Abbiamo provato la versione riveduta e corretta di Princess Maker, capostipite di una serie di videogiochi cult in Giappone sviluppata in tempi non sospetti dagli autori di Evangelion
e non avete mai sentito parlare di Princess Maker, non preoccupatevi, non è così strano. Si tratta infatti di una serie di videogiochi molto famosa in Giappone, che in seguito è stata tradotta per il mercato occidentale, rimanendo però appannaggio dei più irriducibili studiosi di generi di nicchia dall’appeal prettamente nipponico. Il gioco di cui vi parliamo oggi, per la precisione, è il capitolo originale, la cui prima iterazione risale al 1991, per poi essere localizzato solo nel 2017 in lingua anglofona, e che oggi a 5 anni di distanza, viene rilanciato con un ulteriore aggiornamento, tra cui figura una nuova introduzione animata e varie ottimizzazioni dei dialoghi. Per chi non lo sapesse, la particolarità di Princess Maker è di essere stato prodotto dallo Studio Gainax. Esatto, proprio gli autori di anime cult come Neo Genesis Evangelion, Nadia: il mistero della pieta azzurra,Gurren Lagann e molti altri.
Il sottoscritto non conosceva affatto questa parentesi videoludica del celebre team artistico, ecco perché mi sono approcciato a Princess Maker con una certa curiosità. Ma la logica mi suggeriva che essendo un prodotto Gainax mi sarei quanto meno dovuto aspettare due cose: una narrativa di un certo livello, e un comparto artistico di spessore. Purtroppo, mi spiace doverlo dire, ma le mie aspettative si sono sgretolate come neve al sole su entrambi i fronti alla prova dei fatti. Ma andiamo con ordine. Cos’è esattamente Princess Maker? Difficile definirlo usando la terminologia solitamente applicata ai videogiochi odierni. Potremmo definirlo un social simulator volendo. Ma attenzione, siamo più dalle parti di una versione più complessa e articolata dei Tamagochi tanto in voga negli anni ’90, che qualcosa che può ricordare The Sims.
Il concept è estremamente semplice: in un mondo costruito intorno ai classici stilemi del medieval fantasy, impersoniamo un giovane guerriero che adotta una bimba di 10 anni, e sarà nostro dovere farle da mentore, educandola al meglio delle nostre possibilità in modo da dirigerla verso un destino che si compirà allo scoccare dei suoi 18 anni. Il nostro scopo sarà infatti quello di decidere le attività della bambina scandite da un calendario da riempire mese dopo mese, ripartito in set da 10 giorni, in cui potremmo decidere se farle studiare diverse materie o lavorare in svariate mansioni per tirare su qualche soldo, stando attenti anche al suo umore, condizione determinante per la riuscita o meno delle attività sopracitate. Non si potrà quindi farla sgobbare sempre, ma sarà nostra premura ritagliarle anche dei giorni di riposo in modo da farle diminuire la fatica, e mandarla in vacanza per accrescere il suo umore e motivazione, cosa possibile anche rivolgendole delle frasi motivazionali in prima persona. Questo è lo scheletro di un gioco che, di fatto non ha un vero scopo, non c’è un percorso predeterminato.
Che noi falliamo nell’educazione portando a termine il suo percorso con attitudini poco sviluppate o che decidiamo di puntare più su una formazione fisica e marziale piuttosto che accademica, giungeremo comunque alla conclusione del gioco, la quale ci mostrerà un epilogo diverso -tra i tantissimi previsti- per la nostra principessa. In realtà esistono molti elementi di contorno che stratificano la formula, come la possibilità di partecipare ad attività paesane, lanciarsi all’avventura con adeguato equipaggiamento in un minigame che prende la forma di un GDR a dir poco rudimentale o superare test per accedere a livelli di formazione sempre più alti. Ma fondamentalmente, il gioco è davvero molto statico, quasi algoritmico, in cui si presta attenzione a mantenere un certo equilibrio tra le statistiche in una routine ludica che si ripete ancora e ancora fino alla fine e senza variazioni. La mia delusione iniziale deriva proprio da questo. Mi aspettavo da Gainax quanto meno una componente visual novel che portasse avanti un qualche tipo di racconto, o desse spessore al contesto e al personaggio. Paradossalmente invece hanno puntato su un prodotto radicalmente ludico senza influenza alcuna delle loro originali skill per cui sono famosi, che forse potremmo al massimo ritrovare in qualche modo nel character desing, curato da Takami Akai, e che ricorda un po’ lo stile vintage dello studio. Piacevole senza dubbio, ma l’esiguo numero di illustrazioni che compone l’opera non permette certo di renderlo cosi imprescindibile da questo punto di vista.
Princess Maker -soprattutto il primo capitolo considerando quanto i seguiti abbiano rifinito e smussato alcune cose- è un titolo veramente elitario, o ci si fa prendere dal gameplay statistico e matematico del titolo, o è facile che venga a noia. Dal canto mio, mi sono reso conto di far parte della seconda categoria, ma ciò nonostante mi sono davvero sforzato di entrare nell’ottica del titolo prendendolo per quello che è. Ma anche così non ho potuto che riscontrare qualche difetto, uno che mi sembra poco opinabile, mentre l’altro potrebbe anche essere visto come pregio. Innanzitutto il denaro è una variabile troppo importante nel gioco e determina la possibilità di poter accedere a qualunque attività per la nostra principessa, compreso riposare o andare in vacanza. Troppo spesso diventa più importante guardare il portafoglio che pensare alla sua formazione, e il fatto di doverla mandare sin dalla tenera età sempre a lavorare per fare qualche spiccio… Non lo so, mi ha tirato fuori dalla “simulazione di papà” qualche volta, sembrandomi un approccio necessario per il gioco ma poco ortodosso nelle mie virtuali vesti genitoriali.
Il secondo problema è che il gioco ha troppe variabili insondabili e indeterminabili, non è facile capire una giornata sarà produttiva o fallimentare, sembra ci sia un fattore casuale che determina un po’ il tutto, salvo studiarsi con multiple partite l’effetto di ogni singola statistica. Da un certo punto di vista questo può far piacere a chi cerca qualcosa di intellettualmente più stimolante, e come detto, incentiva rigiocare il titolo diverse volte. Penso però che si tratti di una sfida un po’ artificiosa nel momento in cui dare più ragguagli sulla componente causa/effetto per capire effettivamente come pianificare le giornate della piccola servirebbe a rendere l’esperienza più pensata fruibile e di conseguenza piacevole dal primo momento.
Certo sono giochi d’altri tempi, forse oggi siamo troppo abituati ad avere tutto chiaro da subito, ma non posso davvero ignorare il fatto che pur provando a curare umore e stato di fatica della aspirante principessina, molto spesso falliva comunque nei suoi intenti quotidiani. Detto questo, Princess Maker rimane un gioco seminale per una pletora di titoli che successivamente ne avrebbero seguito l’imprinting espandendolo in svariate derive personali. Quindi risulta interessante da questo punto di vista. Inoltre penso che il suo gameplay non sia da buttare via ma richieda un approccio purista. È un gioco meccanico, che però può anche creare un loop assuefacente come fanno tanti titoli mobile oggi. Probabilmente il suo gameplay che si presta molto ad una fruizione mordi e fuggi sarebbe perfetto come passatempo portatile da smartphone, e quasi dispiace dover rimanere inchiodati alla poltrona del PC per giocarlo. Princess Maker è un titolo paradossalmente per tutti eppure per pochi, che non si affida più di tanto ai nobili natali dei suoi autori ma che come detto può a prescindere rivelarsi uno “schiacciapensieri” intrigante ed economico a quanti cercano qualcosa che in un modo o nell’altro, dalle nostre parti è considerato tutt’oggi originale.