Il cibo in Giappone è una cosa seria, tanto da esser parte integrante della storia di molti romanzi giapponesi di successo
La tradizione culinaria giapponese ha origini antiche quanto il suo popolo: alla coltivazione del riso come fonte primaria di sostentamento e principale cibo offerto agli dei si sono aggiunti velocemente la pesca e una grande varietà di ortaggi, alghe, funghi, tanti condimenti e un limitato consumo di carne. La dieta giapponese pura e semplice, insomma, ha un basso contenuto di grassi e soprattutto segue le stagioni in tutto e per tutto, ricercando materie prime fresche, come possiamo spesso osservare dal cibo riprodotto negli anime o descritto con particolare cura in diversi romanzi giapponesi.
Infatti, il cibo ha un ruolo particolare anche all’interno di scene, luoghi o interi romanzi di vari autori giapponesi che, attraverso la descrizione della preparazione, del sapore e dell’aspetto delle pietanze, cercano di esprimere emozioni e inquietudini dei loro personaggi. Un’accuratezza ovviamente non casuale: la cucina giapponese tradizionale richiede tale attenzione per i dettagli, dal taglio del pesce o della carne alla sua cottura, dalla composizione dei vari ingredienti alla scelta del piatto su cui servirli.
Il tutto per arrivare all’armonia dei sensi, grazie alla scrupolosità con cui i piatti vengono preparati cercando di fare in modo che ogni loro parte conservi il proprio sapore e unicità, per dare alle papille gustative la possibilità di percepire ogni gusto, compreso l’umami (associato all’idea di “ricco e saporito” e percepibile in cibi come il formaggio stagionato e altri prodotti derivati dalla fermentazione del latte, funghi shiitake, pesce o salsa di soia).
Il momento dell’assaggio e dunque la consumazione del pasto, poi, è costellata di gesti, rituali e comportamenti che molti già conosceranno: le formule di ringraziamento prima e dopo il pasto, il tè verde come bevanda servita al posto dell’acqua e oggetto dell’affascinante cerimonia del tè; il versare in un certo modo il sake, nei caratteristici bicchierini simili ai nostri shot; il cucinare alcuni piatti direttamente in una padella comune, dalla quale poi si prende la propria porzione, condividendo quindi ogni parte del pasto.
Proprio la condivisione di un pasto, di una bevanda e di momenti ed emozioni è ciò che riceve maggior risalto nei romanzi giapponesi sul cibo che vi andiamo a proporre oggi. In questi romanzi, in realtà, il cibo non è per forza sempre al centro dell’attenzione ma funge da tramite tra due o più personaggi, tra realtà diverse che necessitano di incontrarsi e capirsi quando altre espressioni, parole e silenzi (tipicamente giapponesi, perché spesso ritenuti altrettanto eloquenti), sono più difficili da cogliere per noi lettori occidentali.
Le ricette della signora Tokue – Durian Sukegawa
Questo è forse uno dei romanzi giapponesi più famosi tra quelli che vedono al centro della storia un cibo tipico del Paese. La storia de Le ricette della signora Tokue è ambientata in una piccola bottega, il Doraharu, in cui il protagonista pasticcere Sentaro prepara con scarsa passione un dolcetto ormai straconosciuto, il dorayaki. Un giorno, la sua solitudine viene interrotta dall’arrivo della signora Tokue, mingherlina e dalle mani deformi, che gli chiede di essere assunta. Con una certa diffidenza iniziale, Sentaro accetta la proposta della donna, che d’altronde chiede una cifra bassissima come compenso. Tuttavia, la sua marmellata di fagioli rossi, ossia il ripieno tipico dei dorayaki, è davvero buonissima e in men che non si dica farà affluire al Doraharu tantissimi clienti.
La signora però ha un passato e un segreto che tenta di tenere nascosti e Sentaro è tormentato dalla curiosità di saperne di più su questa donnina spuntata dal nulla che, con il suo aiuto, gli ha permesso di saldare il proprio debito. Il vissuto della signora Tokue è straziante, capace di suscitare quella tristezza compassionevole che possiamo avere oggi in quanto informati sulle conseguenze di determinate malattie o patologie, apparentemente ancora oggetto di superstizioni e causa di emarginazione sociale come lo erano una volta.
Nonostante ciò, i momenti in cui la strana coppia di colleghi prepara i prelibati dolcetti sono piacevoli parentesi nelle quali pregiudizi e difficoltà vengono messi da parte e l’incomunicabilità dei sentimenti trova in parte una soluzione nei gesti e nelle azioni che portano a un risultato, sì, semplice ma dignitoso e appagante. Un finale, insomma, per cui essere grati così come Sentaro, dopotutto, sarà grato di aver trovato questa inaspettata amica nella signora Tokue.
Kitchen – Banana Yoshimoto
Per quanto, in un altro articolo, vi abbiamo proposto alternative a questa autrice già molto rinomata e forse un tantino inflazionata ormai, non potevamo escludere il suo romanzo d’esordio. Kitchen è uscito nel 1988 ed è fra i romanzi giapponesi più conosciuti di sempre per il modo in cui tratta temi come la perdita di persone care e la famiglia, che sono tra i più ricorrenti nella produzione di Banana Yoshimoto, associando l’elaborazione delle emozioni alla preparazione del cibo.
Come lascia ben intendere il titolo, la cucina è un luogo in cui la giovane protagonista, Mikage, si sente al sicuro e in cui riesce a instaurare un rapporto di fiducia con il compagno di classe Yuichi, che si prodiga per aiutarla a superare la perdita della nonna insieme a sua madre. Viene a crearsi un nucleo familiare molto particolare e non solo perché Mikage non ha alcun legame di parentela con loro. Il loro legame è diverso, speciale e si salderà davanti ai diversi piatti, preparati con la stessa cura che i nuovi conviventi metteranno nel dare il giusto spazio gli uni agli altri e in particolare a Mikage, che elaborerà il lutto proprio grazie l’arte culinaria e al piacere di preparare del cibo per qualcuno a cui vuole bene.
Un’estate con la Strega dell’Ovest – Kaho Nashiki
Ancora una volta abbiamo uno dei romanzi giapponesi che più hanno saputo far breccia nel cuore dei lettori anche grazie al ruolo che ricopre il cibo nella storia. In Un’estate con la Strega dell’Ovest abbiamo di nuovo come protagoniste due generazioni differenti: Mai, una ragazzina di 13 anni che non vuole più andare a scuola, e sua nonna, che abita in campagna e la prende con sé per le vacanze.
Insieme nonna e nipote si dedicheranno a numerose attività, tra cui prendersi cura dell’orto, raccogliere le erbe e cucinare, che sono solo una parte delle basi necessarie per diventare una strega provetta. La nonna, infatti, è effettivamente dotata di poteri magici, ma la magia che saprà compiere è quella di cui sono capaci tutti i nonni: rassicurare e guidare la nipote attraverso il difficile momento che sta attraversando, in quanto giovanissima, emotiva e ancora inesperta della vita. Il cibo preparato assieme, le nozioni che la bambina apprenderà con lei e l’osservazione delle piccole e semplici cose della loro quotidianità la accompagneranno per tutta la vita e per il lettore sarà come leggere una classica fiaba a lieto fine, che magari riporterà alla mente dolci ricordi.
La cena degli addii – Ito Ogawa
Altro titolo piuttosto eloquente, nel quale sono raccolti gli ultimi incontri di alcune coppie più o meno inusuali in occasione della cena, che forse non condivideranno mai più. C’è chi sta per passare a miglior vita, volente o nolente, e dunque riceve o prova a concedersi il conforto necessario per non avere rimpianti; qualcun altro, invece, vuole rinforzare un legame grazie al cibo più gustoso che abbia mai mangiato.
Ognuna delle storie narrate da Ito Ogawa conduce ad un saluto definitivo, eppure questo non sarà mai del tutto negativo: come avviene in molti romanzi giapponesi, si cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno e in questo caso il cibo, che sia una fresca granita o un caldo misoshiru, avrà l’effetto positivo di lasciare non solo ai protagonisti ma anche al lettore un retrogusto non così amaro come ci si potrebbe aspettare.
Finché il caffè è caldo – Toshikazu Kawaguchi
Tra i romanzi giapponesi finora citati, si tratta di un recentissimo best seller di cui è uscito recentemente anche un seguito. Finché il caffè è caldo merita il proprio successo, per la grazia e la freschezza con cui tratta la questione dei rimpianti o dei rimorsi.
Cosa fareste se poteste parlare con qualcuno che non c’è più o non vedete da una vita ma solo per il tempo di un caffè? Chi scegliereste di incontrare e perché? Sareste però in grado di non rimanere incollati alla sedia e dimenticarvi del caffè che si raffredda? Bisogna stare attenti, perché non potreste più tornare indietro. Questa bevanda, amatissima da noi occidentali e un po’ meno comune tra i giapponesi, accompagna le storie degli avventori di questa piccola e magica caffetteria, famosa per quest’unico tavolino a cui potersi sedere per rincontrare qualcuno del nostro passato e dare un senso a ciò che è stato e ciò che d’ora in avanti sarà.