Ritorno al crimine: solo un assembramento di grandi nomi
Non ci resta che il crimine aveva riscosso un discretissimo successo in Italia. Il film era rimasto in cartellone per mesi, la risonanza era stata altisonante da parte del pubblico ed era soprattutto da quest’ultimo che l’opera di Massimiliano Bruno aveva ricevuto il maggiore riconoscimento.
Il nazional popolarissimo in fondo, si sa, non è mai realmente scomparso, men che meno nel cinema italiano, e se negli ultimi tempi si traduceva solamente nel cinepanettone, ha ritrovato il piacere di riprodursi attraverso l’assembramento di grandi nomi del panorama nostrano.
Se, infatti, un’attrice come Paola Cortellesi riesce a fare il tutto esaurito soltanto grazie al suo nome, è indubbio che un cast ricco di grandi attori italiani invogli gli spettatori a partecipare alla visione di un’opera corale con alla base la commedia e le contaminazioni dell’action, tutto mescolato grazie ai viaggi nel tempo.
Ancor prima della propria riuscita, Non ci resta che il crimine presentava una fiducia nel proprio operato che finiva con una conclusione totalmente aperta che avrebbe permesso a Bruni e alla sua gang di poter raddoppiare la storia di Alessandro Gassman, Marco Giallini e Gianmarco Tognazzi e il loro giro sgangherato nella Banda della Magliana. Occasione che non si sono lasciati scappare e che ha ri-aperto il portale spazio-temporale per il trio di amici, per catapultarli nel secondo capitolo Ritorno al crimine.
Le goffaggini dei viaggi nel tempo
I riferimenti cinematografici sono qui nuovamente importanti, ma presi solamente come canovaccio per un racconto assolutamente distante dalla completezza ed epicità delle pellicole originali. E lì dove il primo film era riuscito a regalere qualche risata, il suo proseguo mostra tutta la sciatteria dell’operazione messa in piedi da Massimiliano Bruno, che perde una parte fondamentale per la solidità della propria storia.
Il soggetto di Ritorno al crimine è privo infatti del contributo che fu fondamentale in Non ci resta che il crimine da parte di Nicola Guaglianone e di Menotti, dove a rimanere stavolta è solamente il collaboratore Andrea Bassi, che per il secondo film si ritrova l’unico in compagnia di Bruni nella creazione dell’opera.
Un contraccolpo che dà al regista la libertà di potersi svincolare e volteggiare con nonchalance tra le epoche e i generi, ma anche un tener poco salde le redini delle proprie trovate tanto da renderle indigeste e discordanti le une con le altre. Un’accozzaglia di generalismi che già erano riscontrabili dalla seconda parte di Non ci resta che il crimine. Goffaggini che sembrano raggiungere il loro massimo con il prosieguo della narrazione e che rischiano seriamente di perpetrarsi con il rinnovo di un’altra pellicola vista l’apertura sul finale di Ritorno al crimine. L’intenzione forse di mettere in piedi una sorta di trilogia, dovendo però ricordare ai personaggi che nessuno di loro è Marty McFly, ma soprattutto che non arriverà nessun dottor Emmett L. “Doc” Brown a salvare il discutibile lavoro che hanno combinato e rischiano di rifare.
L’imprudenza di un’operazione come Ritorno al crimine
Un peccato vista la sintonia che il trio Gassman-Giallini-Tognazzi ha saputo comunque nuovamente dimostrare, unico elemento realmente soddisfacente in entrambe le pellicole, che possono così avvalersi di un treppiedi fidato su cui poggiarsi.
Reparto attoriale che ha avuto la fortuna di vedere l’entrata nel cast di Ritorno al crimine di un sempre incommensurabile Carlo Buccirosso, in grado di elevarsi ogni volta al di sopra di qualsiasi lavoro a cui prende parte, funzionando unicamente da sé senza doversi mescolare alla mediocrità del contorno. Peccato certo per la storyline che gli viene affidata e il suo compagno di viaggio in questa inedita attività criminosa, un Edoardo Leo che perde tutta la compostezza e la rabbia del suo Renatino, diventando macchietta del personaggio stesso.
Riscuotere gloria dai fasti di un’operazione precedente non autorizza certo a lasciarsi andare a una mancanza di attenzione e rigore, e così Ritorno al crimine resta soltanto un’operazione imprudente dove il miscuglio di toni e racconti non eleva il contenuto, ma ne impoverisce le intenzioni iniziali.
Ritorno al crimine è su Sky.