Veleno, Buio, Il dito di Dio. Tre podcast e Trincia vola sul podio dei podcast italiani
a diffusione dei podcast è un fenomeno sempre più importante, che sta prendendo piede specialmente negli ultimi anni. Affiancati al più radicato mondo degli YouTuber, i podcaster trattano i temi più svariati. Personalmente, ho una certa predilezione per i podcast che trattano di cronaca nera, come forse avrete già notato su queste pagine. Tra l’altro, se parliamo di podcast true crime, colgo l’occasione per segnalare Only Murders in the Building: su Disney Plus la serie che non ti aspetti. In questa black comedy tutta l’azione nasce e si sviluppa, appunto, attorno a un podcast che parla di un omicidio e il contesto in cui i personaggi si muovono rende chiaro come negli USA ci siano tanti fan del genere, almeno quanti ne abbiamo noi.
Per gli ascoltatori che cercano prodotti in lingua italiana, la scelta si va via via arricchendo di sempre nuove possibilità, che vanno dal commento “informale” di casi noti, a trattazioni più rigorose e professionali, fino a vere e proprie inchieste. Naturalmente, più la faccenda si fa strutturata, più si avanzano nuove ipotesi, più le produzioni sfoderano un maggior numero di risorse. Abbiamo riaperture di cold case, tipo Polvere, sull’omicidio di Marta Russo, o il famosissimo Veleno, il podcast di Pablo Trincia sui presunti satanisti della Bassa Modenese. Ed ecco che siamo arrivati al protagonista di questo articolo.
Pablo Trincia in tre podcast
Innanzitutto va fatta una piccola presentazione per capire chi è Pablo Trincia e da dove viene. Giornalista e autore televisivo, Trincia ha le sue prime esperienze importanti nell’audiovisivo con il programma Mediaset Le Iene, con cui collabora in un primo momento dal 2009 al 2014. Passa poi in diverse redazioni tra La7, Nove, Fanpage e Chi l’ha visto, dove continua a occuparsi di inchieste e di cronaca. Questa sua formazione nell’ambito del giornalismo televisivo gli conferisce almeno due elementi-chiave che rendono i suoi podcast così efficaci. Da un lato un modo avvincente di raccontare i fatti, di costruire delle scalette che catturano l’attenzione e svelano a tempo debito dettagli e colpi di scena. Dall’altro uno spiccato senso dell’empatia e dell’aspetto emotivo della cronaca.
Il 2017 è l’anno di Veleno. Con una formula per i tempi anche abbastanza originale, Trincia insieme ad Alessia Rafanelli firma un’inchiesta in puntate per Repubblica, dove si va a riesumare un caso di circa vent’anni prima. Si tratta di una storia ai tempi mal-raccontata dalla stampa e mal-percepita dall’opinione pubblica, dove una shitstorm ante litteram (e pre-social, per fortuna) colpì alcune famiglie dell’Emilia-Romagna, segnandole per sempre. Successivamente Veleno diventerà un libro, poi una serie tv per Amazon Prime Video. Forte dell’enorme successo di Veleno, tutt’ora uno degli esempi insuperati del genere, Trincia torna nel 2019 con Buio, un contenuto però a pagamento (a differenza di Veleno, disponibile gratuitamente su Spotify), su Audible. In questa serie di sette puntate, Trincia parla di sopravvissuti, a ognuno dei quali dedica un episodio.
Infine, il suo secondo podcast per Spotify, prodotto da Chora Media (di cui è responsabile creativo), è Il dito di Dio – Voci dalla Concordia, sulla tragedia della nave da crociera naufragata nel 2012 sugli scogli dell’Isola del Giglio, tragedia dove persero la vita 32 persone.
Una questione di qualità
Quando una tipologia di prodotto diventa inflazionata, e si realizza con una relativa economia di mezzi, è facile che la qualità generale ne risenta. Così, se abbiamo un’impennata nella produzione di podcast, è bene ricordare che – pur condividendo il medium – non tutti hanno la stessa qualità e le stesse intenzioni. La maggior parte di quelli che troverete in giro sono racconti o commenti di fonti già pubblicate sul web, a cui tutti, con una buona ricerca, possono accedere. Trincia, invece, porta il podcast di cronaca su ben altri livelli.
La formazione giornalistica, come ho già evidenziato, associa i suoi contenuti più all’ambito dell’inchiesta, e si arricchisce di testimonianze. Questa è principalmente la prerogativa dei podcast di Pablo Trincia, l’uso della viva voce di chi ha vissuto in prima persona le vicende raccontate. Naturalmente questo plus dona alle proposte di Trincia un valore insostituibile, e accresce l’attrattiva (non solo, ma proprio lo spessore) dei suoi prodotti. Trincia, dunque, non si limita a raccontare, ma mette in moto situazioni in cui i ricordi vengono evocati: ed ecco che la distanza tra l’ascoltatore e il racconto si azzera.
Una deriva possibile del proliferare dei contenuti a tema cronaca (e cronaca nera) è un graduale senso di indifferenza che neutralizza l’aspetto umano degli eventi. Il modo in cui Trincia racconta dei bambini allontanati dalle famiglie nella Bassa Modenese, o di sopravvissuti e vittime al naufragio della Concordia, il modo in cui passa il microfono per registrare la loro voce recupera, invece, questa dimensione umana che rischiamo di perdere. Riuscendo a evitare la mera spettacolarizzazione, l’intenzione di Trincia è di scuotere l’ascoltatore, ma con sensibilità e dolcezza. Poiché non c’è nulla di più scioccante della verità, che non necessita di voyerismo morboso per accrescere il suo impatto. Niente di più, niente di meno, dell’esperienza diretta di chi quelle storie le ha vissute. E un richiamo alla nostra responsabilità come fruitori, la responsabilità di non dimenticare che un contenuto di informazione (foss’anche di intrattenimento), va trattato con estremo rispetto.
Raccontare e innescare eventi
Ho detto che una prerogativa dei podcast di Trincia è l’uso della viva voce dei testimoni. Questo è senz’altro vero, ma non è l’unica a rendere Veleno, Il dito di Dio e Buio tanto speciali. Quello che Trincia riesce a fare, è la piccola grande magia del cinema del reale: ovvero quello di creare situazioni e contribuire al loro svolgimento. Uno degli episodi più interessanti della serie Buio, infatti, riguarda una famiglia italiana di sopravvissuti allo Tsunami del 2004 in Thailandia. Dopo aver raccontato la loro terrificante esperienza, confidano a Trincia (e agli ascoltatori) il desiderio di ritrovare una coppia di argentini che li ha salvati. Per tutti quegli anni, questo contatto non era stato possibile. Il contributo di Trincia alla storia, dunque, è di renderlo finalmente possibile e di registrare quel momento in cui il sospeso si risolve, naturalmente con un grande coinvolgimento emotivo da parte di tutti. Ecco cosa intendo con il partecipare alla storia, con il non voler restarne fuori senza “sporcarsene le mani”.
Non un occhio freddo e distaccato, anzi. Non solo il modo di raccontare, ma anche i brevi stralci della voce dell’autore nelle interviste denotano la partecipazione emotiva di Trincia in ciò che sta riportando al pubblico. Stringe rapporti, crea fiducia nel suo interlocutore, riesce a scardinare porte e a tirar fuori dettagli e sensazioni inedite. Ma, soprattutto, è come se restituisse alla storia e ai suoi testimoni il proprio contributo, con una manifesta gratitudine. A rischio di incappare nella retorica, è proprio quest’umanità a rendere Pablo Trincia il miglior podcaster italiano: una bella controtendenza in periodo di pornografia del dolore, quando basta uno schermo, o un tasto play, per mettere distanze apparentemente incolmabili tra noi e il prossimo.