Robert Downey Jr: tu sei Iron Man
Quando diversi anni fa i Marvel Fan appresero che Robert Downey Jr sarebbe stato Iron Man, alcuni rimasero perplessi. Nonostante le doti dell’attore di New York non fossero certo messe in discussione, c’era chi non vedeva in lui il genio, miliardario, playboy e filantropo creato da Don Heck e Stan Lee nel 1963.
Eppure oggi non solo è quasi impossibile scindere il volto di RDJ dal nome di Tony Stark, ma sembrerebbe quasi assurdo. Questo perché l’Iron Man del Marvel Cinematic Universe è riuscito a rendere noto a tutti la quintessenza del Vendicatore in armatura. Ha fatto conoscere a tutti cosa si celi dietro a quella maschera inespressiva, dando a un personaggio sempre al centro di numerose controversie un’occasione per riscattarsi agli occhi di lettori e spettatori.
Qualcosa che grazie a Robert Downey Jr è ora diventato di dominio e apprezzamento pubblico. E che ha raggiunto il suo apice con Avengers: Endgame. I lettori che non hanno ancora potuto vedere questa pellicola sono invitati a fermarsi qui per non avere anticipazioni. Tutti gli altri potranno invece proseguire per celebrare quella che è, con tutta probabilità , la migliore incarnazione possibile dell’Avengers rosso e oro.
Il senso di colpa di un dio
Poche storie editoriali all’interno della Marvel sono state travagliate come quella di Tony Stark. Non che i fumetti di Iron Man abbiamo mai subito cali vertiginosi nelle vendite (non più di altri fumetti in crisi almeno), ma la scelta degli sceneggiatori Marvel nei confronti di Mr Stark è sempre stata quella di azzardare. Il rischio è una costante nelle storie dell’eroe con l’armatura rossa e oro.
Iron Man nella sua carriera di eroe ne ha passate di cotte e di crude. Ha affrontato il fallimento personale e professionale, la malattia, la dipendenza, l’allontanamento dalla comunità dei supereroi più e più volte. Ha commesso errori madornali, tali da alienargli anche le simpatie dei lettori. Pochi personaggi, al pari di Tony Stark, hanno dovuto subire le conseguenze delle proprie azioni a lungo quanto lui.
Un esempio concreto è il suo alcolismo, splendidamente rappresentato nel ciclo “Il demone della bottiglia” realizzato da autori del calibro di
Spiegare come un errore passato (un errore di quarant’anni fa) possa avere così tanta influenza sul presente, non è facile da capire. Errare in fondo è umano. Ma quando a errare è qualcuno come Tony Stark? Per poter capire al meglio questo aspetto è bene citare lo stesso Tony, in una sua versione con l’asse morale invertito nella run Superior Iron Man. “Sono la persona più intelligente e capace su questo pianeta. Per tutto questo tempo non ho giocato a essere un dio. Ho giocato a essere un uomo”.
Un dio. Questo afferma di essere Iron Man, privo di ogni freno inibitore. Ma si allontana poi così tanto dal vero quanto dice? In fondo pochi terrestri possono competere con lui quanto a intelligenza e abilità . Eppure nel corso delle sue avventure Tony Stark ha sempre lottato con la sua umanità . Con la consapevolezza di non essere un supersoldato, un mostro gamma-irradiato o un dio del tuono, ma solo un uomo in armatura.
Allo stesso tempo Tony sente che la sua intelligenza lo obbliga a fare qualcosa di più che essere un uomo vestito di ferro. Gli altri esseri umani appaiono ai suoi occhi come bambini, affannati a farsi la guerra tra loro e incapaci di vedere oltre i propri desideri personali. Poco importa che abbiano superpoteri o meno. Loro non vedono lontano quanto lui. Non percepiscono la lama di rasoio su cui cammina il mondo intero.
Questo si traduce in un senso di responsabilità che lo obbliga a essere un leader della comunità dei supereroi, a organizzarli e dare loro l’esempio, cosa che fa contribuendo a fondare e finanziare i Vendicatori. Una responsabilità che lo trarrà anche in errore e a comportarsi in maniera sbagliata, come nella creazione degli Illuminati, nella Guerra delle Armature e negli eventi che condurranno alla prima Civil War. Errori che, dati i mezzi e le capacità di Tony, finiranno per essere molto più grandi del normale. Iron Man non è Spidey: il mancato intervento dell’Uomo Ragno o un suo errore possono portare alla morte di una persona. Uno sbaglio di Tony Stark può avere conseguenze ben più disastrose e uccidere migliaia di innocenti.
Forte di questa consapevolezza, Tony ha sempre cercato di agire nel migliore dei modi, di farsi carico dei fardelli degli eroi Marvel. Di guidarli per quanto possibile. Ma convivendo molto spesso con lo spettro del fallimento, spettro che talvolta si è trasformato in demone, del tipo che si può trovare sul fondo di una bottiglia. Eppure non ha mai smesso di tentare. Di cercare di essere migliore. Qualcosa che lo ha costretto, in oltre mezzo secolo di avventure, a fare i conti con se stesso più spesso dei suoi colleghi.
Un ciclo completo
Che i fumetti dei supereroi non abbiano mai una fine è un vecchio problema. Un problema a cui è riuscito a sopperire, per una volta, il cinema. Avengers: Endgame ha rappresentato la conclusione di una serie di eventi iniziati nell’ormai lontano 2008, quando Robert Downey Jr indossò per la prima volta la corazza di Iron Man. Undici anni dopo, quanto abbiamo visto nella quarta pellicola dedicata ai Vendicatori, ha rappresentato il momento culminante, la degna conclusione di un ciclo di storie. Un finale degno del miglior Iron Man. Perché è questo l’eroe incarnato da Robert Downey Jr. La migliore versione di sé, la sua quintessenza.
Il Tony Stark del Marvel Cinematic Universe ha le stesse origini della sua controparte cartacea. Aggiornate al mondo di oggi, ma sempre con quel retaggio da magnate dell’industria delle armi che lo porta a essere oggetto di attenzioni indesiderate da parte di un gruppo terroristico. L’incontro forzato col suo retaggio lo costringe a un violento momento di autocoscienza. Tony realizza di aver dato al mondo nient’altro che morte e sofferenza, decidendo quindi di cambiare. Diventa Iron Man per riparare ai torti che lui stesso ha commesso.
Con il primo film assistiamo alla prima importante maturazione di Tony, quel senso di responsabilità proporzionato al suo enorme ego che lo costringe a fare i conti con se stesso. Per la prima volta realizza che la sua immensa intelligenza e le sue abilità non devono essere sfruttate solo per la supremazia delle Stark Industries, ma per il bene comune.
Non è un percorso facile, né da compiere né da rappresentare. Nella seconda pellicola standalone Tony inizia a convivere con il peso delle sue scelte. Prova a dimenticarsele, sempre con l’aiuto di qualche drink. Cerca quasi di lasciarsi Iron Man dietro di sé una volta per tutte, ma i risultati sono disastrosi. Il definitivo miglioramento avviene solo grazie all’aiuto esterno, quello di Pepper prima e degli Avengers poi. L’unirsi ad altri eroi consegna a Tony una missione, lo porta a comprendere che può e deve essere migliore per poter proteggere il pianeta.
La Battaglia di New York rappresenta il momento cardine della vita di Stark. Sa che spetta a lui essere l’argine contro le future invasioni, ma sa anche di essere solo “un uomo di latta”. Non un dio, non un mostro, nemmeno un supersoldato. Questa presa di coscienza serve a Tony Stark per capire meglio quali siano i suoi mezzi, a realizzare che la sua intelligenza è il suo superpotere. Comprende così che anche senza l’armatura lui sarà per sempre Iron Man, un uomo superiore agli altri e quindi con responsabilità superiori. Questo, unito alla visione del futuro catastrofico che gli mostra Scarlet, lo spinge a intraprendere la costruzione di uno scudo attorno al mondo. Il risultato è il primo doloroso insuccesso di Iron Man, che si traduce in Ultron.
L’aver creato questa mostruosità scuote Tony nel profondo, al punto da fargli perdere pure l’appoggio di Pepper. Ci sarà sempre qualcosa da combattere, e lui non potrà sottrarsi alla battaglia, al trovare una nuova soluzione per riuscire a proteggere la Terra. Proprio l’errore commesso con Ultron è ciò che lo spinge ad accettare gli accordi di Sokovia. Realizzare quanto male abbia fatto il suo “superpotere” lasciato a briglia sciolta lo pone di fronte alla necessità di dover porre un freno a questa cosa. Una valvola di sicurezza che lo porta su un sentiero difficile da percorrere, alienandogli l’amicizia di molte amici e portando alla fine degli Avengers.
Quanto successo in Civil War costringe Tony a una seconda presa di coscienza. La scelta di fare da mentore al giovane Spider-Man è dovuta al suo desiderio di fare di Peter Parker una versione migliore di sé. Entrambi comprendono come il potere comporti anche il dovere di fare del bene, cosa che spinge Tony a dare fiducia al “Bimbo Ragno”, a indirizzarlo per farne un eroe superiore a lui. E lo fa anche in maniera decisa, cercando di impartirgli una lezione che lui ha appreso attraverso una lunga sofferenza: se non si è niente senza un costume o un potere, non si dovrebbe essere eroi.
L’avvento di Thanos e la necessità di combatterlo sono ancora una volta frutto della scelta di Tony di compiere il suo dovere di difensore del mondo. Ma qui si trova di fronte al suo terzo e più clamoroso fallimento. La vittoria del Titano non solo pone Tony di fronte all’inutilità dei suoi sforzi, durati ben dieci anni. Lo fa assistere al suo fallimento come mentore e lo priva della sua missione.
Perché Tony Stark torni a essere Iron Man sarà necessaria la nascita di sua figlia. Solo a quel punto, posto di fronte al ruolo di genitore, riuscirà a comprendere meglio quale sia stato il suo operato per il mondo. Un retaggio che ora ha un nome e un volto, quello di Morgan Stark, e che in quanto tale andrà protetto.
Lo scontro finale con l’Ordine Nero e il sacrificio di Tony rappresentano l’ultimo atto dei suoi sforzi, un sacrificio che solo lui sapeva di poter compiere. Con la morte di Thanos il mondo è finalmente salvo e, come gli dice la sua Pepper, Iron Man può finalmente riposare.
Con la sua interpretazione Robert Downey Jr è riuscito a catturare e incarnare l’essenza stessa di Iron Man. L’attore è riuscito a portare sul grande schermo l’intero mondo di Tony Stark. Non solo la sua ironia, la sua intelligenza e la sua spavalderia, ma anche la sua umanità , le sue incertezze e la sua continua e disperata rincorsa di una versione migliore di se stesso. Ma arricchita da una semplice realtà : quella fine, parte integrante del viaggio, che con il volto di Robert Downey Jr ha dato alla vicenda terrena di Iron Man la sua degna conclusione.