Abbiamo intervistato Paolo D’Altan, un illustratore che in Italia ha ottenuto molti prestigiosi riconoscimenti come il Premio Cento per l’illustrazione, Premio Annual Club Illustratori, Premio Torino Città di Cultura e il Premio Andersen – Il mondo dell’infanzia. Paolo è un grosso sostenitore delle moderne tecniche digitali di disegno e riguardo questa tematica abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con lui.
Il tuo approccio al colore ha qualcosa di poetico, la scelta di non limitare i tuoi soggetti con dei contorni netti fa sembrare i tuoi lavori quasi tridimensionali. Il tuo utilizzo della pittura digitale ricorda molto quella tradizionale e ci chiediamo quale dei due strumenti preferisci per realizzare le tue opere.
Io sono nato lavorando con il tradizionale, quindi usavo acrilici, oli e quant’altro sperimentando varie tecniche. Da tantissimo tempo però uso tecniche digitali e ormai preferisco come resa appunto, il digitale. Quello che mi manca del tradizionale è la materia, che si può simulare con il digitale con alcuni strumenti, però alla fine, di fatto è un altra cosa.
Sempre parlando di strumenti, molti addetti ai lavori non nutrono grande simpatia per chi realizza le proprie opere in digitale, tu cosa ne pensi di questa diatriba, pensi che lavorare in digitale dia qualche vantaggio rispetto a chi utilizza solo tecniche analogiche? In soldoni: lavorare in digitale sminuisce il valore intrinseco dell’opera o qualsiasi risultato è raggiungibile anche con le tecniche digitali?
Beh, alcune cose non sono raggiungibili, alcuni risultati che ottieni con metodi tradizionali sono difficili da raggiungere digitalmente e viceversa. Io personalmente vedo il digitale come uno strumento per arrivare ad un determinato tipo di immagine e un determinato tipo di obiettivo. È appunto, semplicemente uno strumento, e oltre la questione della materia non c’è nessuna differenza. Quando ho cominciato ad usare il computer con macchine lentissime, i tempi di realizzazione di un’immagine erano lunghissimi, io le utilizzavo solo per studiare i disegni che avrei fatto con il tradizionale. Poi poco a poco ho capito che era un passaggio inutile e potevo direttamente realizzarle in digitale. Ogni tanto mi diverto ancora a mischiare le tecniche, come fanno anche tanti miei colleghi, quindi partendo da un originale fatto a mano per poi perfezionarlo in digitale o viceversa ed aggiungere un supporto materico. Il computer e i software di disegno in ogni caso, hanno consentito a molti illustratori che non avevano conoscenze sull’utilizzo degli strumenti classici di esprimersi in modi interessanti.
Quale percorso suggeriresti a chi vuole intraprendere la strada dell’illustrazione? Quali studi sono fondamentali e quali talenti innati bisogna necessariamente possedere?
Guarda, l’importante è la passione e la ricerca, per cui approfondire lo studio delle prime cose che si vedono ed essere molto curiosi. Quindi in teoria da autodidatta uno può fare tanto, certo la scuola ti permette di raggiungere e capire le possibilità che ci sono in tempi più concentrati. Però, io dico sempre che tutto è possibile, dipende solo dalla persona.
Pensi che si possa cominciare ad imparare a disegnare direttamente con i mezzi digitali oppure è opportuno apprendere le tecniche tradizioni per forza? In altre parole, gli illustratori del futuro prenderanno ancora la matita in mano?
Dal mio punto di vista sono convinto che una certa conoscenza di alcune tecniche tradizionali sia necessaria perché è un arricchimento in più. Nella realtà dei fatti non ce n’è bisogno, perché effettivamente con i programmi disponibili uno può veramente cominciare da zero. Certo, il fatto di padroneggiare la matita per quanto riguarda lo studio e lo schizzo si, quello è quasi d’obbligo, per esempio nel fumetto è veramente indispensabile. Per l’illustrazione classica non è necessario. Diciamo che è una questione di gestualità, secondo me tenere la mano allenata con matita, un pennarello o altro è sempre sicuramente utile.
Tu hai vinto un sacco di premi come illustratore. Secondo te cos’è che fa la differenza in quello che riesci a comunicare come illustratore?
Le opere che vengono apprezzate di più sono le illustrazioni emozionali. A me piace provare a trasmettere emozioni lavorando anche sul viso delle figure e su altri aspetti dell’immagine che vado a comporre. Forse sotto sotto, ecco, credo sia quello che colpisce più di ogni altra cosa del mio lavoro.
Quando disegni per i bambini ti poni il problema che non possano “capire” completamente il senso di una tua illustrazione? Se si, questo influenza il tuo modo di lavorare o semplicemente fai affidamento sulle loro capacità e pensi possano arrivare a “percepire” le varie sfaccettature delle tue opere?
Beh dipende dall’editore (ride ndr). Personalmente non mi porrei mai il problema. Nulla vieta di fare cose di un certo livello di complessità che possono essere lette a più livelli e a qualsiasi età. Se il problema c’è, se lo pongono gli altri e al massimo me lo fanno notare (ride ndr).