Non lo direste mai, ma la letteratura è piena di roditori. Ma come si comportano i topi nei romanzi e perché è meglio non fidarsi?
Se dico topo voi mi rispondete, con riflesso quasi pavloviano, -lino, giusto? Il quasi centenario topo, partorito dalle menti di Walt Disney e Ub Iwerks è forse il più amato, sicuramente il più simbolico e il più riconoscibile topo della pop culture. Oggi, però, non parleremo di lui, né della sua controparte e nemesi italiana, quel Topo Gigio nato con la voce di Domenico Modugno che ha conquistato il Giappone e che resta indissolubilmente legato nei ricordi di noi children of 90’s all’annuale rito dello Zecchino d’oro.
No, oggi parliamo di topi nella letteratura, di uomini e topi (ma senza scomodare Steinbeck), di romanzi e topi e, credetemi, ce ne sono più di quanti immaginiate, soprattutto nella letteratura fantasy e di fantascienza, in cui queste piccole creature, spesso ignorate, a volte schifate, diventano protagoniste di avventure incredibili, battaglie epiche, complotti per distruggere – o salvare – il mondo.
Buoni romanzi cattivi topi
Per alcune persone, i topi sono repellenti, fanno pensare a sporcizia e malattie. Musofobia, si chiama la paura dei topi e tra gli esempi famosi di questa fobia in letteratura c’è Winston Smith nel più famoso romanzo di George Orwell. In 1984, infatti, il protagonista si arrenderà al Grande Fratello dopo la minaccia di fargli – letteralmente – mangiare il volto da un ratto. Il terrore genera amore, rispondendo forse alla vecchia domanda se sia meglio essere amati o temuti. C’è chi, poi, all’orrore suscitato dai topi ha dedicato intere saghe, come James Herbert: lo scrittore mette su carta tutto l’orrore che alcune persone provano nel solo vedere la fugace apparizione di una coda di roditore nei romanzi I topi (1974) e L’orrenda tana (1979) e nei due sequel mai pubblicati in Italia Domain (1984) e The City (1994). Herbert, che dichiarò di essere stato ispirato dai ratti presenti nel Dracula del 1931 di Tod Browning, descrive una nidiata di topi più grandi del solito e affamati di carne umana che terrorizzano la periferia londinese. I romanzi sono stati criticati per la crudezza delle descrizioni di morti e mutilazioni e per la rappresentazione non lusinghiera delle zone di Londra in cui si svolge l’azione, sebbene da alcuni critici la scrittura di Herbert venga considerata perfetta, nella sua sanguinolenza ed essenzialità, per porre l’attenzione su dei temi sociali che si nascondono sotto la metafora dei topi mutanti.
Se per Herbert i ratti incarnano il peccato originale dell’uomo che si crede Dio, per altri scrittori i topi sono le forme di vita più intelligenti del pianeta terra quando non, addirittura, l’estensione nella nostra dimensione di esseri pandimensionali eccezionalmente intelligenti. In Guida galattica per gli autostoppisti, di Douglas Adams, i topi sono i mandanti della creazione della Terra e dei suoi abitanti – matrice di un computer organico con un programma di ricerca della durata di dieci milioni di anni. Arthur Dent scoprirà infatti nel corso del suo viaggio su Magrathea che il topo Benjy e il topo Frankie, unici superstiti dell’esplosione del loro pianeta assieme allo stesso Arthur e a Trillian, hanno condotto esperimenti sul genere umano per tutta la durata dell’umanità stessa, fingendo essi stessi di essere cavie da laboratorio al fine di studiare il comportamento umano. Quale modo migliore per mascherare la loro vera natura , e quale modo migliore per pilotare il vostro pensiero? Correre per un labirinto scegliendo la strada sbagliata, mangiare il pezzo di formaggio sbagliato, crepare inaspettatamente di mixomatosi… Se si calcola tutto con precisione, l’effetto cumulativo è enorme.
Romanzi da laboratorio
Di esperimenti su umani e topi, ma con un approccio molto meno scanzonato, parla anche uno dei titoli fondamentali della fantascienza: Fiori per Algernon, di Daniel Keyes, viene pubblicato nel 1959 come racconto e ampliato nel 1966 come romanzo. Qua, Algernon è un topo da laboratorio la cui intelligenza è stata triplicata attraverso un’operazione chirurgica che verrà testata per la prima volta su un essere umano proprio nel corso della storia, sul protagonista e voce narrante di Fiori per Algernon, Charlie Gordon, inserviente con un QI di 68. Se di romanzi che parlano di topi ce ne sono in quantità, difficilmente ne troverete uno più profondo di questo: Keyes usa la storia di Algernon e Charlie, la cui intelligenza è destinata a crescere per poi tornare di nuovo a quella originale, per affrontare il tema del ruolo dell’intelligenza e della cultura nella percezione degli altri, su come spesso sia semplice considerare inutili coloro che hanno un’intelligenza meno sviluppata della nostra e su come la solitudine dello stupido e del genio – entrambi considerati cavie da laboratorio, piuttosto che esseri umani – sia ugualmente dolorosa.
Ancora laboratori, ancora esperimenti, ancora lacrime per La signora Frisby e il segreto di NIMH (1971), altro trauma infantile dopo la visione della trasposizione animata del 1982 diretta da Don Bluth. La storia della topolina di campagna e della sua alleanza con un gruppo di ratti sfuggiti ai laboratori del National Institute of Mental Health è stata ispirata a Robert C. O’Brien da dei fatti realmente accaduti: la rodentopia del Dottor John Calhoun che nel 1968 creò un’ambiente protetto e dotato di cibo, acqua e un clima adeguato per lo sviluppo di una comunità di topi all’interno dell’Istituto Nazionale di Sanità di Bethesda, in Maryland. Questa sua utopia dei topi (ma sperimentò anche con i ratti) collassò, come le altre create in precedenza, permettendo all’etologo di sviluppare una serie di teorie sulla densità di popolazione e sui suoi effetti sul comportamento che postula come, una volta che tutto lo spazio disponibile e i ruoli sociali sono stati occupati, gli individui sperimenteranno uno stress da competizione che porterà al crollo sociale, con tanto di riferimento biblico alle Rivelazioni.
Piccoli uomini e topi
Per restare in tema di adattamenti animati, ma alleggerire un po’ l’atmosfera, la già citata Disney ha a cuore i piccoli roditori e tra i suoi lungometraggi si trovano ben due titoli tratti da romanzi con protagonisti dei topi. Le avventure di Bianca e Bernie, Classico Disney del 1971, è basato sui romanzi The Rescuers e Miss Bianca dell’autrice britannica Margery Sharp, primi due di una serie di nove titoli dedicati alle avventure dei membri della Società Internazionale di Salvataggio. Anche un altro famoso topo dei Classici Disney, Basil l’investigatopo, nasce tra le pagine di una serie per bambini – americana, stavolta – che racconta le avventure del topo detective nella Londra di Sherlock Holmes. Basil of Baker Street è il primo romanzo di Eve Titus dedicato all’investigatopo, le cui storie saranno pubblicate dal 1958 al 1982 in cinque volumi.
E, se parliamo di serie, non possiamo non citare una delle più chiacchierate degli ultimi tempi, un vero e proprio classico per ragazzi che diventerà prossimamente una serie Netflix: Redwall di Brian Jacques è una saga epic fantasy con protagonisti gli animali del bosco. Il mondo creato da Brian Jacques, rassicurante nella semplicità con cui presenta eroi e nemici, in cui il bianco e il nero difficilmente si mischiano in sfumature intermedie, nacque negli anni ‘80 come racconto che lo scrittore – all’epoca lattaio a Liverpool – leggeva ad alta voce agli studenti di una scuola per persone cieche che rientrava nel suo percorso di consegne. In un’intervista Jacques affermò che i topi sono i miei eroi perché, come i bambini, sono piccoli e devono imparare a essere coraggiosi e ingegnosi.
Ingegnosi sono anche i topi di Terry Pratchett, che nel ventottesimo romanzo di Mondo Disco, Il prodigioso Maurice e i suoi geniali roditori rivisita il folklore de Il pifferaio di Hamelin, aggiungendo un gatto parlante a capo di un gruppo di roditori che, in collaborazione con un pifferaio magico, mettono in scena un’infestazione à la Hamelin per truffare i cittadini e portare via i loro soldi. Così come i topi di Douglas Adams che fingono di essere studiati per studiare gli esseri umani, o i ratti fuggiti dal NIHM che sfruttano l’elettricità del contadino che a sua insaputa li ospita, facendo lievitare le bollette, se c’è qualcosa che i topi dei romanzi ci insegnano, è proprio mai fidarsi dei topi.