Detective Pikachu è un film di due ore che sembra durare venti minuti, ma scivola sulla cosa più semplice
Fin dai primi trailer Detective Pikachu faceva ben sperare, nonostante l’operazione sembrasse quasi surreale. Lo scorso anno infatti abbiamo visto un gioco in cui la mascotte della serie Pokémon vestiva i panni di un detective, ma i toni non erano così noir come nel film di Rob Letterman.
È possibile realizzare un film con protagonisti i Pokémon utilizzando queste atmosfere, in cui le creaturine diventano realistiche abbandonando lo stile cartoon a cui siamo abituati? Sì, avrei risposto dopo i trailer, perché in qualche modo la messinscena sembrava funzionare perfettamente, e sì vi rispondo oggi, dopo aver visto il film, a conferma che le impressioni erano corrette.
Detective Pikachu ricalca perfettamente quelle che sono le caratteristiche del poliziesco noir: il buio, una città sporca in cui c’è evidentemente della polvere sotto il tappeto, un mistero da risolvere e un protagonista problematico. Come inserire i pokémon in questo contesto?
A Ryme City, dove il film si svolge, per volere di un ricco filantropo la convivenza tra umani e pokémon è diversa da quella a cui siamo abituati. I mostriciattoli non si catturano più, ma anzi vivono liberi vicini agli esseri umani, aiutandoli nelle mansioni quotidiane, siano esse di carattere privato o pubblico. Vediamo così dei Growlithe aiutare la polizia, o degli Squirtle aiutare i vigili del fuoco.
Pokémon detective e pokémon vigili urbani… e?
Purtroppo, e sembra un paradosso, questo aspetto è quello più debole della pellicola. Vi ricordate Zootropolis, il bellissimo film di Disney? All’inizio della pellicola c’è una scena eccezionale, in cui viene mostrata la convivenza tra le diverse specie animali, e come le loro specificità e necessita si integrino nel complesso sistema metropolitano che è la città. In Detective Pikachu manca questo: una scena in cui viene veramente mostrata la convivenza tra esseri umani e pokémon, e in cui viene “approfondito” il loro apporto al sistema sociale.
“Sottigliezze”, potreste obiettare, ma a fine proiezione la sensazione è stata di non aver visto abbastanza pokémon, che ci sarebbe stato spazio per più mostri, in più contesti, e che il mondo in cui è ambientato il film avrebbe potuto essere tratteggiato meglio, in modo più ricco, vivo e credibile.
Ed è un peccato, perché il resto del film funziona più che bene. La storia raccontata è piuttosto semplice, il mistero che gli è alla base è intrigante ed effettivamente i colpi di scena non mancano: Tim viene chiamato a Ryme City perché il padre, poliziotto, è morto durante delle indagini. A casa del padre troverà un pikachu di cui riesce a capire la lingua, e insieme si metteranno a investigare su cosa è accaduto.
L’elemento più forte del film è sicuramente Pikachu, doppiato in inglese da Ryan Reynolds, un detective sui generis – per essere un pokémon. Caffeinomane incallito e “piacione” nei confronti delle donne, sicuramente viene da chiedersi cosa avessero bevuto quando gli è venuto in mente di declinare Pikachu in questo modo. Verrebbe poi da chiedere dove si compra, quello che avevano bevuto, perché il risultato funziona benissimo.
Il Pikachu del film è infatti un caleidoscopio di battute, in grado di divertire anche i grandi. Alcune battute sono anche meno comprensibili per i più piccoli e sicuramente più comprensibili per gli adulti, ma il film riesce sempre a dissimularle in modo tale che ci siano diversi livelli di lettura, così da risultare ironico per tutti.
Detective Pikachu e la sua bellissima pelliccia
L’altro elemento che funziona bene, e notate che può sembrare una contraddizione con quanto detto sopra, è l’integrazione dei pokémon nella società, e proprio per questo ne avrei voluti molti di più. Quando ci sono, sono eccezionali, rendono intrigante il mondo creato da Letterman come mai mi sarei aspettato.
Eppure, non ce ne sono abbastanza. Stesso discorso può essere fatto per la quantità di pokémon presenti lungo la pellicola, effettivamente piuttosto esigua. La realizzazione dei mostriciattoli invece è ottima, e nonostante a prima vista avessi pensato a quelle immagini che da anni girano su internet “quanto sarebbero inquietanti i pokémon se fossero reali”, questi rimangono estremamente coccolosi – quando dovrebbero esserlo – anche in questa nuova veste più realistica.
Il lavoro tecnico svolto è davvero eccezionale, e le creaturine si integrano perfettamente con gli attori in carne e ossa, restituendo un risultato su cui non era semplice scommettere.
Psyduck vs Detective Pikachu
MVP, in grado di rubare la scena al Detective Pikachu, è sicuramente Psyduck. Ora, che Psyduck sia un pokémon super carino con la sua espressione tonta è cosa risaputa, ma come viene posto nella pellicola gli dona un valore aggiunto.
Come ben sapete, gli psyduck sono pokémon che soffrono di gravi emicranie, e quando arrivano al limite “esplodono” liberando i loro poteri psichici. Seguendo questo principio, nel film Psyduck è una primadonna, perché perfettamente consapevole che tutti faranno di tutto per lui, per evitare che si stressi e la sua emicrania diventi pericolosa. Così il cast di personaggi vive nel costante terrore che il papero possa accumulare tensione, e trattandosi di un film dove l’azione non manca l’equilibrio mentale di Psyduck, già normalmente precario, è messo a dura prova.
Tirando le somme, com’è questo Pokémon: Detective Pikachu? Ottimo, veramente un bel film che scorre liscio e sembra durare 20 minuti. Un giallo noir che non ti aspetti, in grado di piacere sia ai grandi che ai più piccoli, realizzato magistralmente sotto il profilo tecnico. Come detto, l’unico difetto è quello per cui non ci sono abbastanza focus sulla convivenza tra pokémon e umani, e lascia ancora di più l’amaro in bocca perché quando la vediamo questa convivenza funziona perfettamente.