20XX: love story nello spazio

La Black List è un sondaggio annuale operato tra le varie case di produzione cinematografiche che si occupa di dare risalto alle migliori sceneggiature arrivate sui tavoli dei produttori durante l’anno ma non ancora in fase di produzione. Una sorta di archivio dove vengono raccolti potenziali capolavori in attesa di qualcuno che voglia spenderci due soldi. La storia di Passengers nasce proprio qui, nel 2007, anno in cui la sceneggiatura entrò nel sondaggio insieme a film come Una Notte da Leoni, The Revenant, entrando poi in un limbo durato quasi dieci anni diventando una sorta di vaporware su pellicola. Purtroppo lo sappiamo tutti che certi progetti finiscono male e Passengers ne è la parziale conferma.

All’inizio i difetti non sono molto evidenti, perché l’inizio del film è qualcosa di inaspettato se si tiene conto dei trailer usciti finora ed è roba abbastanza importante da impedirci qualunque accenno alla trama se non quello che sappiamo: Jim Preston (Chris Pratt) e Aurora Lane (Jennifer Lawrence) si svegliano misteriosamente sulla Avalon, una nave spaziale che li sta portando sulla colonia di Homestead II dove, insieme ad altre cinquemila persone, fonderanno una nuova comunità spaziale. Il loro risveglio, tuttavia, avviene novant’anni prima del previsto e li porterà a cercare di risolvere quest’annosa situazione ed un guasto che sembra essere più grande del previsto.

Parlando invece in modo più chiaro, è bene specificarlo: siamo ben lontani dall’analisi di due persone che cercano di sopravvivere in una nave spaziale, ben lontani dai momenti d’ansia che potevano capitare in pellicole similari come The Martian o Gravity. Passengers è la trasposizione moderna di quei film d’amore tanto cari alle vostre mamme, che se li vedevano sospirando con le amiche a guardare queste coppie che vivono il loro idillio nonostante le avversità. Arriverà sempre un punto in cui, ascoltando una frase o osservando un determinato evento, il vostro cervello elaborerà nel guizzo di un neurone tutto quello che ne seguirà senza sbagliare nulla, eccezion fatta per un deus ex machina piazzato nella metà esatta del film, proprio nel momento in cui la sceneggiatura non sapeva più che pesci pigliare e necessitava di un accorgimento a dir poco divino per proseguire.

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Il vero cruccio qui sta proprio nell’occasione mancata in termini di approfondimento, servito su un piatto d’argento e perennemente snobbato. Immaginatevi di stare su una navicella con migliaia di persone pronte ad andare in un mondo completamente nuovo da ricostruire da zero; estranei con le loro motivazioni per partire, talmente forti da portarli ad abbandonare qualunque cosa, consci del fatto che chiunque lascerete sulla Terra non sarà più vivo. Momenti che il film tira fuori di tanto in tanto come meri elementi di contorno, lasciando l’approfondimento rasente lo zero, se non per dare un minimo di forma ai protagonisti.

Le dimensioni del dispiacere aumentano una volta che ci soffermiamo sulla qualità tecnica della pellicola: la regia del norvegese Morten Tyldum, candidato all’Oscar per la miglior regia con The Imitation Game due anni fa, mostra una qualità non indifferente con riprese notevoli e senza sfruttare esageratamente la CGI, sempre molto naturale e che conferisce un ulteriore grado di realismo agli ambienti della nave, una sorta di Titanic galattico funzionale al suo scopo. A ciò si unisce la brillante performance dei protagonisti, con un Chris Pratt che fa il suo senza esagerare risultando perfettamente credibile nel suo ruolo pur non risultando indimenticabile. Quanto a Jennifer Lawrence, non possiamo che continuare ad elogiarla vita natural durante, grazie alla sua intensa espressività facciale e fisica che non smette mai di stupirci tanto nei momenti tranquilli quanto in quelli drammatici, per non parlare dei sorrisi ebeti che appaiono sulle nostre facce quasi ogni volta che appare in video, con tutto l’imbarazzo che ne consegue e un continuo sperticare di lodi nei suoi confronti. Interessanti invece le musiche di Thomas Newman, a metà tra i classici sci-fi di una volta e la moderna concezione di colonna sonora che non svetta ma sottolinea in modo convincente gli eventi più delicati del film.

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Passengers non è sicuramente il film più brutto dell’anno, tuttavia lascia l’amaro in bocca per ciò che sarebbe potuto essere se non si fosse limitato a ricalcare i canoni delle love story tipiche degli anni ’80 e ’90 e trasponendoli in un setting futuristico che avrebbe meritato un approfondimento. Resta comunque una visione gradevole, nonché il perfetto punto d’incontro chi vuole un po’ di emozioni fantascientifiche ma anche del sentimento non troppo a la Mario Merola e con un certo livello di qualità. E, perché no, un film da vedere con la persona che vi piace.

A cura di Francesco Paternesi