Rage 2: Inizia il nostro secondo viaggio nella Wasteland. Ma questa volta guida Avalanche Studios.
Ci sono moltissimi modi per iniziare una recensione del post-apocalittico Rage 2: si potrebbe cominciare dalle (non interessantissime, a dire il vero) premesse del nostro viaggio nella Wasteland (chiamata “Zona devastata” nella traduzione italiana); oppure si potrebbe imbastire un parallelismo fra il presente titolo e Mad Max, considerata pure la comunanza di sviluppatore; oppure, ancora, ci si potrebbe chiedere se Avalanche Studios sia riuscita dove non riuscì pienamente id Software otto anni fa con il primo Rage.
Io, invece, vorrei iniziare da ciò che mi ha maggiormente colpito di Rage 2: l’ossessione per i perk. Al termine dei primi minuti di gioco, Walker, il nostro (o la nostra: sta al giocatore sceglierne il genere sessuale) protagonista, viene dotato di un’armatura da combattimento Arcaica, che può acquisire nuove funzioni (ad esempio, il doppio salto e il defibrillatore, per sfuggire alla morte) grazie alle sequenze nanotritiche contenute nelle Arche. Sempre nelle Arche possiamo trovare nuove armi, a cui vanno sommati vari gadget dell’inventario. Tornano, poi, i veicoli, che costituivano una fetta importante del gameplay del primo Rage.
Ebbene, tutte le cose che abbiamo citato sopra sono potenziabili (la maggior parte di queste con uno skill tree) tramite l’utilizzo di altrettante “valute” diverse (potenziamenti nanotritici, feltrite, mod arma, ecc.). Come se ciò non bastasse, esistono i progetti, i quali, tramite la spendita di punti progetto, danno accesso a nuovi e utilissimi perk. Ah, dimenticavo l’ovvio: è possibile aumentare anche parametri come danno e salute andando dal Robodottore.
In sostanza, tutte le attività a cui vi dedicherete in Rage 2 saranno ricompensate (quando non siano addirittura direttamente finalizzate in tal senso) con un qualche punto che vi servirà a sbloccare un qualche perk, allo scopo di rendervi sempre più forti, dopo non molte ore pressoché immortali; a quel punto, vi converrà alzare il livello di difficoltà (il gioco consente di farlo in ogni momento) per mantenere un minimo di mordente.
Un open world non perfetto…
Questo sistema è efficace e provoca assuefazione, quindi riesce a coprire la pochezza di altri comparti, primo fra tutti quello narrativo, che si dipana lungo otto missioni che non lasciano il segno e non portano via molte ore. Per ovviare a questo problema, la main quest è stata annacquata, obbligando il giocatore a svolgere alcuni incarichi secondari prima di sbloccare le ultimi missioni legate ai tre diversi committenti, ciascuno dei quali farà la sua parte nel progetto Daga, grazie al quale Walker potrà sconfiggere l’Autorità, che era il principale nemico anche nel primo Rage, che precede il sequel di trent’anni nella timeline. Ad ogni modo, anche con questo “accorgimento” la main quest si aggira intorno alla decina di ore procedendo spediti.
Ma ha senso affrontare in rapidità un open world? Non troppo, soprattutto nel caso di Rage 2, che riesce facilmente a distrarre il giocatore: capita spesso durante il tragitto di imbattersi in venditori ambulanti, posti di blocco, covi di bulli e convogli, se non addirittura Arche o tane di mostri… e che fai, non ti fermi a dare un’occhiata?
Sicuramente ci sono un sacco di tesori che aspettano solo di essere raccolti… D’altro canto, le attività previste sono numerose e richiedono decine di ore per essere completate, anche se alla lunga è inevitabile un certo senso di ripetitività, che potrebbe fare capolino intorno alle venti ore, non tantissime per un open world. In assenza di modalità multiplayer, non ci resta che aspettare per scoprire quanto saranno incisive le espansioni già in parte annunciate.
… ma che sa divertire
Giunti a questo punto, non bisogna però dimenticare che stiamo parlando di un FPS, quindi ciò che vi terrà incollati allo schermo è soprattutto il gunplay. Fortunatamente, sotto quest’aspetto non c’è molto da recriminare: Rage 2 è degno di appartenere alla prestigiosa scuderia di id Software e si avvicina alle vette toccate da Doom nel 2016, grazie a un ottimo ritmo e a una efficace risposta ai comandi. Complessivamente Rage 2 è più frenetico, soprattutto in virtù dei potenziamenti che via via si acquisiscono, ma la fluidità dei movimenti di Doom rimane irraggiungibile.
Il giudizio si fa meno entusiastico quando si passa dalle armi al volante (o al manubrio), anche se la situazione è migliorata rispetto al primo Rage, soprattutto grazie all’open world.
I combattimenti a bordo dei veicoli rimangono semplicistici e ripetitivi, ma vanno visti per quello che sono, cioè una componente ancillare del gameplay, che punta fondamentalmente sulle sparatorie a piedi; i veicoli sono un mezzo comodo per esplorare la Zona devastata e godersi i nuovi biomi che l’umanità è riuscita a ricreare in alcune regioni per ovviare al problema della desertificazione, che rendeva piuttosto monocorde il primo Rage. Peccato che la main quest sia appena abbozzata e non valorizzi questo aspetto…
Siamo sulla giusta strada?
Giunti al termine di questa disamina, non posso che chiedermi se Rage 2 costituisca realmente un passo avanti rispetto al predecessore: sviluppa diverse componenti positivamente, ma nel complesso non si può dire che sia un’esperienza ludica di gran lunga migliore, al netto degli anni che separano i due giochi.
Forse più che un passo avanti, è un passo verso la strada giusta: ora abbiamo un open world tout court, che è stato in grado di ampliare anche le altre componenti del gameplay; in futuro speriamo di avere un Rage 3 che sia in grado di aggiungere anche la sostanza che serve per rendere l’avventura indimenticabile. Possibilmente mantenendo intatta la sua coloritura grottesca, demenziale e ignorante.