Satira. Tutti più o meno sapete cosa sia, anche se molti sembrano non essere in grado di capirne il senso. E, quando questo accade, si sentono offesi, presi in giro, umiliati e tirati in causa, sicuri di dover rispondere alla “provocazione” con la violenza verbale e/o fisica. Beh, congratulazioni: chiunque sia stato a farvi arrabbiare, così ha centrato il suo obiettivo. Infatti, che ci crediate o no, la satira ha fin dalle sue origini (Antica Grecia, roba di duemila e passa anni fa) il compito di sconvolgere, provocare e, specialmente, scandallizzare. Compito cui assolve mostrando le contraddizioni della società, degli umani comportamenti e della politica, al fine di stimolare una riflessione nell’opinione pubblica nella speranza di creare uno sconquasso nelle coscienze. Si tratta, in parole povere, di uno strumento poderoso per indurre le persone a riflettere. Non a caso, già secoli fa era oggetto di attacco da parte dei potenti che non volevano assolutamente vedere il popolo pensare. Memorabile è rimasta in questo senso la disputa nell’Atene periclea tra il demagogo Cleone e il drammaturgo Aristofane, che era solito metterlo al centro di scene ridicole nelle sue commedie. “E allora?“, penserete voi. Storia vecchia. Tempi andati. Ci siamo evoluti. Nel 2017 vige la libertà di espressione e ognuno è libero di dire quello che vuole senza paura di ritorsioni.
Se davvero lo credete, avete bisogno di leggere Il piccolo Führer.
Chi non ha mai sentito parlare del Piccolo Principe? Il capolavoro di Antoine De Saint-Exupéry, scritto nel 1943, è diventato un classico del ventesimo secolo influenzando ed educando almeno tre o quattro generazioni. Una stupenda fiaba poetica che unisce le parole alle illustrazioni in acquarello dello stesso autore, con al centro temi come il senso della vita, l’amicizia, l’amore e le differenze tra il mondo dei bambini e quello degli adulti. La storia è nota e racconta di un pilota d’aerei che precipita nel deserto del Sahara. In mezzo a quelle distese sabbiose, incontra uno strano ragazzino che gli chiede di disegnare una pecora. I due fanno amicizia e il bimbo gli confida di provenire da un lontano asteroide, dove si trovano tre vulcani e una rosa vanitosa e chiacchierona. Aggiunge poi di aver viaggiato in lungo e in largo nell’universo, visitando strani pianeti, per approdare alla fine sulla Terra.
Tutti conoscete (o dovreste conoscere) questa favola. Bene, quello che pochi sanno è che Saint-Exupéry è arrivato… per secondo.
Infatti, un racconto molto simile alla sua opera era stato ideato da Adolf Hitler, sotto consiglio di Joseph Goebbels, per illustrare nazionalsocialismo ai giovani. Era un piccolo volume intitolato Gioventù hitleriana contro menzogna, stupidità e codardia, ma l’allora ministro della propaganda suggerì di chiamarlo, con una geniale intuizione, Der Kleine Führer, “Il piccolo Führer“. Ma il manoscritto rimase incompiuto e, oltre ad una ristretta circolazione in patria, non travalicò mai i confini tedeschi. Fino ad oggi.
Il legame tra la satira e il fumetto italiano è di lunga data e continua tutt’oggi, nonostante evidenti difficoltà dettate soprattutto dalla crisi della carta stampata. Non ci vuole un genio per rendersene conto: basta comprare un qualsiasi quotidiano e spulciarlo alla ricerca delle vignette realizzate dagli autori. Basti pensare a Staino, Altan, Vauro, Ellekappa, per citare quelli che occupano maggiormente le testate nazionali. O Charlie Hebdo, per menzionare un caso recente di cronaca. Ma oltre al giornalismo c’è un intero mondo dove la sinergia tra queste due forme d’arte si fa ancora più stretta e fiorente. Si tratta del mercato seriale che nei decenni ha dato molte firme illustri in questo campo, come Jacovitti, Bonvi, Magnus, Max Bunker, Alfredo Castelli, Leo Ortolani e tanti, tantissimi altri. Forse, la satira è un elemento connaturato nel fumetto stesso, una sua caratteristica intrinseca, al pari della commistione di immagini e parole che è tipica del suo linguaggio. In effetti, a volte è difficile separarli e in certe occasioni finiscono casualmente per incrociare l’uno la strada dell’altro. Poi, quando l’unità di intenti è totale il rischio di creare qualcosa di sconcertante, capace di far parlare di se, è dietro l’angolo.
Questo è stato il destino di Quando c’era LVI, il fumetto satirico portato in edicola da Shockdom e realizzato da Daniele Fabbri, Stefano Antonucci e Mario Perrotta. Albo che non tardò ad attirare delle rappresaglie, come accaduto l’anno scorso al Romics con un “attacco” allo stand della casa editrice. Lungi dall’essere stati anche lontanamente impauriti da tale gesto, il trio di autori torna alla carica con Il piccolo Führer, uscito sempre per la Shockdom.
Sfruttando lo strategemma di manzoniana memoria del manoscritto ritrovato, Daniele Fabbri scrive una storia che, come intuibile, riprende il bestseller di Exupéry. Non solo nell’intento ma anche nella forma, dato che non si tratta di un graphic novel in senso tecnico quanto di un libro illustrato, come l’opera originale. Ma se nel racconto il viaggio del Piccolo Principe era il leitmotiv per elencare una serie di episodi illuminati da una morale, qui abbiamo un qualcosa di molto diverso. Ci troviamo infatti davanti a un giovane Führer in erba che vive tranquillo su un asteroide pieno di vulcani “perfetti per bruciare i libri di cattiva propaganda“, senza pensare troppo all’avvenire. Ma un giorno il nostro protagonista incontra una rosa vanitosa che promette di suicidarsi ad ogni frase e che ha paura dei “ratti“. Allora, il protagonista decide di partire per proteggere il suo fiore da questa terribile minaccia. Passando da un pianeta all’altro, incontra tante figure diverse che gli insegnano qualcosa di importante, consigli che il piccolo nazionalsocialista farà suoi per diventare un Grande Führer. Basta un poco di cultura generale e qualche pagina di lettura per capire che il percorso metaforico, intrapreso a suo tempo del Principe astrale di Exupèry, nel Piccolo Führer diventa un’allegoria del cammino che ha portato Hitler a guidare la Germania all’alba della Seconda Guerra Mondiale.
Si tratta di un percorso a tappe, una favola dalla morale al contrario, in cui trovano spazio caricature dei personaggi e dei luoghi storici del periodo che va dal 1920 al 1933. I pianeti dove avvengono questi incontri si chiamano infatti R31CH, UR55, R3D3 – Halten, U3U3 (anche detto il “Belpianeta“), nomi farseschi che attraverso un vocabolario spaziale e numerico nascondono i riferimenti reali. Lo stesso vale anche per gli eventi storici, ribattezzati seguendo questo registro macchiettistico, come la “Notte dei Lunghi Saltelli“. Ma non ci si limita solo ai paesi e agli eventi, bensì anche a riportare i leader e le persone dell’epoca. Abbiamo appartenenti alla razza ebraica, raffigurati come “ratti” e oggetto ovviamente dell’ira del Piccolo Führer, con una scelta visiva ormai diventata canonica nel fumetto (e non solo), da Maus in poi. Ci sono poi nostre vecchie conoscenze come Stalin, Stanlio e Ollio, le Sette Sorelle e l’italico Duce (trasformato per l’occasione in “Luce“), Anna Frank (tornata tristemente attuale negli ultimi giorni) e la “volpe“. Soprattutto la raffigurazione di quest’ultima appare potente e significativa come non mai. Nel Piccolo Principe, uno dei ruoli più importanti lo svolge la volpe che chiede di essere addomesticata per diventare amica dell’espace enfant. Qui, Daniele Fabbri fa interpretare questo ruolo al celebre braccio destro di Hitler: Joseph Goebbels. Se ne ricava la sensazione che la vera arma vincente dei regimi, al di là di tutte le dichiarazioni e gli obiettivi, sia la propaganda. Una propaganda che agisce in maniera subdola spacciandosi all’inizio come l’unica soluzione contro il degrado e la decadenza, per poi rivelare il suo vero lato quando è troppo tardi. Ad una mente attenta non sfugge il parallelo monito rivolto a ogni contemporaneità, dove certe tendenze di consenso sembrano potersi riaffacciare, oggi persino sotto forma di like e commenti.
Alla fine, quello che Il Piccolo Führer fa è stimolare una riflessione attraverso contrasti forti, fortissimi, che vedono al centro la poetica dell’infanzia di Exupéry e quella del terrore di Hitler. Cosa che sarebbe stata impossibile senza gli acquarelli di Stefano Antonucci e Mario Perrotta, capaci di dare vita a dicotomie disturbanti, a metà tra dolcezza e orrore. Soprattutto, nella rappresentazione caricaturale dei personaggi storici e dei pianeti/stati, il disegnatore trova la sua massima espressione, realizzando delle illustrazioni che prendono letteralmente a cazzotti in faccia il lettore e approfondiscono il senso del testo. Impossibile non rimanere a bocca aperta, come presi da un malessere interiore, di fronte all’immagine di Anna Frank che dichiara di voler tentare di “istruire” i mulini a vento, nella speranza che l’unico modo di batterli sia insegnare loro l’amore. E lo fa raccontando una storia, aprendo un libro e leggendo a voce alta. Vuole farli riflettere, esattamente come fa la satira. Cerchiamo di tenercela stretta.