Fantasy italiano: un sottogenere ancora da scoprire
Per parlare al meglio di fantasy italiano è bene sgombrare il campo da qualche possibile incomprensione: cosa intendiamo con questo termine? Non tanto il fantastico pubblicato in Italia, opera di autori italiani. Da quasi vent’anni romanzi di questo genere abbondano e anche chi vi scrive ha contribuito a gettare qualche goccia nel mare. La vera domanda è un’altra: quanti di questi fantasy hanno utilizzato la cultura del Belpaese come base?
Negli articoli scritti in passato abbiamo spesso parlato di mitopoiesi, termine coniato da Wilhelm Wundt e reso celebre da J.R.R. Tolkien. Con questa operazione intendiamo la creazione di un mondo fantastico attraverso la rielaborazione dei miti, della storia e del folklore. Il primo a codificare un lavoro di mitopoiesi e a renderlo noto fu Tolkien, anche se nello stesso periodo ci furono altri autori come Eddison o Lovecraft a compiere azioni simili.
Il Professore di Oxford, da buon amante del mito norreno e del ciclo arturiano, sfruttò le sue conoscenze in merito a questi argomenti per la creazione di Arda. Difficilmente avrebbe previsto l’arrivo di numerosi “imitatori” negli anni a venire. Questo avvenne anche in Italia. Quando il nostro paese conobbe un’ondata di rinnovato interesse per il fantasy, la maggior parte degli autori non uscì fuori dal tracciato tolkieniano.
Ed è qui che inizia a chiarirsi il significato di fantasy italiano. Un fantastico che sfrutti come base per la propria mitopoiesi la storia italiana, il suo folklore, le sue leggende. Operazione che appare tanto semplice. Ma, se vi chiedessimo di pensare a dieci titoli fantasy basati su questo criterio, quanti sapreste elencarne? Non molti, così su due piedi, vero?
I precursori del fantasy italiano
Se pensiamo al fantastico nella letteratura italiana potrebbe sorprendere quanto sia vasta la tradizione letteraria. Forzando l’interpretazione, potremmo parlare di fantasy italiano già nel Trecento. In fondo la Commedia di Dante si presenta a noi come una massiccia opera di mitopoiesi, in cui la letteratura classica, quella medievale, la tradizione poetica della scuola siciliana e quella dello Stilnovo si univano per creare un’opera originale. Certo, accostare la Divina Commedia al Signore degli Anelli potrebbe far storcere non poco il naso a qualcuno.
Volendo cercare un paragone meno azzardato potremmo fare un salto in avanti di quasi due secoli, parlando dell’Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo. Anche in questo caso il poema si mostra come una rielaborazione di diverse opere del passato. Si tratta di opere apprezzate e amate alla corte di Ferrara, dove i romanzi cavallereschi erano ancora tra i più letti. Così, oltre alla Chanson de Roland, abbiamo anche il ciclo arturiano, uniti a formare un’opera del tutto nuova.
A questa seguirà, qualche decennio dopo, il poema di Ludovico Ariosto, l’Orlando Furioso. Forse è proprio con questa opera che nasce la vera letteratura fantastica in Italia. Le storie narrate da Ariosto iniziano a fare dell’elemento magico una componente predominante. In fondo è difficile non considerare fantasy un libro con un viaggio sulla Luna e voli a cavallo di un ippogrifo.
Quello che probabilmente è il vero grande iniziatore del fantasy italiano è Italo Calvino, che nella sua trilogia di libri, I nostri antenati, ci mostra la presenza costante di elementi fantastici presi dalla tradizione del Belpaese, rielaborati e inseriti in un contesto del tutto nuovo.
Spaghetti fantasy
Osservando la storia della nostra letteratura, insomma, troviamo autori di opere inseribili nel fantastico che spaziano dal Medio Evo all’età contemporanea. Eppure l’Italia stenta ad avere una propria produzione fantasy fino all’inizio degli anni 2000. Certo, qualche precedente esiste, come quello, di cui abbiamo già parlato, di Mariangela Cerrino e del suo Ciclo degli Etruschi. L’opera riprende elementi e tematiche proprie della tradizione italiana, presentandosi come un romanzo storico con elementi fantastici.
Il vero “boom” del fantasy italiano avvenne tuttavia solo con il 2004 e la pubblicazione della trilogia di Licia Troisi, le Cronache del Mondo Emerso. Da quel momento in poi nel nostro paese iniziarono a essere pubblicati sempre più romanzi di genere fantasy, secondo diverse sfumature. Questo era avvenuto grazie all’arrivo nel 2001 del primo film del Signore degli Anelli. Negli anni 2000 Tolkien conobbe nuova popolarità in Italia e, terminata la trilogia di Peter Jackson, gli editori iniziarono a puntare anche sul fantasy nostrano. E Troisi fu la prima a beneficiare di questa nuova ondata d’interesse per il fantastico. Era nato lo Spaghetti Fantasy.
L’ambientazione delle Cronache del Mondo Emerso, come molte altre opere uscite in quegli anni, presentava tuttavia una filiazione molto forte dall’opera tolkieniana. Quello che emerge da questi primi anni di pubblicazioni è la tendenza a dare spazio ad autori molto giovani, come Federico Ghirardi, Chiara Strazzulla, Elisa Rosso, le cui opere sono state spesso bistrattate, non sempre in base a termini oggettivi, dalla community online.
Quello che tuttavia accomuna, nel bene o nel male, tutti questi autori non è tanto la giovane età, quanto la scelta di mantenersi nel solco tracciato da Tolkien. In alcuni casi queste opere cercavano anche di imitare lo stile di Professore. Lasciamo immaginare ai lettori i risultati.
Domanda e offerta
Spiccava una diffusa tendenza a non voler sfruttare elementi originari del folklore e della storia italiana. Qualche tentativo, in realtà, venne effettuato. La formazione classica di Strazzulla emergeva nelle sue opere, ma i grossi difetti presenti nella sua trama, acuiti da alcune discutibili scelte editoriali (distribuire i suoi libri avvolti nel cellophane) fece passare questo aspetto in secondo piano. Sono accenni a quello che può essere definito Med-Fantasy, ovvero il fantastico basato sulle leggende del bacino del Mediterraneo, in particolare il mito greco e romano. Da allora sono passati circa quindici anni, ma una tendenza diffusa da parte dell’editoria del Belpaese a mantenersi su una versione italiana dell’High fantasy è rimasta. Un paradosso, se si pensa che oltreoceano Rick Riordan ha sfruttato proprio la mitologia greca per un ciclo di successo.
La motivazione dietro questa scelta è semplicemente dettata dalle tendenze del momento. A seconda del fantasy giunto agli onori della cronaca le case editrici tendono a pubblicare quanto più possibile testi simili. Abbiamo visto questo processo con il Signore degli Anelli e Game of Thrones. Anche con Twilight, se vogliamo inserirlo nel genere. Non sarebbe sorprendente vederlo con The Witcher. Meglio puntare su qualcosa che richiami opere già note e quindi a basso rischio.
Se è vero che da parte di Mondadori e altre “grandi” la scelta sembra quella di mantenere questa linea, nel mercato dei medi e piccoli editori il fantastico assume sfumature decisamente più variegate e interessanti. Anche qui la questione si risolve in una legge di mercato. Ha senso lottare sullo stesso terreno dei grandi editori e rischiare di uscirne con le ossa rotte? Oppure è più sensato cercarsi una nicchia e prosperare al suo interno?
L’editoria indipendente in Italia: un rifugio per il fantasy italiano
Tra i prodotti che spiccano nel fantastico pubblicato nell’editoria indipendente è un caso interessante Debito d’onore, romanzo pubblicato da Plesio Editore ambientato in Emilia Romagna. L’opera di Angelo Berti riprende le leggende della regione (il fantasma di Azzurrina) e personaggi storici locali (il nobile ravennate Alessandro Amaducci). Una scelta, quella di operare sul folklore italiano e nell’ambito locale, che è una delle linee di riferimento della casa editrice, con ambientazioni che spaziano dalla Sicilia alle leggende delle Marche.
All’interno della stessa casa editrice segnaliamo un caso particolare, l’opera di Roberto Gerilli, Questo non è un romanzo fantasy. Nello scenario di Lucca Comics seguiamo la storia di un autore fantasy italiano pubblicato durante il boom. Il romanzo ironizza proprio sull’industria editoriale del fantastico e, soprattutto, sugli scrittori. Viene rimproverata proprio l’eccessiva tendenza a sfruttare ambientazioni e archetipi tolkieniani, in un romanzo che diventa una critica (e autocritica) costruttiva del fantastico.
Rimanendo in Toscana, vi abbiamo spesso parlato della saga di Eternal War, opera di Livio Gambarini pubblicata da Acheron Books. Non è il caso di farsi ingannare dal nome: Eternal War è un fantasy italiano in tutto e per tutto. Riprende gli eventi storici della Firenze del Secolo XIII e li trasforma, creando un mondo dove sono gli spiriti familiari a decidere la politica della città.
Lo stesso editore ha dato spazio anche al Med Fantasy, proponendo il romanzo di Masa Facchini, I Trionfi del Vuoto. Gli elementi delle leggende e della tradizione del Mediterraneo diventano componente predominante del racconto. Le vittorie alate, i ciclopi e i fauni sono elementi fondanti nel romanzo, presentando un’ambientazione fantasy che richiama al mito greco e romano.
In tema di folklore mediterraneo merita una menzione Andrea Atzori. L’autore sceglie di basare la propria mitopoiesi sulla Sardegna, realizzando un’opera con pochi eguali nel fantasy italiano. Abbandonati i castelli e le corti medievali, Atzori con la Terra di Nurak ci presenta un fantasy a metà tra il neolitico e l’età del bronzo, dove elementi della civiltà nuragica vanno a costituire un mosaico affascinante, recuperando usi e costumi, culti e tradizioni, giganti e spiriti dell’isola sarda.
“E sembra un fantasy qualunque, un fantasy italiano…”
La domanda che ci siamo posti sembra quindi trovare una soluzione. Il fantasy italiano, inteso come sottogenere, esiste. La storia, la tradizione italiana e le leggende del Belpaese possono essere oggetto di mitopoiesi al pari del ciclo bretone e della mitologia nordica. E questo genere di libri prospera soprattutto nell’editoria indipendente, meno legata alle esigenze del mercato.
Oltre ai romanzi citati e alle case editrici prese in esame potremmo ampliare non poco il discorso. Parlare delle tradizioni marchigiane presenti nei libri di Dershing. Del grimdark “italiano” Vilupera, opera di Mazza e Sensolini, o più in generale di alcuni racconti presenti in antologie, come quelle pubblicate da Ignoranza Eroica o Zappa e Spada. Il concetto resta lo stesso: l’Italia come fonte di ispirazione del fantastico.
Il fantasy italiano si mostra quindi come un sottogenere con proprie caratteristiche e una propria dignità. Ma è un sottogenere abbastanza sfruttato? Questa è la domanda che forse non dovremmo porci per non avere delusioni.
Per i motivi più disparati il fantastico in Italia era ed è un genere di nicchia. Chiedere che in esso prevalga l’elemento italiano, riconducibile alla nostra letteratura, vorrebbe dire chiedere di scavare un’altra nicchia nella nicchia. Il vero potere di cambiare le cose in questo è tuttavia in mano ai lettori. Perché possa esserci una maggiore presa di coscienza da parte dell’editoria e venga data maggiore fiducia al fantasy italiano dipende solo dal fatto che il lettore possa osare, qualche volta. Dare fiducia a realtà editoriali indipendenti, in grado di correre qualche rischio in più nelle pubblicazioni.
(immagine di copertina: Karol S., Parnasium)