Joe Abercrombie e la prima legge dell’editoria fantasy in Italia
I lettori di fantastico in Italia hanno fin troppa esperienza con una legge del mercato editoriale: troppo spesso, per l’opinione pubblica del Belpaese, fantasy vuol dire “per bambini” e prima o poi molti grandi autori di genere cadono nella categoria calderone “per ragazzi”. Un limbo dal quale, spesso, non esiste un ritorno. Eppure c’è anche chi, pur con tutti gli sforzi del mercato editoriale, non potrebbe mai rientrare in questa categoria: stiamo parlando di Joe Abercrombie, autore de La Prima Legge.
Se un lettore medio pensa al realismo nel fantastico, nella trama, nelle dinamiche tra le persone e nel modo di concepire i protagonisti e le regole del proprio mondo, pensa subito a George R.R. Martin. Ma se vi dicessimo che Abercrombie riesce a essere anche più estremo dell’autore de Il Trono di Spade, ci credereste? Anche per questo, quando Gargoyle Books portò per la prima volta in Italia Il Richiamo delle Spade, il paragone con Martin era quello che più spesso saltava fuori delle discussioni sul giovane scrittore di Lancaster.
Eppure Abercrombie osa anche dove Martin sembra fermarsi. L’autore delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco non ha mai nascosto il suo amore per Tolkien, pur discostandosene. In Arda, come in Westeros riusciamo a trovare episodi di bontà capaci di avere delle ripercussioni importanti. E proprio questo contrasto tra gli ideali dei personaggi e la dura realtà della politica dei Sette Regni è uno dei punti di fascino delle Cronache. Al contrario Joe Abercrombie non si fa scrupoli. I buoni sentimenti vengono sacrificati sull’altare della ragion di stato, l’amore deve piegarsi ed essere sconfitto e ogni gesto caritatevole sembra nascondere un doppio fine. Anche il lieto fine, l’ultima grande speranza dei lettori, non è detto che avvenga.
Perché quello di Abercrombie è un fantastico reale. Un fantasy privo di scrupoli, in cui tortura, sesso, violenza e disillusione la fanno da padroni. In una parola… grimdark.
Prima Legge, primo Mago
Ambientato nel Mondo Circolare, una terra fantasy che sembra avere influenze nei costumi dell’Europa Moderna e del Medio Oriente all’apice dell’Impero Ottomano, La Prima Legge si distingue immediatamente per la grande varietà di protagonisti presenti nel racconto. Ci troviamo di fronte a un gran numero di personaggi PdV, che vanno a comporre un complesso arazzo all’interno di una vicenda politica apparentemente semplice.
A predominare sembra essere tuttavia il personaggio di Logen Novedita, un barbaro del Nord. Braccato dai suoi nemici e isolato dal resto dei suoi compagni, il guerriero si troverà presto in contatto con un giovane incantatore col compito di scortarlo dal suo maestro, il Primo Mago Bayaz. Quest’ultimo coinvolgerà Logen in una missione verso Adua, la capitale dell’Unione, uno dei due grandi imperi del Mondo Circolare.
Proprio qui facciamo la conoscenza degli altri due grandi protagonisti della vicenda. Da un lato Jezal dan Luthar, un vanesio tenente dell’esercito reale che desidera fare mostra della sue abilità con la spada nel corso di un torneo. Dall’altro Sand dan Glokta, un tempo un colonnello divenuto torturatore dell’Inquisizione, dopo essere stato lui stesso sottoposto a una tortura dai carnefici dell’Impero Gurkish.
Bayaz sembra aver messo in piedi un intricato piano che coinvolge proprio i tre personaggi, a cui si unirà presto anche Ferro Majin, schiava in fuga desiderosa di vendicarsi dei suoi aguzzini. Ma, come Logen ha intuito e come lo stesso lettore comprende sin da subito, le macchinazioni di Bayaz sembrano andare ben oltre lo scopo dichiarato di salvare l’Unione. Il mago si rivela essere una mente brillante, capace di tessere una trama complessa al pari del suo autore.
Non il solito gioco del trono in salsa grimdark
Più che al folklore e alla mitologia Joe Abercrombie affida alla storia il proprio world building. Quella che, a prima vista, appare come l’ennesima rivisitazione del “gioco del trono” con delle tinte grimdark è in realtà un complesso intreccio che Abercrombie realizza prendendo ampio spunto dalla storia più sporca dell’Impero Britannico.
Questo si riflette anche su un altro aspetto che l’autore di Lancaster cura con passione quasi maniacale: l’attenzione per le vicende militari. Più che sulle battaglie e gli scontri tra armati Abercrombie si concentra su tutto ciò che si nasconde dietro le spade e le cariche a cavallo. Lo spostamento, l’organizzazione e il finanziamento delle truppe, diventano uno dei tratti più importante nello scacchiere della Prima Legge, come raramente accade nel fantasy.
Come accennato non siamo di fronte a un’ambientazione medievaleggiante come in Game of Thrones. La vicenda si ispira a un periodo che potrebbe trovare riscontri nella storia inglese a cavallo tra la fine dei Secoli XVIII e XIX. Anche per questo il gioco che si svolge nei palazzi dell’Unione non è votato a ottenere il trono di Adua. Lo scopo è influenzarne la politica, sedere dietro le quinte, in posizione comoda, dove è possibile tirare le fila e decidere le sorti di tre continenti.
In questo senso il personaggio che meglio incarna lo spirito del libro è Bayaz. Il lettore non vivrà mai la trama dal punto di vista del mago, eppure nessuno è più influente di lui sugli eventi della trilogia. Abercrombie prende l’archetipo dello stregone come guida e gioca con esso. Lo trasforma, lo potenzia fino a esaltare quella vena manipolatrice presente in Gandalf e Silente, facendo di Bayaz il perfetto burattinaio.
Questo ribaltamento degli archetipi fantasy è uno degli aspetti più interessanti della prima trilogia di Abercrombie. Nessuno dei personaggi sembra trovare riscontri nella tradizione tolkieniana o in quella dell’high fantasy. Logen è sì un barbaro, ma è ben distante dalla figura di un Conan. Quella che per gli abitanti dell’Unione è una barbarie è solo un modo diverso di intendere la vita, sviluppato in un contesto geografico distante. Allo stesso modo Ferro non ha nulla dell’eroina senza paura del fantasy. Dimenticate la guerriera impavida con l’armatura “minimale”. Ferro è maligna, sadica e per niente incline a mostrare la propria femminilità, oltre che sboccata e scorretta.
A proposito di personaggi femminili merita una menzione Ardee West, sorella del militare di carriera Colleem, uno dei migliori amici di Jezal. Proprio nel rapporto nato tra i due giovani si scopre il carattere della ragazza, decisamente poco conformista per i canoni di Adua. Il fatto di essere nata in una famiglia umile, con un padre abusivo, l’ha temprata al punto di renderla forte, indipendente. Ardee non esita a mettere in difficoltà il suo interlocutore, e preferisce un bicchiere di vino (o due, o tre) ai gioielli e alla vita di mondana della capitale.
Quello che, tuttavia, risulta essere il personaggio più riuscito della trilogia è forse l’Inquisitore Sand. Un uomo che, distrutto dalla tortura, decide di non porgere l’altra guancia: sceglie di ripagare il mondo con la stessa medicina!
Da giovane ufficiale nel fiore degli anni, ammirato dall’intera nobiltà di Adua, si è trasformato in un relitto umano dopo la tortura subita dai Gurkhish. Privato di gran parte dei denti, storpiato irrimediabilmente, ha deciso di causare agli altri lo stesso dolore che ha provato. L’entrare nell’Inquisizione ha reso Sand scaltro, capace di giostrare al meglio con la nobiltà e la politica della capitale dell’Unione. Questo è dovuto anche alla forte disillusione del personaggio, ormai guidato solo dalla volontà di sopravvivere in un ambiente ostile.
Macabro, sporco, cinico: ma ha anche dei difetti
Come abbiamo accennato la Prima Legge è un manifesto del fantasy grimdark. Tinte cupe, scene forti e scomparsa dei valori morali sono all’ordine del giorno nel Mondo Circolare, rendendo la lettura destinata agli stomaci forti.
Eppure è difficile dire che le scene siano fini a se stesse. Se, qualche volta, è possibile rimproverare a Martin la scelta di inserire alcune scene “forti” per il solo gusto del dettaglio pruriginoso, questo è ben più raro in Abercrombie. Un rapporto sessuale spinto, una scena di tortura disturbante, un omicidio macabro. Nell’economia della storia di Abercrombie ci troviamo costantemente davanti a una “violenza necessaria“, finalizzata a ottenere uno scopo ben preciso per la trama e contestualizzata.
Questo si riflette anche sul ritmo del racconto. Il lettore vuole continuare a leggere, avido di nuovi dettagli macabri, quasi assuefatto al veleno che Abercrombie fa scorrere nelle sue pagine. In questo lo scrittore si dimostra un genio del male, riuscendo a trasformare azioni repellenti come l’omicidio e la tortura in scene appassionanti.
Eppure proprio questo indulgere in scene di questo tipo può risultare lo scoglio principale per i lettori. Se è vero che il ritmo del racconto appare incalzante, gli eventi principali si prendono il loro tempo e procedono lentamente, compassati. Il primo libro della trilogia a potrà sembrare un immenso prologo alla saga, un antipasto in attesa di vedere eventi ben più importanti all’interno del secondo libro. Allo stesso tempo può far storcere il naso l’utilizzo dei personaggi femminili nel romanzo.
Se si escludono Ferro e Ardee, Abercrombie non sembra sfruttare al meglio le donne dei propri romanzi. Esse rimangono sempre in secondo piano, quasi fossero distanti dagli eventi principali del racconto. Una scelta che sembra essere funzionale all’ambientazione descritta, quella di una società ancora fortemente patriarcale, ma che può risultare difficile da accettare per qualche lettore. Eppure non vi è alcun maschilismo presente in Abercrombie: quando i personaggi femminili emergono vengono dipinti in maniera magistrale. Semplicemente l’autore sceglie la coerenza verso la propria ambientazione, scegliendo di non forzare la trama.