Pacific Rim-La Zona Oscura è il nuovo anime originale Netflix che espande l’universo di Kaiju e Jaeger
Una delle direttrici principali della dirigenza di Netflix negli ultimi anni sembra essere quella della produzione sempre più cospicua di anime originali. Pacific Rim-La Zona Oscura (Pacific Rim: The Black) è solo l’ultimo in ordine di tempo, dopo tanti altri esempi di successo come Beastars o Kengan Ashura, e ci riporta nell’universo esplorato per la prima volta da Guillermo Del Toro nel lontano 2013. La versione anime di Pacific Rim è un must watch per tutti i fan dei robottoni e dei mostri giganti, ma si dimostra godibile anche per i neofiti del genere. Andiamo a conoscere più da vicino tutti i suoi pregi e difetti.
Pacific Rim, l’anime Netflix: personaggi triti ma sempre efficaci
La trama di Pacific Rim: La Zona Oscura (Pacific Rim: The Black) è ambientata in Australia, alcuni anni dopo le vicende del primo film ed è costruita intorno a due fratelli: Taylor e Hailey. I genitori sono piloti di Jaeger, i robot giganti che proteggono gli umani dagli attacchi dei Kaiju, i mostri giganti, e li abbandonano in un posto sicuro quando sono poco più che bambini per andare in missione. Inutile dire che da questa missione non torneranno, in puro stile anime, almeno per i cinque anni che passano. Ormai quasi adulti, i due giovani hanno opinioni diametralmente opposte su cosa fare della propria vita nel futuro, risultando abbastanza vicini a cliché visti e rivisti nelle produzioni post apocalittiche.
Taylor, costretto dalle circostanze e dalla maggiore età a essere il capofamiglia, sostiene che si debba rimanere al sicuro e non andare a cercare inutili rischi nel mondo esterno. È un tipo riflessivo, che cerca di mantenere la lucidità anche nelle situazioni più disperate. Farebbe di tutto per proteggere la sorella, anche abbandonare i compagni più deboli. Il classico esempio del buono costretto dal destino a fare di necessità virtù, risultando quasi cinico.
Hailey, invece, vuole provare a cambiare lo status quo, uscire allo scoperto e andare a cercare i genitori, magari anche trovare un modo per mettere fine una volta per tutte alla piaga dei Kaiju. Impulsiva ed empatica, mette spesso in pericolo il gruppo per salvare anche gli sconosciuti.
Il conflitto tra i due protagonisti è già stato esplorato da tantissime altre opere, ma risulta subito chiaro e aiuta lo spettatore a immergersi nella storia sin dalle prime battute.
Pacific Rim, l’anime Netflix: il Drift è l’elemento più interessante
Il riferimento anime che viene subito in mente quando si parla di mostri e robot giganti è senz’altro Neon Genesis Evangelion. Sebbene condivida con il capolavoro di Hideaki Anno l’incertezza sull’origine dei Kaiju, Pacific Rim: La Zona Oscura su Netflix si differenzia per le modalità di comando degli Jaeger, che necessitano di due piloti in contemporanea a simboleggiare i due emisferi del cervello umano. Per raggiungere la sincronia necessaria, le menti dei piloti devono eseguire una sorta di stretta di mano neurale, il Drift. Questa fase è estremamente importante, soprattutto come dispositivo narrativo, perché consente allo spettatore di conoscere i ricordi dei personaggi e con essi il loro passato.
Il Drift, però, può anche rivelarsi pericoloso: i ricordi di un pilota possono contaminare quelli dell’altro, diventando un tutt’uno e generando confusione. Questo sfocia in alcuni casi in una generale difficoltà nel distinguere cosa sia reale da cosa non lo sia. Shane, l’antagonista principale della prima stagione, utilizza questa particolare funzione per modificare il passato della sua sottoposta Mei, facendone una perfetta pedina per i suoi scopi.
Le potenzialità del Drift sono il principale punto d’interesse dell’anime di Pacific Rim su Netflix e la loro esplorazione non è che all’inizio.
Pacific Rim, l’anime Netflix: azione un po’ ripetitiva
Da un anime Netflix che parla di Kaiju e robot giganti è lecito aspettarsi una buona dose d’azione, adrenalinica e varia al punto giusto. Forse è proprio questo il punto debole di Pacific Rim: La Zona Oscura. Le scene di combattimento sono molte e ben distribuite tra gli intermezzi più introspettivi, ma difettano di varietà. Lo Jaeger che Taylor e Hailey trovano all’inizio dell’avventura è sprovvisto di armi, sia bianche che da fuoco, e ciò lo costringe a fare a pugni e a calci come un qualsiasi essere umano. Anche dal lato Kaiju la situazione non è delle migliori: nonostante venga più volte specificato che ne esistano di innumerevoli tipologie, il robot Atlas Destroyer combatte per tutta la prima stagione contro lo stesso mostro, un quadrupede che carica come un toro, ma senza corna. Un’offerta un po’ scarna, se pensiamo al ruolo che l’azione gioca in generale nel franchise di Pacific Rim.
L’anime di Pacific Rim su Netflix non brilla per originalità, ma rimane un prodotto godibile. Con ogni probabilità, poi, la seconda stagione sarà migliore della prima: per ovvie questioni di spoiler non ne parleremo, ma gli avvenimenti che concludono la settima e ultima puntata lasciano molti, interessanti interrogativi senza risposta. Se siete fan della saga cinematografica Pacific Rim: La Zona Oscura vi piacerà. Se apprezzate le storie non troppo innovative ma comunque ben raccontate, dategli una chance.