Alla Gamescom 2022 abbiamo potuto provare Ripout, il nuovo sparatutto di 3D Realms.
o sempre trovato insostenibile la spocchia con la quale molti giocatori si relazionano all’FPS. Se in un action o in un gioco all’arma bianca modificano un paio di pattern è “rivoluzione”, ma se accade in un FPS è “minestra riscaldata”. Sarà per questo che, con spirito contraddittorio adolescenziale, ho spesso voluto giocare a quasi ogni sparatutto capitatomi tra le mani, indipendentemente dalla sua reale offerta. Di conseguenza, è difficile che un gioco di questo genere mi sorprenda, ma al contempo ne apprezzo le piccole modifiche rispetto alla tradizione, quando capaci di dare un sapore diverso, per quanto leggero, a questa minestra. È esattamente quello che è accaduto con Ripout.
Nel provato della Gamescom, subito dopo aver seguito una breve partita di uno degli sviluppatori, mi son ritrovato in una nave dal nome procedurale ma puntuale, Amerigo Vespucci. Al suo interno, ho dovuto eliminare mostri composti da macchine ed elementi organici, una versione volutamente trash ed estrema di creature cronenberghiane. In effetti, Ripout si ispira dichiaratamente a… beh, tutto lo sci-fi cinematografico e videoludico degli ultimi 40 anni, non solo a detta dei dev ma anche da quel che ho potuto vedere: in modo procedurale, pareti da 2001 lasciano il posto a corridoi e devianze gigeriane, intervallate dalle vedute spaziali di Looking Glass. Sì, complessivamente giocando a Ripout la sensazione preponderante è stata quella di esser di fronte a un “già visto”, ma a volte alcune di queste combinazioni hanno prodotto risultati proceduralmente inattesi.
A proposito di cinema sci-fi e horror: la storia di Ripout si evolve dalle basi de La Cosa, per poi esplodere in un’apocalisse alla DOOM, che lascia spazio solo al fucile, al sangue e alla morte. Il concept è questo: sulla Terra, nel 2080, viene creata un’arma capace di mescolare elementi organici e meccanici, dando vita ad armi viventi e ricombinanti. Ovviamente, questi ibridi si ribellano, e già nel 2084 l’umanità è costretta a fuggire su gigantesche astronavi spaziali. La Cellula, il nemico di Ripout, ci inseguirà: spetterà all’unità speciale di cui facciamo parte arrestare la minaccia. Questo è tutto ciò che bisogna sapere: da questo momento in poi saremo noi, il nostro dolce e terrificante fucile, e il nemico.
Come fa un fucile a esser dolce? Come scritto prima, la Cellula venne creata come arma organico-meccanica: è per questo che l’equipaggiamento del nostro avatar avrà un aspetto tradizionale nella parte superiore, ma le sembianze di uno xenomorfo in miniatura nella zona del caricatore. Potrete pure fargli una coccola! Tutto questo ha, ovviamente, grandi conseguenze nel gameplay: possiamo lanciare la parte organica dell’arma contro il nemico, indebolendolo e stordendolo per un po’, dandoci il tempo di ragionare e di riposizionarci. In effetti, oltre a essere l’elemento piò originale della produzione, questo mini-Alien è anche il simbolo della formula ludica ideata da 3D Realms: Ripout è uno sparatutto, sì, ma vuole essere il più ragionato e tattico possibile. Senza rinunciare all’immediatezza dell’FPS tradizionale, Ripout cerca di gestire la vita dei nemici, i loro movimenti e il level design proprio in funzione di una lentezza che obbliga chi gioca a ragionare un minimo prima di posizionarsi, senza però diventare nulla di incredibilmente tattico e complesso.
Nella breve prova disponibile (circa 20 minuti, finiti con la mia morte a pochi metri dalla capsula di sicurezza), mi son sentito effettivamente in un “DOOM lento”, dove i tempi di reazione e lettura degli spazi sono molto più lenti, anche per facilitare l’atmosfera più “horror/splatter” di Ripout. Questa generale “calma” mi ha spinto a chiedere al dev come mai non abbiano implementato elementi come esplorazione verticale e parkour, totalmente assenti, per dare anche un maggior respiro alle atmosfere cupe delle astronavi, ma la risposta è stata chiara: volevano ottenere proprio questa sensazione di lentezza, e meccaniche simili avrebbero inficiato questo risultato. Ed è forse per questo che Ripout presenta anche elementi di solito assenti in FPS di questo tipo: mini-enigmi ambientali; trappole elettriche; passaggi nascosti.
L’assenza di esplorazione verticale, unita a quella di un bilanciamento di fino, tipico dell’FPS, permettono di essere un po’ meno preoccupati dalla natura procedurale e roguelite della produzione. Di solito, dopo qualche ora, queste formule offrono il fianco a tentennamenti e problemi di bilanciamento, ma a fronte delle caratteristiche specifiche di Ripout (con un level design molto meno rilevante del normale nell’equilibrio generale) mi hanno restituito una maggiore fiducia. C’è da aggiungere che anche in termini narrativi il gioco non si prende troppo sul serio: sì, le ispirazioni fanno parte di alcuni momenti tra i più alti del cinema di genere, ma in Ripout tutto è stato ridimensionato in una prospettiva comica. Non fraintendetemi: come detto prima, le ambientazioni sono cupe e chiaramente funzionali alla creazione di atmosfere horrorifiche, ma i testi, i poster, le frasi e le descrizioni che troverete sulle navi sono chiaramente ironiche ed estreme.
I dubbi rimangono su tutto il resto della produzione, che fino alla prova completa non potranno che rimanere. La varietà dei nemici è sostanzialmente assente (due modelli in tutta la demo), e per un gioco che punta tutto sul rapporto tra quest’ultimi e gli spazi, ci si aspetta qualcosa di più anche in un provato breve. L’impatto della proceduralità, per quanto moderata dalle scelte degli sviluppatori, va poi sempre tenuto in considerazione, per esperienze così fortemente ludiche. In generale, come sempre, il provato di Ripout ci ha offerto un interessante primo assaggio di un prodotto che di certo ha mostrato tante idee e desideri, che solo a gioco ultimato potremo capire se saranno stati esauditi.