Un horror game che rilancia in maniera sempre più positiva la scena italiana nello sviluppo di videogiochi.
Non fatevi ingannare dallo pseudonimo del director di Remothered: Tormented Fathers, titolo uscito qualche mese fa su PC e recentemente approdato su console. Chris Darril è un promettente sviluppatore catanese che insieme al suo team Stormind Games ha creato un interessante survival horror tutto italiano, che si avvale di qualche illustre collaborazione internazionale che ha sicuramente impreziosito ulteriormente l’opera.
Siamo negli anni settanta. La protagonista, Rosemay Reed è una donna di 35 anni. Un giorno si reca nella magione della famiglia Felton, dichiarando di essere una dottoressa di un istituto ove l’anziano padrone di casa, Richard Felton, si sarebbe sottratto ai trattamenti medici per curare una misteriosa malattia degenerativa senza apparente ragione. Rosemary però, oltre a comprendere le ragioni dell’ex-paziente, ha un secondo scopo: capire cosa è successo a Jennifer, figlia scomparsa dei coniugi Felton/Gallo. Inizialmente accolta nella lugubre villa in cui risiedono appunto Richard, l’infermiera privata Gloria, e la misteriosa moglie del notaio, Arianna Gallo, viene ben presto cacciata dall’abitazione dopo aver sollevato degli interrogativi, apparentemente scomodi per l’ambiguo Felton.
Rosemary, con il favore delle tenebre quindi, si introduce furtivamente nella villa, pronta a investigare di nascosto su tutti i segreti che ogni angolo di casa Felton nasconde. Qui comincia il suo incubo.
Remothered si presenta come un gioco che implementa elementi moderni nella struttura estremamente classica di un gioco in terza persona. Non essendo certo una donna d’azione per vocazione, Rosemary dovrà evitare in qualsiasi modo lo scontro diretto con le eventuali minacce, puntando tutta la sua strategia sul depistaggio e sull’esplorazione furtiva. Per l’intero gioco infatti saremo braccati da qualche psicopatico assassino che vagherà per i 3 piani della magione cercando di scovarci. Chi sono? Quanti sono? Non vi rovinerò certo i dettagli di una trama criptica ma ben scritta, che mescola velleità da horror paranormale, giallo e thriller. Vi basti sapere che il rumore e la luce sono vostri nemici. Dovrete quindi molto spesso muovervi molto lentamente, o da accucciati, nonché sfruttare la vostra torcia in dotazione con furbizia, sacrificando spesso un po’ di visibilità dell’ambiente per non destare l’attenzione dei vostri stalker e privilegiando quindi l’esplorazione tra la penombra, che spesso si tramuta in vera e propria oscurità, e che riveste gran parte dei lunghi corridoi e ampie stanze, molto ben caratterizzati nell’arredamento e nello stile opulento e decadente, pieni di dettagli su cui indagare. Non sono pochi infatti gli elementi con cui interagire.
Da quelli informativi come quadri e foto e documenti che approfondiscono l’intricato e intrigante background dei personaggi a quelli che a tutti gli effetti vanno a formare il gameplay. Potremo infatti raccogliere fino a tre oggetti diversivi e uno difensivo. I primi si dividono principalmente tra oggetti da lanciare come diversivo acustico o volendo contro l’inseguitore, corde per chiudere le porte e bloccarlo temporaneamente e oggetti esca, come carillon che suonano sul posto. Le armi difensive invece sono coltelli forbici ed altri strumenti affilati, che potete piantare nel petto dell’infausto avversario qualora vi raggiunga. In questo caso partirà un QTE, e nel caso falliate, la morte sarà immediata, cruda e definitiva. Anche l’ambiente stesso preserva qualche utilità in tal senso, con televisori e radio da accendere, armadi e lunghi divani in cui nascondersi, tutto quello che serve per articolare in maniera convincente uno stealth survival game che sicuramente ricorda giochi come Outlast, ma che ancor più richiama classici come Clock Towers, Forbidden Siren, e pietre miliari del genere come Silent Hill e Resident Evil. Da questi ultimi, preleva l’atmosfera creepy, ansiogena, e quasi surreale del titolo Konami, un mood senza tempo che, coadiuvato da uno stile grafico retro (dotato di sicuro fascino) e delle musiche assolutamente azzeccatissime, ad opera di Nobuko Toda (Metal Gear Solid 4), ci riportano alla mente sensazioni di nostalgica tensione videoludica di un paio di decenni fa.
Da Resident Evil preleva invece quella struttura enigmatica “ad incastro” per la quale dovrete cercare sempre l’oggetto utile per interagire con un altro elemento spesso e volentieri dall’altra parte della casa, che a sua volta servirà per proseguire nella storia. Prendete quindi la magione di Resident Evil, immaginatevene una versione ridotta, con un numero di enigmi di questo tipo estremamente inferiore, senza zombie ma con questi spaventosi figuri sulle vostre tracce, e più o meno avrete un’idea del gioco. Remothered non è certo un titolo estremamente stratificato e non esce mai dal tracciato su cui getta le basi fin dall’inizio. Eppure, non risulta né tedioso né ripetitivo, perché riesce a spingere a inserire nella formula numerose situazioni, tutte efficaci e capaci di inquietarvi profondamente in modi sempre diversi. Perché si, Remothered è un gioco che inquieta, grazie alla costruzione ispirata degli ambienti e delle disturbanti personalità con cui avremmo a che fare, grazie ad un sistema di salvataggio old style che permette di memorizzare i propri progressi solo in precisi e rarissimi punti, ma anche grazie alla potente componente audio il cui unico difetto è quello di presentare una diffusione ambientale non all’altezza, che non vi darà sempre esattamente occasione di percepire bene da dove provengono i rumori. Inoltre, è bene dire che Remothered dura “il giusto”. L’esperienza non va oltre le 4 ore ma per il prezzo (30 euro) e per come è stato pensato, un solo minuto in più sarebbe stato controproducente. L’equilibrio tra gameplay e storia è infatti bizzarro ma ben bilanciato, con molto spazio all’attività del giocatore nelle prime due ore di gioco, chiamato a gestire le situazioni con una certa libertà; e molti più filmati e dialoghi nella seconda e ultima metà, che offrirà sempre un certo grado di sfida ma sarà comunque ben più lineare.
Verdetto
Remothered è un buon survival horror. Stormind è riuscito a sfruttare con intelligenza le risorse limitate del team indipendente, facendo di necessità virtù. Una grafica palesemente “povera” nella conta poligonale è ricca di stile, pur peccando sovente nelle animazioni. Il gameplay è semplice ma ben condensato in un’esperienza breve ma intensa. Peccato per qualche imprecisione nei prompt grafici degli elementi interattivi comunque non incisiva. La tensione non manca grazie alla grande atmosfera e la trama è intrigante, ben interpretata dai doppiatori e ricca di spunti. Inoltre, seppur il titolo sia solo il primo capitolo di una trilogia annunciata, risulta abbastanza auto conclusivo e prima di aprire tutta una serie di questioni che andranno approfondite nell’inevitabile seguito, risolve gran parte delle situazioni imbastite in questo episodio. Consigliato a tutti gli amanti del genere. Solo chi non lo ama potrebbe trovare l’esperienza poco soddisfacente.
Un altra avventura dal gusto vittoriano pieno di mistero e altrettanto oscura è senza dubbio Black Mirror. Se invece vogliamo passare per l’horror puro in chiave stealth Outlast 2 è sicuramente una buona scelta.