Dalla carta riciclata a Netflix: la storia di Redwall
Piccoli topi coraggiosi. Feroci ratti in cerca di conquiste. Gatti di nobile lignaggio, leprotti che vorrebbero essere cervi e vipere dallo sguardo ipnotico. Se pensate che tutto questo sia folle, forse è perché non avete mai letto Redwall, la saga scritta dal britannico Brian Jacques con protagonisti dei piccoli animali antropomorfi, prossimamente adattata da Netflix.
In un periodo dove le compagnie di streaming sono alla costante ricerca di una saga fantasy da trasporre, non deve sorprendere più di tanto l’arrivo di Redwall sul piccolo schermo. Un arrivo (in realtà un ritorno) straordinariamente gradito a chi, negli anni Novanta, iniziava a leggere i suoi primi romanzi.
Per qualcuno dei lettori più vecchi Redwall è proprio questo. Un’opera che li ha accompagnati nei primi passi nel mondo della fantasia e dell’immaginazione. Un classico legato a doppio filo ai propri ricordi d’infanzia. Per altri è qualcosa di diverso, una scoperta fatta su qualche bancarella dell’usato, capace di penetrare nel cuore di chi l’ha letta.
Quale che sia il ricordo legato all’opera di Jacques, si tratta di una piccola, meravigliosa pietra miliare della narrativa. Quel genere di romanzo che troppo spesso viene gettato nella categoria calderone della “letteratura per ragazzi” e “dimenticato”. Proviamo allora ad approfittare dell’annuncio di Netflix per riscoprire Redwall. Facciamoci strada in questo tortuoso sentiero che è la saga di Brian Jacques e dell’abbazia governata dai piccoli e coraggiosi topi della contea di Fiormuschiato.
Un viaggio che ci porterà a scoprire parecchie cose dietro a questa gemma del fantastico, permettendoci di conoscere anche alcuni particolari della sua ideazione, delle sue tematiche e del suo adattamento, prima di assistere all’approdo di Redwall su Netflix.
Prima della Olivetti, di Netflix, di Redwall: Brian Jacques, un predestinato alla scrittura
Per parlare al meglio di Redwall e di quanto significativo sia il suo approdo su Netflix è bene introdurre il suo autore, James Brian Jacques. Scomparso dieci anni fa, Jacques è proviene da quella generazione che è nata e ha vissuto i suoi primi anni nella Seconda Guerra Mondiale. Cresciuto da un padre amante della letteratura inglese, fin da giovane Brian dimostrò un precoce talento per la scrittura. Ispirato dalla sua opera d’infanzia prediletta, Il Vento tra i salici, all’età di dieci anni realizzò il suo primo racconto compiuto. Un racconto così buono che spinse il maestro di scuola a punirlo (corporalmente!) per costringerlo a confessare di aver copiato.
Una simile esperienza potrebbe far passare la voglia a un giovane di condividere col mondo il proprio talento artistico. Per Jacques invece fu il primo seme della sua carriera di scrittore. Una carriera, tuttavia, che inizierà a sbocciare solo in età matura, con l’autore ormai prossimo alla cinquantina quando darà alle stampe il suo primo romanzo, quello che ne immortalerà il nome.
Redwall, per l’appunto.
Jacques iniziò a scrivere quest’opera pensando di condividerla con una scuola elementare per non vedenti di Liverpool, la sua città natale. Quando iniziò a frequentare gli alunni dell’istituto era un lattaio addetto alle consegne per le cucine. In seguito, nei suoi anni da camionista, comporrà il romanzo che un suo amico manderà di nascosto a un editore, facendogli ottenere il suo primo contratto.
Curioso pensare come da ottocento pagine scritte su fogli di carta riciclata sia in seguito nata una saga composta da ventidue romanzi. Fortemente tradizionalista, Jacques scrisse tutto il primo romanzo a mano, guadagnandosi una tendinite. Solo la prospettiva degli altri quattro romanzi ordinati dalla casa editrice lo spinse a “concedersi” il lusso di una macchina da scrivere, una Olivetti che lo accompagnerà per buona parte della sua vita da autore. Una vita costellata di iniziative per i fan, specie quelli non vedenti, per i quali realizzerà in prima persona gli audiolibri, leggendo le sue storie e coinvolgendo i suoi figli per dare la voce ai propri personaggi.
Uomini e topi
La Contea di Fiormuschiato, luogo dove si trova l’abbazia che dà il nome all’intera opera, potrebbe collocarsi nella campagna inglese del basso Medioevo. Se non fosse per i topi, i ratti, i tassi, le donnole e tutti gli altri animali che popolano il mondo creato da Brian Jacques.
La tematica dell’apologo animalesco non è, a modo suo, una novità. Sin dai tempi di Esopo e di Fedro abbiamo visto animali comportarsi come esseri umani. Eppure Jacques compie qui un passo successivo. Crea una società, una struttura, persino una gerarchia e delle interazioni sociali tra i propri animali. Ma lo fa senza rendere i propri topi degli uomini. Ogni animale di Fiormuschiato mantiene le caratteristiche che gli sono proprie, a cui affianca pensieri, sentimenti e attitudini tipiche degli esseri umani.
La specie di appartenenza dei personaggi di Redwall, molto spesso, determina anche il loro “allineamento” e parte della loro indole. I topi sono industriosi e coraggiosi, i ratti audaci e malevoli, i passeri selvaggi e i tassi nerboruti e testardi. Jacques dipinge così un mondo stratificato e complesso, dove diverse “razze” interagiscono e collaborano tra loro, con compiti e ideali diversi.
La civilizzazione, in Fiormuschiato e nel resto del suo mondo, non sembra aver bisogno di umani. Oltre alle abbazie ci sono case, miniere e porti. Gli animali collaborano tra loro per l’uso di strumenti come i carri e possono banchettare (molto spesso!) insieme.
In Italia Redwall arrivò nel 1993 e l’adattamento, operato da Laura Cangemi, scelse di non tradire nulla di queste impostazioni. Sotto certi punti di vista tentò anzi di potenziarle (le talpe che parlavano con un dialetto, ispirato al napoletano, cercavano di riportare una particolarità del romanzo originale). Tuttavia venne compiuta anche la scelta di localizzare tutti i nomi, cosa che ormai pochi lettori potranno ricordare. E qui si apre uno spartiacque generazionale tra chi pensa che il nemico di Redwall si chiami Ciro, come un noto conquistatore persiano, e chi Cluny, come una certa abbazia medievale.
Senza età
Come accennato sopra, troppo spesso dell’ottima narrativa viene relegata in qualche angolo un po’ troppo colorato di librerie e biblioteche ed etichettata come “per ragazzi”. Se è vero che il target con cui fu concepito Redwall era quello di un istituto elementare, l’opera porta con sé temi e argomenti universali, degni della miglior letteratura.
Il primo libro della saga di Jacques, quello che verrà probabilmente trasposto su Netflix, si intitola Redwall (in Italia “L’eroe di Redwall“) e venne pubblicato nel 1986. Esso ci mostra il tentativo del ratto di mare Cluny (Ciro) di conquistare l’abbazia governata dai topi, venendo contrastato dagli animali della contea di Fiormuschiato e, in particolare, dal giovane topo novizio Matthias (Martino).
Quest’ultimo idolatra il fondatore di Redwall, Martin il Guerriero (Marsilio), del quale cercherà le armi per poter così difendere la propria casa dall’esercito dei ratti. La storia, apparentemente, sembra essere un classico romanzo di formazione. Il giovane inesperto che, sotto la guida di un mentore saggio e accompagnato da amici e alleati, diventa un eroe.
Le tematiche non sono poi così diverse da quelle di un high fantasy alla Tolkien. Matthias e Cluny rappresentano la luce e le tenebre. Ma l’interpretazione personale dell’apologo animalesco di Jacques trasporta tutto su un piano meno terrificante, per quanto ancora mondano. Quanto accade nei romanzi di Redwall è realistico e coerente con ciò che è l’ambientazione. E tutto ciò che si legge al suo interno non ha niente di infantile. Redwall parla di crudeltà e aggressione, ma anche di senso della comunità e desiderio di pace. Non si è mai troppo giovani per comprendere certi concetti e non si è mai troppo vecchi per apprezzarli.
Il valore di una vita
Redwall si distingue per una sua particolare attitudine verso i sentimenti, positivi e negativi. Anche in un contesto di guerra un pianto liberatorio di Matthias, dubbioso di poter seguire le orme di Martin, ci mostra come persino la paura serva per poter trovare la forza di andare avanti in un contesto terribile. Allo stesso modo i tentativi di Cluny di nascondere le proprie debolezze divengono rivelatori della natura del ratto. L’atmosfera intimista crea alcuni dei passaggi più riusciti dell’opera, capaci di avvolgere il lettore e tranquillizzarlo, dandogli la sensazione che nel sentimento provato non ci sia nulla sia sbagliato. Una sensazione che non ha età.
Un’altra tematica che si nasconde all’interno di Redwall e che si spera possa essere trasposta in Netflix è la passione per la convivialità. Un sentimento che noi difficilmente associamo alla narrativa inglese, ma che Jacques, figlio del razionamento negli anni di guerra, vive con uno spirito tutto suo. I topi di Redwall e gli altri abitanti di Fiormuschiato sono uniti anche grazie ai banchetti che consumano insieme e al gusto per il buon cibo. Il pasto è una tematica ricorrente all’interno dei romanzi della saga. Esso viene mostrato come momento fondante di una comunità. Il legame che nasce tra due persone che dividono anche solo un tozzo di pane in una situazione di miseria e pericolo rappresenta per l’autore un momento da immortalare sui romanzi, più e più volte. Insomma la convivialità è vita.
E proprio la vita è una delle tematiche nascoste in piena vista più apprezzabili in Redwall. La vita e, con essa, la morte. Jacques non edulcora ai suoi giovani lettori la crudeltà e, perciò, anche il lutto appare come un sentimento da comprendere e conoscere. Negli oltre venti libri di Redwall ci sono alcune morti eccellenti, in grado di scuotere profondamente il lettore. Ma una morte colpisce solo quando dietro c’è una vita pienamente vissuta. E Jacques è bravissimo nel raccontare tante piccole esistenze che, intrecciate tra loro, vanno a comporre un’unica grande storia. Fili che, presi singolarmente, possono apparire insignificanti, e che tuttavia insieme creano un unico splendido arazzo, degno di Martin il Guerriero nel salone dell’abbazia di Redwall.