Dampyr 194: La Città Abbandonata
26 Aprile 1986. Alle ore 1 e 23 circa, presso la central nucleare V.I Lenin, situata in Ucrania, accade il famoso disastro destinato a cambiare per sempre il parere dell’opione pubblica riguardo a quel tipo di energia alternativa. Quello che non tutti sanno è che una città vicina, Pripyat, è stata evacuata subito dopo l’incidente e da allora è disabitata. Ed è proprio qui che ci porta la narrazione, a trent’anni precisi dal terribile evento. Una comitiva di turisti tedeschi si è infiltrata nella metropoli fantasma oltre l’orario consentito, accompagnata da uomo originario del luogo che sembra conoscere quei vicoli come le sue tasche. Ma di loro non resta traccia. Solo la guida, Fyodor, sopravvive, dopo aver vagato per mesi nei boschi con una gamba mutilata e diverse ferite al corpo, anche se non è piu lo stesso…
Dopo i botti de I Misteri di Cagliari, Harlan Draka e compagni sono i protagonisti di un avventura più in linea con i consolidati schemi narrativi della testata. Luigi Mignacco, in questo senso, orchestra una trama gradevole, molto classica, senza sbagliare mai un colpo. Il risultato è una storia solida che sa dare nuovo lustro ad alcuni dei pezzi migliori del repertorio della casa, rimettendo in scena i Grandi Antichi, il cui spazio sta aumentando proporzionalmente sulle pagine della serie. Andrea del Campo realizza dei disegni incredibili, terrificanti e orrorifici, talmente nitidi da dare la sensazione di essere circondati dai mostri e dalle atmosfere vuote di Pripyat. Un albo perfetto per chiunque voglia fare conoscenza con la creatura di Mauro Boselli e Maurizio Colombo.
Voto: 7.2
Morgan Lost 7: Vulcano 7
20 Ottobre 1953, un giorno memorabile nella storia dell’umanità. Il modulo Vulcano 7 si prepara a sbarcare sul suolo lunare, portando per la prima volta l’uomo sulla superficie del satellite. Ma proprio quando la spedizione sembra incamminarsi lungo la strada della gloria eterna, l’astronauta Duncan Dredd elimina gli altri membri della sua squadra e poi si toglie la vita, in un raptus di follia apparentemente inspiegabile. É diventato l’autore del più famoso omicidio che sia stato compiuto, davanti agli occhi di quattro miliardi di telespettatori inermi. Toccherà a Morgan Lost, direttamente dalla Terra, cercare di dare un senso al caso più incredibile che gli sia mai capitato tra le mani.
Arrivati a questo punto, dopo ben sette uscite seguite da un importante interesse mediatico e di pubblico, il nuovo eroe della scuderia Bonelli non è più una sorpresa. Eppure, si fa ancora fatica a capire dove esattamente sia diretta la serie, che fin qui ha regalato una miniera di numeri stupendi, pieni di idee geniali, stravaganti e particolari, come la mente del suo autore. Il delirio notturno tinto di rosso e incubi creato da Claudio Chiaverotti è una calamita irresistibile, però manca qualcosa che lo sublimi, che lo completi. La sensazione è che la mensilità serrata gli vada stretta e che gli incipit stupefacenti alla base delle storie si esauriscano troppo in fretta rispetto allo spazio che meriterebbero. In questo numero, l’inizio è pura dinamite, una delle migliori sequenze degli ultimi anni, tanto che il resto perde inevitabilmente qualcosa al confronto, nonostante la solidissima sceneggiatura e i ricchi disegni di Andrea Fattori. Un fumetto per certi versi esaltante che dimostra ancora una volta tutto quello che c’è di buono in Morgan Lost.
Voto: 8
Ut 2: Le Vie dei Mestieri
Iranon, il “Fossile”(come lo ha teneramente battezzato Ut), continua la ricerca del suo passato e, nella speranza di scoprire qualcosa di nuovo su Hog e sulle Case, e conosce Labieno, un artista organico capace di plasmare opere d’arte vive. Quest’ultimo chiede il suo aiuto nella caccia ad un vandalo che sta deturpando i suoi lavori. Ut e Iranon devono riportare due statue fuggite da un misterioso “Cancello” che rischia di andare in pezzi. Questo consente loro di entrare in contatto con le creazioni dello straordinario scultore, scoprendone i turbamenti e le angosce più profonde.
Il lavoro partorito dalla mente di Corrado Roi e filtrato dalla penna di Paola Barbato torna in edicola con il suo secondo episodio, ampliando e riprendendo i temi del precedente numero. Abbiamo Iranon che cerca svelare nuovi particolari del suo passato e Ut che procede nel racconto delle sue origini alla bambina conosciuta nel precedente albo, le Vie della Fame. Il rapporto dei due protagonisti principali si sta pian piano evolvendo, trasformandosi in una bizzarra amicizia ironica e tenera al tempo stesso. In questa storia si trovano coinvolti nella faida tra lo scultore genetico Labieno e il suo nemico Scotti, il cui scontro sfocia quasi sempre in una fortissima simbologia che riflette sul destino dell’arte e dell’esistenza. Abbiamo un cancello animato che rappresenta la vita nella sua visione panteistica, il collegamento tra l’inizio e il finito, la distanza che ci separa dalle cose ma che, tuttavia, riusciamo comunque a vedere. Abbiamo statue staccate dal “tutto” da cui provengono e che, per sopravvivere, credono di potersi alimentare con le monete. In definitiva, com’era prevedibile, abbiamo un secondo episodio che si dimostra in linea con le premesse del precedente ma che ampia il raggio d’azione e la potenza della sua ideologia. Per farla breve, dopo la dovuta introduzione, Ut è entrato nel vivo.
Voto: 7.8
Julia 212: Il Manoscritto K
Iniziamo dalla copertina, di Cristiano Spadoni: splendida, davvero. Ma visto che un libro non si giudica (solo) dalla copertina, diamo pure un’occhiata ai contenuti. La trama, ideata e sceneggiata da Giancarlo Berardi e Maurizio Mantero, parla di un fantomatico Manoscritto K, ovvero un’opera mai pubblicata e rimasta segreta di Franz Kafka. Il valore di tale manoscritto è ovviamente altissimo ma i possessori sembrano morire tutti in circostanze misteriose. Julia Kendall viene quindi interpellata nientemeno che dall’FBI, per dare il proverbiale aiuto a risolvere il caso, o meglio, i casi. Non vi aspettate il solito numero, però, perché anche il ladro gentiluomo Tim O’Leary è della partita, e lo vedremo andare con Julia sotto copertura in Svizzera, per rintracciare il capo di un’organizzazione terroristica, “Mondo Nuovo” (ehr…), e sventare i suoi piani futuri.
Il titolo, che poteva suggerire una trama simile a il Nome della Rosa, è quindi fuorviante in questo senso, dato che il manoscritto rimane sullo sfondo come mero obiettivo della missione. Julia 212 è una spy story, un po’ thriller un po’ truffa, un intrigo dal gusto internazionale. L’intesa tra i due colleghi improvvisati funziona, entrambi costretti a vestire mentite spoglie, e fa da giusto contraltare all’approfondimento dei sentimenti di Julia, a pochi chilometri dal suo partner, a Genova, e tristemente divisa a metà tra lavoro (per quanto forse si tratti di straordinari) e amore. I disegni, di Federico Antinori, sono splendidi e super-efficaci nel tratteggiare, con precisione e intensità, storia, emozioni e espressioni dei personaggi, buoni e cattivi. Tra i difetti, minori e trascurabili, c’è forse qualche incertezza nel montaggio, tra una sequenza e l’altra: mentre alcune si prendono giustamente il proprio tempo, in linea con il ritmo della testata (qui solido, ma comunque non adrenalinico), altre si chiudono un po’ bruscamente. Ma niente di che. È un gran numero.
Voto: 7.6
Dylan Dog 356: La Macchina Umana
Difficile, difficilissimo recensire questo Dylan Dog. La prima e migliore cosa da dire sarebbe: “leggetelo”. È molto improbabile, anagraficamente, che La Macchina Umana non parli più o meno direttamente anche a voi. Troviamo Dylan a lavorare per la Daydream, azienda consociata della Ghost Enterprise. Niente domande. O meglio, un sacco di domande nella vostra testa, ma nessuna risposta. Non ora, prima bisogna finire di lavorare. Quanto sarà difficile trovare un po’ di tempo per…
Di che stavamo parlando? Bisogna lavorare. Ci penseremo dopo. Dylan Dog 356 è una rappresentazione alienante e alienata del mondo del lavoro attuale. Le prime pagine sono un pugno nello stomaco, le successive un calcio, quelle dopo un’altra umiliazione. Il tutto condito da un’atmosfera labirintica e claustrofobica allo stesso tempo, un clima umido, un sudore depresso… Lavoro, lavoro, lavoro. E non potrebbe esistere nemico peggiore.
Alessandro Bilotta dirige magistralmente i fili di una trama senza uscita, che non finisce anche quando finisce, che non è disposta a regalare gioie o lieto fini quanto ad analizzare con occhio quasi per nulla allegorico una realtà più che mai presente. Dylan Dog incarna il perfetto protagonista, un giovane con dei sogni sbiaditi, degradati a vaghi ricordi, deliri, e costretto a compromessi totali. Può contare solo su Groucho, filosofo sociale, e su un colpo di fortuna, forse. Forse neanche quello. Gli splendidi disegni di Fabrizio De Tommaso esprimono tutta la ruvidezza e la cupezza necessarie, e anche di più, e la copertina di Stano è perfetta nel raffigurare quest’incubo in una sola iconica immagine. Concettualmente, Dylan Dog è la ricerca di una sensazione, di una vibrazione, e questo numero mette i brividi, ad ogni linea di dialogo e ad ogni vignetta.
Voto: 8.2
Orfani 8: Stati d’Alterazione
Stiamo entrando nella fase finale della terza stagione di Orfani. Rosa non è più incinta, ormai già da un paio di numeri. La sfida era difficile: dimostrare che l’identità di Orfani: Nuovo Mondo, da subito caratterizzato fortemente dalla gravidanza della nostra eroina e dai suoi oneri, potesse sopravviverle. In questo numero non potrebbe renderlo più chiaro e in modo migliore. Stati d’Alterazione racconta della discesa di Rosa in fondo al pozzo, una comunità di profughi “tollerata” a determinate condizioni. Condizioni che Rosa vuole infrangere in toto. Ma nemmeno il pozzo è un posto facile: per scalarne la gerarchia bisogna farsi spazio, a suon di legnate, nell’Ottagono, un ring di lotta dove tutto è permesso. Completano il quadro un paio di vecchie conoscenze (neanche troppo vecchie) e un paio di sequenze oniriche, ormai quasi presenza fissa della terza Stagione ma in questo numero più forti del solito.
Ad ogni modo, dove questo capitolo brilla di più è nei momenti di pura emozione (sebbene almeno in un caso questa coincida con l’azione), di auto-riconoscimento, di nuova coscienza, di nuova forza. Rosa, separata dal suo bambino, separata dal suo mentore fantasma, che rimanendo troppo a lungo come “spalla” rischiava di soffocare la figura nascente della nuova protagonista, è ora davvero pronta a dimostrare che lei, anche da sola, può essere abbastanza forte da sovvertire le sorti di un pianeta. E abbastanza grande da farci innamorare. Diavolo, per un momento, e credo capirete quale, ci ha fatto persino dimenticare di Ringo.
Roberto Recchioni, padre della serie e supervisore fisso, stavolta in compagnia dell’ottimo Giovanni Masi, per quanto riguarda i testi, sempre asciutti quanto incisivi. Ai disegni, consueto avvicendamento di due disegnatori, Luca Casalanguida per le tavole “normali” e Werther Dell’Edera per le sequenze oniriche, e consueto lavoro eccezionale da parte di entrambi. Lo stesso per i colori di Stefania Aquaro. Ah, e neanche a dirlo, copertina stra-fica di Matteo De Longis.
Voto: 8