L’immaginario erotico a fumetti, tra spadaccine e vampire
Si fa presto a dire: “Valentina”, ma il fumetto erotico italiano ha una lunga e consolidata tradizione che – portata avanti da mani meno autoriali – spesso è trascurata. Al di là del caschetto più famoso della nona arte, infatti, numerose eroine hanno svezzato la fantasia erotica dei lettori della penultima generazione, svolgendo il fondamentale ruolo che per i più giovani ha magistralmente svolto il web.
Ma, al di là delle piacevoli ricadute che questi fumetti hanno avuto sui lettori, quali sono i titoli che un cultore dell'(auto)erotismo vintage può andare a riesumare?
La duchessa del fumetto erotico italiano: Isabella
Un nome a cui sicuramente attribuire un grande impulso dato a questo genere, è quello di Renzo Barbieri, scomparso a Milano il 23 settembre di dodici anni fa. A Barbieri e alla sua casa editrice Edifumetto si deve l’intuizione che ha fatto diventare le protagoniste di questo genere di fumetti delle donne acute ed emancipate, avventurose sessualmente e non solo. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare in un primo momento, infatti, queste donne – di cui Isabella è stata la capostipite – non sono degli oggetti alla mercé del desiderio dei loro comprimari maschili, ma individui ben determinati, con obiettivi di alta levatura.
Nel caso di Isabella, abbiamo a che fare con una bella e bionda orfana cresciuta tra gli zingari. Una volta adulta, la ragazza scopre le sue vere origini e decide di attuare una vendetta a suon di spada, intrighi e seduzione. Questo semplice intreccio ha dato vita a ben 263 pubblicazioni, le prime 19 nel 1966 e le ultime 244 del ’67 al ’76. La seconda serie (quella più longeva) fu giustificata sia dal grande successo del genere, che ormai si popolava di eroine sempre nuove, sia da quello della più famosa Angelica, dalle cui vicende furono tratti diversi film molto in voga in quel decennio. A mettere le mani sul fumetto di Isabella, oltre a Barbieri, anche lo sceneggiatore Giorgio Cavedon e i disegnatori Sandro Angiolini, Gaspare De Fiore, Umberto Sammarini, che le hanno dato le fattezze esuberanti della bellissima Brigitte Bardot. Dal fumetto è stata tratta anche una versione cinematografica intitolata Isabella la duchessa dei diavoli, in omaggio a una delle sue avventure, che non ebbe però grande successo.
Il fumetto erotico italiano: cappa, spada e vampire
In alcune delle avventure della bionda spadaccina (qualità di mano che si presta piuttosto bene ad interpretazioni ambigue), fa la sua comparsa la vampira Jacula, a cui saranno dedicati ben 327 albi. Erano, d’altra parte gli anni della commedia sexy all’italiana, popolata da omini di medio fascino e donnone procaci. Il trend, quindi, era più che favorevole e dal 1969 Jacula – una vampira dal nome piuttosto esplicativo – diventò la protagonista di una saga tutta sua. Con Jacula il genere nero e il genere erotico si intrecciano, entrando in un filone che sarà piuttosto ricorrente nella produzione italiana di quel periodo. Da sempre, in fondo, eros e thanatos sono stati due concetti intrinsecamente legati – sapevate che in Francia l’orgasmo è anche chiamato la petite mort? – tant’è che moltissime protagoniste del genere horror, anche nel cinema, sono ragazze giovani e avvenenti.
C’è un sottile piacere erotico da parte dello spettatore nel veder massacrare una donna seminuda, in un corpo a corpo con arma bianca che suona decisamente come un amplesso sadomasochista. Al di là della simbologia fallica del pugnale, del piccone e del variegato arsenale di un villain da horror – di una semplicità tale da non scomodare neanche Freud e compagnia cantante -, le storie di Jacula non si sforzano neanche di cimentarsi nella metafora e mostrano spesso e volentieri la protagonista alle prese con amplessi decisamente freak.
Insieme a Jacula, nel 1978 fa la sua apparizione Sukia (ritengo sia superfluo commentare ancora una volta il nome), mentre nel 1972 è pubblicata la prima avventura di Zora la Vampira (che forse molti di voi conosceranno per il film dei Manetti Bros ispirato al suo personaggio). In entrambi i casi, queste eroine (o anti-eroine, nel caso di Sukia) vivono avventure più o meno complesse, che fanno da cornice a momenti in cui possono divertisti con questo o quel personaggio. I concept di base, la loro backstory e tutto quello che definisce la linea narrativa delle loro vicende, non puntavano a chissà quali concetti intellettuali (diversamente dal Crepax e dalla sua fotografa), ma creavano il giusto pretesto per mostrare atti di erotismo più o meno espliciti. Alla fine, chi è che guarda i porno per la trama?
Leggere il fumetto erotico di Barbieri oggi
La carrellata di titoli potrebbe continuare ancora a lungo, regalando perle del genere come la versione erotica di Biancaneve e i pruriti anni Ottanta de La poliziotta. In particolare, nel primo caso abbiamo una rivisitazione della fiaba dei fratelli Grimm in cui la timida e ingenua fanciulla dai capelli corvini se la fa con tutti e sette i nani, e nel secondo assistiamo alla lotta contro il crimine da parte di una bionda e prosperosa agente di polizia.
Ora chiediamoci: cosa c’è di atrocemente sbagliato in questa copertina? Se non sapete darvi una risposta, allora abbiamo un problema.
Certo, la contestualizzazione storica di questo prodotto ci porta a considerarlo per quello che è: una raffigurazione ben fatta dell’immaginario erotico imperante all’epoca. Tuttavia, per quanto abbiano fatto anche loro la storia del fumetto e del costume italiano, i tascabili di Barbieri ora sarebbero impensabili. Le eroine, la cui disinibizione era venduta come libertà sessuale, erano spesso al centro di situazioni a dir poco degradanti. La loro stessa voracità connotava come uno stigma la donna post-rivoluzione sessantottina che affermava la propria autodeterminazione e la propria libertà di scelta e di comportamento. Non a caso, questi erano prodotti scritti e disegnati dagli uomini, per un pubblico maschile e – checché se ne dica – di femminista hanno poco o niente.
Dirci che questa visione della donna è ormai ampiamente superata sarebbe come nascondere la testa sotto la sabbia: il fuoco sui personaggi talvolta osserva ancora la donna con cocente miopia. Prendiamo questa occasione per guardare con accondiscendenza a prodotti talmente espliciti e scorretti da ricadere quasi nell’ingenuità, ma anche per domandarci: davvero basta una protagonista femminile per parlare di eguaglianza di genere all’interno dei media?