’interno del quale posso già trovare tutto quel che vorrò e dovrò dire sul gioco!“.
Toltisi questi sassolini (macigni, più che altro) dalla scarpa, il direttore creativo di Overwatch ha dato il via a questa sorta di “fase 2” del progetto, in primis tramite due video particolarmente lunghi e corposi, uno dedicato alla trama e l’altro alle novità che verranno implementate nel gioco dal punto di vista del PVE.
Dopo aver ascoltato una sintesi veloce sulla situazione del team di Overwatch all’inizio del primo capitolo, il cortometraggio “L’ora zero” ci racconta infatti la rinascita della squadra, con membri e personaggi diversi, e dell’inizio della loro resistenza contro una nuova minaccia, che sarà tutta da scoprire all’interno del nuovo episodio di quella che inizia a delinearsi come una serie a tutti gli effetti.
Fino a quel punto della presentazione, si poteva pensare tutto e il contrario di tutto, dato che senza un gameplay e senza delle informazioni concrete, chiunque avrebbe potuto supporre davvero qualsiasi cosa. Per fortuna, in tipico stile Blizzard, sebbene la data d’uscita sia ancora molto distante (non sorprenderebbe una pubblicazione a maggio 2020), una delle missioni delle trama principali era già giocabile al BlizzCon, e tramite il pass casalingo ho potuto seguire svariati twitcher ed interviste esclusive dal vivo, studiando la missione mostrata. Rio De Janiero, la location prescelta dal team, sembra molto più complessa delle mappe PVP, pensata per offrire varie tipologie di confronto con delle IA che non brillano per intelligenza, ma che sanno aggredire il giocatore con il focus giusto (anche più, tristemente, dei rank platino e oro…): infatti, saranno i medici e i supporti a essere costantemente bersagliati dai proiettili nemici, e quindi sarà fondamentale bilanciare la presenza degli stessi all’interno dei team.
Le promesse fatte sono tante, e i dubbi rimangono numerosi: se da un lato Blizzard afferma di star lavorando a dei contenuti che richiedono decine e decine di ore per essere completati, il fatto che si sia parlato di “ripetizioni” delle missioni fa sorgere molte domande. Infatti, dato che non esistono loot o ricompense “reali” nel gioco, poiché ogni personaggio ha già armi e armature fisse e non modificabili, quale sarà il motivo che ci porterà a rigiocare le missioni una volta completate per la prima volta? Chissà. Nel mentre, rimango personalmente fiducioso nei confronti del progetto, dato che proprio per l’assenza di loot casuali che rendono il tutto fortemente sbilanciato il team potrà concentrarsi sulla qualità effettiva del design, del bilanciamento del PVE e di tutto quello che rende un gioco cooperativo un bel gioco cooperativo.
In ogni caso, sono state mostrate tantissime aggiunte al titolo, a partire da un motore completamente rifatto (si badi bene, non nuovo, ma pesantemente rivisto) per arrivare alla prima nuova modalità PVP che entrerà nel circuito competitivo, così come la conferma dell’arrivo di almeno due personaggi nuovi (sia in PVP che in PVE) prima del lancio di Overwatch 2, e tantissime abilità nuove e divertentissime per ogni singolo personaggio già a disposizione: Torbjorn potrà piazzare tre torrette o una sola ma dotata di lanciafiamme, così come Mei potrà trasformarsi in una pappa di ghiaccio e rotolare sui nemici come il migliore degli Hammond, e via dicendo.
Al di là di tutto, nonostante tutte queste aggiunte, i quindici milioni di utenti unici mensili del gioco volevano delle risposte a due domande chiare e assolute, in base alle quali Blizzard avrebbe potuto sancire la repentina morte o garantirsi il successo del progetto: che fine farà Overwatch 1? E che fine farà ciò che abbiamo guadagnato all’interno del gioco? Per quanto riguarda il primo titolo, Blizzard sta dimostrando estremo rispetto nei confronti di chi ha dedicato centinaia (o migliaia, come il sottoscritto) di ore al gioco: tutto quello che si è ottenuto (skin, collezionabili, livelli, ecc.) verrà riconosciuto su Overwatch 2, così come tutto ciò che arriverà sul secondo capitolo in ambito PVP verrà introdotto anche sul primo.
Esce un nuovo eroe? Arriva in contemporanea su entrambi; nuova mappa? Al contempo su tutti i capitoli; una patch di bilanciamento? Nuova veste grafica? Modifica dell’HUD? Ecco che tutto arriva insieme, allo stesso momento. Difficilmente ricordo un tale rispetto per l’investimento di tempo dedicato dai giocatori a un capitolo principale: dato che il cuore pulsante è stato, è e rimarrà (parola di papà Jeff) il panorama competitivo del gioco, chi vorrà goderne la visione iniziale e più importante potrà tranquillamente continuare a giocare gratuitamente sul primo capitolo, senza doversi per qualche motivo dedicare anche alla sua parte PVE. In tipico stile Blizzard, come fatto che Warcraft da cui è nata poi l’esperienza MMO con World of, allo stesso modo Overwatch si sta declinando in un progetto che abbraccia più generi e possibilità, senza dimenticare però la libertà degli utenti di decidere a cosa, come e perché dedicarsi a questo piuttosto che a quell’altro episodio o capitolo.
Da ex morboso, viscerale e costante Guardiano di Destiny, innamorato alla follia delle armi e delle estetiche del gioco, mentre ascoltavo tutto questo pensavo a una sola cosa: Ultima Parola, che mi è stata portata via più e più volte nell’arco degli anni, finendo per perdere quel legame emotivo che avevo così profondamente creato con l’arma. Per fortuna, non sembra questo il destino che attenderà chi ha dato molto al gioco Blizzard.
Per un hero shooter, genere abbastanza “povero” di emuli, creare una componente PVE fortemente legata in ottica narrativa, ludica e di investimenti al capitolo principale è un rischio enorme. Nella speranza di capitalizzare su uno dei brand più amati, seguiti e diffusi della generazione, Blizzard sta ascoltando una parte minoritaria della community ma molto vocale (e, soprattutto, desiderosa di spendere), andandosi a piazzare in un mercato già abbastanza pieno, proponendo un’esperienza che non sembra distanziarsi moltissimo, nelle strutture, da molti dei game as service che abbiamo imparato a conoscere in questa generazione.
Nel mentre, il team porta avanti la più riuscita versione videoludica degli Avengers che si sia mai vista, almeno nelle sue componenti cinematografiche e fumettistiche: la speranza è che riescano a trasferire quelle emozioni, quei valori e quelle idee anche nella nuova controparte PVE tramite il gameplay.