La solitudine del numero primo.
Testi di Marco Rincione, Disegni di Giulio Rincione, edito da Shockdom. La collana si chiama Paperi, il primo numero racconta di paperUgo, una versione distorta di un certo papero sfortunato, che sicuramente conoscerete. è strano, perché dopo aver letto questo primo numero, e esserne stati impressionati, e averne voluto scriverne una prima impressione a tutti i costi… ci mancano le parole.
Questo perché l’opera dei Rincione, seppure soltanto alla sua prima iterazione, è forte, forte da morire, da colpire, disgustare. Lo stacco, anche visivo, tra la prima tavola calda e colorata (disegnata e colorata da Prenzy) e tutte le seguenti è un calcio freddo allo stomaco, o peggio. E la sensazione non fa che consolidarsi.
Ora capite perché tendono a mancarci le parole. Ce ne sono molto poche in grado di descrivere cosa stimola la lettura di paperUgo, e la maggior parte di queste sembrano negative. E in un certo senso lo sono, perché descrivono sensazioni negative. Ma la capacità di veicolare quelle sensazioni su per la vostra gola è una qualità rarissima in un fumetto. E va premiata, discussa, descritta, nonostante le difficoltà.
Lo stile grafico si aggira libero tra le sfumature del grottesco, con resa degli sfondi a volte impressionista, a volte fotografica (nel primo caso trasudanti umore depresso, nel secondo totalmente e volutamente asettici). Non ci viene in mente alcun altro modo per esprimere una storia come questa, forse, a posteriori, perché ce ne siamo innamorati. O forse perché veramente Paperi non poteva che avere quest’aspetto.
Il dialogo interiore di paperUgo è altrettanto disturbante. A volte il protagonista, nel proprio pensiero, si domanda e si risponde da solo, ed è una cosa in cui tutti possiamo riconoscerci, sentendoci ancora più vicini e più toccati dalla vicenda. La sua solitudine, il suo disprezzo verso se stesso, non sono necessariamente elementi che ci accomunano, ma il solo fatto che potrebbero farlo è spaventoso e importantissimo. Quel che prova paperUgo può sembrare troppo, ma quello che non sembra mai è falso. La sua verità, quella sì che ci appartiene senza eccezioni.
La vicenda è un condensato di umanità, nel suo stato più infimo. Paperi ci parla attraverso l’allegoria antropomorfa di un’evoluzione bestiale della società. Il fatto che poi richiami l’iconografia animale e “separatista” (in quest’interpretazione) di paperi e topi, da anni gestita da una delle più grandi e potenti multinazionali del mondo, non fa che acuire la carica satirica e di rottura di questo fumetto breve, ma anche molto più intenso.
Se dobbiamo trovare un difetto, è che la storia è più una descrizione di una situazione shock e non evolve dall’inizio alla fine. Questo è generalmente un difetto, parlando di trame, anche se stavolta lo si può giustificare parzialmente con il fatto che la situazione descritta è tanto alienante che la sua stessa digestione da parte del lettore è un’evoluzione.