Un sequel o un reboot?

Orfano della regia di Guillermo del Toro, torna il 22 Marzo, in tutte le sale con il suo secondo capitolo: Pacific Rim – La rivolta.

Il nuovo capitolo della saga incentrata sulla lotta tra Jeager e Kaiju, nata dall’idea di Travis Beachman, vuole offrire al pubblico uno spettacolo di puro, e solo, intrattenimento audiovisivo.
Dopo la pellicola del 2013, Pacific Rim cambia veste e si trasforma in una produzione che risulta essere più simile ad un reboot piuttosto che un sequel.
Infatti, e purtroppo, la continuità artistica è totalmente spezzata, distaccata, figlia del cambio di regia affidata all’esordiente, per il grande schermo, Steven S. DeKnight (famoso per aver diretto alcune stagioni di Buffy e Smallville,  e  per essere stato lo showrunner della prima stagione di Daredevil).
DeKnight ci propone, per l’appunto, una pellicola totalmente incentrata sulle scazzottate tra robot (gli Jager), sacrificando in parte, o quasi del tutto, lo sviluppo narrativo della trama e la caratterizzazione dei personaggi.

Ovviamente non ci aspettavamo chissà quale profondità da una pellicola concepita per essere un blockbuster dove il “trash” americano e la cultura giapponese si incontrano, ma il primo capitolo, almeno, si era distinto per essere riuscito a sviluppare una trama un minimo articolata, capace di far risaltare anche alcuni personaggi chiave (su tutti Idris Elba).

La rivolta, invece, è un sequel che azzera il lavoro svolto da del Toro, proponendoci una pellicola ricca di azione ed effetti speciali (i quali vengono valorizzati ulteriormente dalla visione in 3D), ma povera del lato contenutistico che aveva caratterizzato l’opera madre.

La proiezione di 111 minuti parte con un breve riassunto di quanto abbiamo visto 5 anni fa, descrivendo gli attimi finali della prima pellicola, per poi passare immediatamente ad un presente dinamico e frenetico, il quale corre costantemente durante tutto l’arco narrativo.
Combattimenti costanti, capovolgimenti di fronte, macrosequenze di lotta tra Jager e una super velocità, anche eccessiva, di transizione da una  sequenza all’altra, permettono alla pellicola di intrattenere il pubblico costantemente premendo totalmente sull’acceleratore, senza fare mai soste.
Uno sviluppo che strizza l’occhio all’azione e all’intrattenimento, ma che va a discapito degli interpreti della pellicola.
Tra questi spiccano, per quanto sia possibile, i due protagonisti John Boyega (Finn in Star Wars) e Scott Eastwood ( famoso principalmente per essere il figlio dell’eccezionale Clint, e per aver recitato in pellicole come Snowden o Overdrive), i quali divengono i principali tributi sacrificali del film.
Tralasciando uno script non certamente articolato, Boyega è capace di strappare con facilità la sufficienza, mettendo in scena quello per il quale è stato scelto.


Nonostante tutta la sua caratterizzazione venga buttata nel cestino, l’attore londinese, nel ruolo di Jake Pentecost (orfano dell’eroe di guerra) riesce ad interpretare la parte del ribelle dal talento sprecato, ma dal cuore d’oro.
Stessa sorte, artisticamente parlando, ma con risultato opposto, per Eastwood, il quale non sembra trovarsi a proprio agio nei panni del, seppur giovanissimo, veterano Nate Lambert, diventando il “belloccio” di turno senza arte né parte e proponendoci un’interpretazione non di certo memorabile.

Se lo script poco articolato e privo di profondità, paradossalmente, inghiotte gli eroi della pellicola, eccezion fatta per l’antagonista di turno, impedendoci di scoprire nel dettaglio i nostri giovani eroi, la componente degli effetti speciali ci lascia senza fiato.
Durante la nostra visione, che è stata in 3D, i combattimenti tra Jager e Kaiju sono apparsi sempre fluidi e mai confusionali, anche con più di due combattenti in scena.
Una qualità degna di nota per una pellicola dal sapore futuristico e capace, quindi, di sposarsi alla perfezione con una tecnologia tanto affascinante, quanto problematica, come il 3D.
Lo sviluppo delle meccaniche dei robot, le loro features, ed i powerup vari, hanno il sapore di qualcosa di già visto, ma sempre esageratamente affascinante, soprattutto per chi ha vissuto la propria infanzia ed adolescenza leggendo, o guardando, storie incentrate sui mecha giapponesi.

Verdetto

Pacific rim – La rivolta è un action movie di stampo fantascientifico volto ad intrattenere costantemente, durante la proiezione, il pubblico in sala.
Capace di sfruttare ampliamente la tecnologia 3D offre allo spettatore un intrattenimento audio visivo di prima classe, mettendo in scena combattimenti futuristici dinamici, divertenti e mai confusionari.
La componente action, purtroppo, è una delle pochissime note positive della creatura di DeKnight, il quale decide di sacrificare la sceneggiatura proponendoci un semplice blockbuster d’intrattenimento.
La caratterizzazione dei personaggi è totalmente assente e a pagarne le spese sono principalmente i protagonisti Boyega ed Eastwood, con solamente il primo capace di sopravvivere a questa ecatombe artistica.
A questi si aggiunge uno script banale e privo di fascino, incapace di sfruttare il poco, ma buono, lavoro svolto da del Toro nel primo capitolo.

PS: salviamo, ed approviamo in pieno, il piccolo omaggio a Gundam Wing.

Leonardo Diofebo
Classe '95, nato a Roma dove si laurea in scienze della comunicazione. Cresciuto tra le pellicole di Tim Burton e Martin Scorsese, passa la vita recensendo serie TV e film, sia sul web che dietro un microfono. Dopo la magistrale in giornalismo proverà a evocare un Grande Antico per incontrare uno dei suoi idoli: H. P. Lovecraft.