Il realismo magico di Samantha Schweblin e Massimo Bontempelli: due romanzi lontani nel tempo, ma vicini nello spirito
Cosa rende una persona quella che è? Il corpo, la mente, l’anima immortale; quale delle due navi – la vecchia o la nuova – è veramente la nave di Teseo? Due opere di intrattenimento, una recentemente arrivata su Netflix sotto forma di adattamento cinematografico e una appartenente al Novecento letterario italiano – appena ristampata da Utopia Editore – riflettono sull’identità partendo da due storie di bambini spezzati, scambiati, sovrapposti.
Amanda è in vacanza con la figlia, Nina. Il marito le raggiungerà a breve e la casa che hanno affittato ha una piscina in cui passare le oziose giornate di sole in compagnia di Carla, una donna del luogo da cui Amanda si è sentita subito affascinata. Ma quando incontriamo Amanda – nelle prime pagine di Distanza di sicurezza, il romanzo breve di Samantha Schweblin pubblicato in Italia nel 2020 da SUR con traduzione di Roberta Bovaia – la giovane donna è intenta in un serrato dialogo con David, il figlio di Carla. Sarà attraverso questa rievocazione che chi legge scopre la verità sul bambino, sulla situazione di Amanda, sul destino della piccola Nina. Il romanzo, pubblicato in lingua spagnola nel 2014, tradotto in inglese con il titolo Fever Dream nel 2017 – anno in cui ha vinto anche lo Shirley Jackson Award nella categoria Best Novella – ed entrato nel catalogo Netflix il 13 ottobre grazie all’adattamento scritto e diretto dalla sceneggiatrice e regista peruviana Claudia Llosa, è una storia gotica di fantasmi e presenze che infestano un’intera città, ma è anche un grido di dolore della terra che calpestiamo e abusiamo ogni giorni. Se è infatti innegabile la critica ecologica che traspare dal romanzo e dal film omonimo – un preciso quanto irrilevante adattamento del testo che vede come protagonista l’attrice spagnola María Valverde, nota al pubblico italiano per aver vestito i panni di Melissa P. nel film del 2005 di Luca Guadagnino, è altresì vero che Distanza di sicurezza è una storia di bambini perduti.
Perduto è infatti David per sua madre Carla quando, in seguito a un incidente, la donna della casa verde dividerà la sua anima, spedendone metà lontana dal corpo del bambino, costretta a trovare riparo in un corpo non suo, per evitare la morte. Da quel momento, per Carla, David non sarà mai più lo stesso; ombra sbiadita del figlio che era, bambino taciturno, che seppellisce in giardino gli animali che sembrano andare volontariamente a morire ai suoi piedi. Samantha Schweblin, adepta del nuovo realismo magico sudamericano, ci offre una sua visione del bambino scambiato, delle anime che trasmigrano e approdano là dove meno ci si aspetta, o forse proprio là dove si sperava finissero, ma con un tempismo dei più errati.
Il realismo magico di Samantha Schweblin, così diverso da quello di Gabriel García Márquez e Isabel Allende, così venato dall’orrore, è un realismo magico che si distacca dalla tradizione e si interroga sui limiti di un genere che non pone limiti all’immaginazione, prestandosi all’ibridazione e scivolando, oggi più che mai, nella letteratura slipstream, in grado di prendere in prestito elementi dai diversi generi. Non è un caso, quindi, che già anni fa l’autore britannico Terry Pratchett sostenesse che «dire realismo magico è un modo educato e più accettabile, per certe persone, di dire fantasy» e alcune recenti pubblicazioni, come quella di Mariana Enriquez – La nostra parte di notte, traduzione di Fabio Cremonesi per Marsilio – confermano la visione del creatore di MondoDisco.
Se, infatti, una certa pigrizia mentale potrebbe spingerci a etichettare il secondo romanzo dell’autrice argentina come realismo magico, le settecento pagine di storia reale, fantastica, familiare, orrorifica e poetica degli adepti dell’Oscurità, del medium Juan, della figlia del sangue Rosario, del frutto dell’unione dei due, Gaspar, sfuggono a recinti geografici o di genere e, come afferma la stessa Enriquez nella sua intervista con Cristina Taglietti comparsa sul numero 510 de La Lettura: «c’è la tradizione letteraria molto opulenta e fantasiosa che i critici chiamano realismo magico, anche se all’interno ci sono esperienze molto diverse. Si possono davvero paragonare i colori di Gabriel García Márquez all’asciuttezza di Rulfo? Eppure entrambi venivano chiamati realisti magici solo perché avevano a che fare con una letteratura non realistica» e continua, «i generi sono comunque molto porosi ora, molto misti, a volte non so in quale catalogare un libro e questo è molto sano.»
Il termine realismo magico, che associamo per abitudine alla letteratura latinoamericana, ai bambini con le code di maiale, al mutismo chiaroveggente di Clara del Valle, nasce però in ambito pittorico a tutt’altre latitudini e viene utilizzato per la prima volta nel 1925 dal critico tedesco Franz Roh in riferimento alla corrente pittorica della Neue Sachlichkeit, la nuova oggettività, influenzata da artisti italiani come Giorgio de Chirico e il movimento Novecento, nato a Milano nel 1922. Proprio del Novecento faceva parte l’autore Massimo Bontempelli, di cui Utopia Editore sta ristampando le opere e che è considerato il padre del realismo magico italiano. Bontempelli, infatti, era convinto che il dominio dell’uomo sulla natura fosse possibile grazie alla magia e nei suoi scritti si legge «unico strumento del nostro lavoro sarà l’immaginazione. Occorre rimparare l’arte di costruire, per inventare i miti freschi onde possa scaturire la nuova atmosfera di cui abbiamo bisogno per respirare. […] Il mondo immaginario si verserà in perpetuo a fecondare e arricchire il mondo reale.»
Sul realismo magico si basa proprio il suo romanzo Il figlio di due madri, pubblicato nel 1929 e affine per tematiche a Distanza di sicurezza; se nella novella di Schweblin, però, troviamo due corpi a dividersi più anime spezzate, nel romanzo di Bontempelli è un solo corpo a contenere due anime. Mario, figlio di Arianna, il giorno dei suo settimo compleanno sembra ritirarsi dal suo corpo per lasciare il posto a Ramiro, figlio di Luciana, morto sette anni prima, all’età di sette anni, proprio nel momento in cui Mario stava venendo al mondo. Le due donne si troveranno quindi ad amare lo stesso bambino, ormai solo involucro di ciò che un tempo era stato, per una delle due. Alternando elementi magici e romanzo d’appendice, Bontempelli mette in scena un dramma che sfiora la metanarrazione, in cui le due donne, Arianna e Luciana, rappresentano il rifiuto e l’accettazione del magico nel reale «sarà vero, che cosa importa? Ora è vivo. Dunque non è più vero che è morto. Non è più vero che è un altro.» risponde Luciana ai dubbi di Arianna, che vede davanti a sé il suo bambino, in carne e ossa, ma non più anima. Perché si ama il corpo, ancor prima dell’anima e il realismo magico di Schweblin, di Enriquez e di Bontempelli sembrano dirci questo, da epoche e geografie diverse: non esiste soluzione al paradosso della nave di Teseo.