Il regista Mario Martone firma Qui rido io, film biografico incentrato sulla figura del mattatore Eduardo Scarpetta
Originario di Napoli, il regista Mario Martone ha dimostrato più volte nel corso della sua carriera un particolare attaccamento affettivo alla tradizione culturale della sua città natale. Dando uno sguardo anche solo ai suoi lavori più recenti, si può notare un pattern nella rappresentazione romantica e sospesa nel tempo di Napoli (e dintorni) che attraversa Capri-Revolution, Il sindaco del rione Sanità e Il giovane favoloso, film sulla vita di Leopardi ambientato per buona parte degli ultimi atti proprio nel capoluogo campano. Essendo Martone originario anche del mondo del teatro, risulta quasi una naturale conseguenza che la sua nuova opera, Qui rido io, narri la storia di uno dei più grandi attori della commedia napoletana: Eduardo Scarpetta.
Toni Servillo interpreta Scarpetta
Ambientato agli inizi del Novecento, Qui rido io racconta gli ultimi anni di palcoscenico dell’attore e capocomico Eduardo Scarpetta, interpretato da un magistrale Toni Servillo. Scarpetta si trovava in quegli anni sia al culmine della sua popolarità che alla fine di quella che nella storia del teatro è stata definita l’epoca del “Grande Attore”. Si tratta di un periodo del teatro italiano che va dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’esplosione del cinematografo. È un’epoca contraddistinta da attori che svolgevano non solo il ruolo di interprete principale e autore dei testi, ma anche direttore di compagnia e proto-regista teatrale (il ruolo della regia teatrale ancora non esisteva, arriverà poi dalla Russia agli inizi del secolo successivo). Per la loro capacità di “tuttofare” da palcoscenico, prendevano spesso l’epiteto di mattatore, e alcune delle figure centrali dell’epoca erano sicuramente Adelaide Ristori, Tommaso Salvini o Eleonora Duse.
Eduardo Scarpetta si colloca alla fine di questo grande periodo del teatro italiano, e allo stesso tempo, parallelamente ai grandi mattatori dell’epoca a causa del suo repertorio prediletto, la commedia, che veniva spesso ritenuta un genere di “basso livello”. Il suo personaggio più famoso, ovvero don Felice Sciosciammocca da Miseria e Nobiltà, altro non è che una maschera ai pari di Arlecchino e Pulcinella. Nel film, Scarpetta inizia a soffrire di questa poca considerazione artistica quando il poeta Gabriele D’Annunzio lo cita in giudizio per plagio a causa di una parodia di una sua opera teatrale.
Con Qui rido io Martone racconta quindi perfettamente la crisi autoriale (e a tratti psicologica) di un uomo che vede la sua carriera andare lentamente verso la fine; che vede la sua autorevolezza artistica sfuggirli di mano e traslare verso una nuova generazione di autori. Lo Scarpetta di Servillo è una figura gigantesca e rappresentante di moltissime cose: è un capocomico in grado di muovere le masse a teatro, ma è anche un padre di una famiglia che sembra non avere confini. Eduardo Scarpetta ha avuto da svariate mogli moltissimi figli, molti dei quali non ha mai riconosciuto. Tra questi figurano i nomi celebri di Eduardo, Peppino e Titina De Filippo, che diverranno nel corso del Novecento figure principali sia del teatro che del cinema italiano.
Qui rido io è quindi sì la storia biografica della fine carriera di Eduardo Scarpetta, ma è anche la storia dell’inizio nel mondo dello spettacolo dei fratelli De Filippo. Tittina e Peppino finiranno per recitare in grandiose commedie all’italiana al fianco di Totò, mentre Eduardo porterà avanti la tradizione del teatro napoletano superando anche il padre in termini di successo e impatto culturale. Sia l’interprete principale Toni Servillo, che il regista Mario Martone, hanno portato in scena più volte nel corso del tempo i drammi e le commedie di Eduardo De Filippo. Questo trascorso con l’autore napoletano, dona un altro spessore a Qui rido io, che prende la forma di una vera e propria lettera l’amore alla tradizione artistica di Napoli.
Nel film appaiono tra gli altri il sopracitato Gabriele D’annunzio (Paolo Pierobon), con il quale si va a creare tutto il conflitto scatenante della storia, ma anche Benedetto Croce (Lino Musella) e tantissime altre figure intellettuali dell’epoca.
La vera star del film senza dubbio Toni Servillo, attore che ci ha sempre abituato a ruoli di altissimo livello e quest’ultima opera riesce a donare una delle interpretazioni più brillanti della sua carriera. La regia di Martone invece non è sempre all’altezza delle aspettative. Gli attori sono diretti eccellentemente (soprattutto per quanto riguardi i più piccoli), ma la cinepresa non sempre viene messa in campo in modi che aiutano la narrazione o esaltano l’estetica di Napoli. Ciononostante, Qui rido io riesce allo stesso modo a portare in scena lunghe sequenze d’impatto a cui è impossibile staccare gli occhi di dosso.
Con Qui rido io Martone firma in definitiva un’opera che è anche un po’ la summa autoriale della sua intera carriera: si conciliano insieme il suo amore per la città e per il teatro così come per la tradizione artistica italiana. Racconta una storia che è sia l’epilogo di un grande autore, che il prologo di alcuni dei grandissimi volti della cultura popolare del XX secolo. Un film imprescindibile per chiunque voglia (ri)scoprire una storia sconosciuta ai più, ma che è anche Storia di un uomo, di un’arte e di un paese.