L’epopea fantastica della migliore legione romana
Immaginare contemporaneamente i tre concetti Fumetto, Romani e Francia dà come risultato immediato e quasi involontario Asterix e Obelix. Ormai le gesta dei Galli ai danni dei nostri antenati legionari sono talmente entrate nel nostro immaginario che difficilmente li scardineremo nei prossimi anni. C’è però una nuova risposta a quel gruppo di idee appena enunciate, una storiella niente male, messa in piedi dalle menti incandescenti di Marwan e Bastien Vivés, ed è il trittico di episodi che compongono l’epopea dal titolo militaresco Per L’impero. Quel che era trino in Francia è stato reso unico in Italia grazie alla Bao che ne ha curato l’edizione in singolo volume, di grandi dimensioni, come impone la stampa delle bandes dessinées d’oltralpe.
Preparatevi a tuffarvi in una delle più grandi, mitologiche e filosofiche avventure che mai un manipolo di soldati romani abbiano dovuto affrontare. Preparatevi a varcare i confini del mondo!
Peplum
La storia raccontata in questo volumone da collezione si apre con la presentazione dei tanti protagonisti, con una bella sequenza di assedio e invasione di una città barbara da parte della più forte Legione Romana. Sotto il comando di Glorim Cortis, la guida del Luogotenente Calma e la disciplina del Caporale Forto, seguiamo le gesta eroiche del gruppo di soldati, vedendoli in azione nel loro elemento naturale, la battaglia. Capiamo subito il profondo legame che tiene insieme questi fedeli amici, quasi fratelli, come nella migliore tradizione militare. La descrizione della loro vita dopo la battaglia, i festeggiamenti e gli scherzi ci mettono subito al centro del loro accampamento e serve a creare quella connessione empatica con il lettore, primo passo per iniziare ad affezionarsi ai personaggi.
Nelle tavole che compongono il primo volume dell’edizione francese si mette in piedi tutta la premessa che reggerà la narrazione degli altri due e che poi porterà all’inquietante epilogo. Nel massimo dello splendore dell’Impero Romano, quando ormai tutte le terre conosciute all’uomo state conquistate e soggiogate, resta solo un luogo dove spingersi: oltre i confini del mondo, verso le lande pericolose e selvagge al di là del Fiume. Di queste terre non si sa nulla, e quindi il Comandante Cortis viene scritturato per esplorare e romanizzare tutto quello che incontra, in attesa poi dell’arrivo delle Truppe Imperiali e del Sovrano stesso. Sarà suo compito circondarsi degli uomini più fidati e valorosi, gli unici in grado di affrontare una missione così ardua.
E da qui inizia il lungo viaggio verso l’Ignoto, tra tante peripezie, incontri letali e scene scottanti, dove ogni legionario sarà chiamato a dimostrare il suo vero valore e combattere contro nemici mai visti prima, umani e fantastici. La narrazione delle vicende si snoda in maniera lineare, un passo alla volta, da una radura alla successiva, esattamente come un viaggio condotto a cavallo. E come in ogni viaggio, i viaggiatori diventano sempre più vicini, lasciano emergere i loro comportamenti, le loro indoli, i loro sentimenti, cercando di sublimare il gravare della stanchezza e la mancanza di una meta visibile. Il temperamento da uomini d’azione è il primo vero ostacolo che frena l’evoluzione sociale di questo drappello di uomini, che si aggrappano alla vita militare e al rispetto dei gradi e della disciplina per sopravvivere a una lunghissima passeggiata. Ma quel che li aspetta pagina dopo pagina sarà un’escalation di invenzioni violente e sconvolgenti, che porrà il lettore al centro delle scoperte che gli uomini fanno via via che si addentrano nelle terre oltre i confini.
Tutto il racconto è un pretesto per esaminare il comportamento dei soldati in un contesto in cui perdere la testa è facile (in ogni senso) e soprattutto di fronte a situazioni che minano le stesse sicurezze che fino a quel momento li hanno spinti a continuare.
La loro avventura si concluderà, in maniera onirica, fantastica, quasi metaforica, per poi dare al lettore un respiro e un sospiro con un epilogo inaspettato e altrettanto sconvolgente.
Tutta la storia è imbastita bene, scorre liscia e senza intoppi, grazie anche alla capacità dei due autori di dosare bene le parti esistenziali con quelle più d’azione, in modo da non annoiare mai il lettore, ma anzi di tenerlo sempre sul chi vive, lasciandogli sperimentare lo stesso gusto dell’ignoto che i legionari assaporano pagina dopo pagina. Alcune sequenze e alcune scoperte vengono lasciate quasi in sospeso, sacrificate al più impellente bisogno dei soldati di eseguire gli ordini e continuare il viaggio, senza soffermarsi a cercare una spiegazione per le tante stranezze che si parano davanti a loro. E questa, credo, che sia la spiegazione più ovvia (anche se tacita) ad alcune scelte narrative che sfilacciano la storia e la fanno virare velocemente verso nuove prospettive. Non c’è granché di irrisolto, ma anzi, appare chiaro come gli autori si siano imposti di non indagare alcuni frangenti del Nuovo Mondo, lasciando tutto nell’ombra esattamente come se al pari dei legionari avessero altri ordini da seguire.
Come un affresco
Dal punto di vista stilistico, il lavoro è stato disegnato a quattro mani da Marwan e Bastien Vivés e si vede. Del primo si nota subito l’inchiostrazione pesante con neri profondi e marcati, mentre dell’altro autore salta all’occhio lo stile essenziale, minimalista, fatto di poche righe e tratteggi nervosi. Le tavole sono ricche, piene di vignette come nella migliore tradizione francese e l’azione è ben orchestrata, con un’ottima gestione dei tempi narrativi. I dialoghi scorrono lisci e sono infarciti (almeno in sede di traduzione) da interiezioni epiche e antiche, che rendono quel giusto mood romano, che tanto ricorda i vecchi film fanta-storici che Hollywood ci ha regalato a metà del secolo scorso.
Ma se davvero dobbiamo trovare il vero fiore all’occhiello delle tavole, la caratteristica che davvero impone di dare una seconda occhiata a ogni singola vignetta, allora dobbiamo chiamare in causa il lavoro magistrale di Sandra Desmazières, che ha costruito strato dopo strato una colorazione eccezionale. Giocando con i colori, ha ricreato un effetto paragonabile a quello degli affreschi che si possono vedere a Pompei, aggiungendo l’ennesimo tassello alla romanizzazione del racconto: quello artistico. L’effetto finale è quello straniante di sfogliare delle piccole opere d’arte vecchie di qualche migliaio di anni, con l’elettrizzante sensazione di andare non solo indietro nel tempo, ma in un’altra epoca parallela alla nostra, completamente diversa.