J-Pop rilascia il romanzo di Death Stranding che in nessun modo può sostituirsi all’esperienza videoludica ma risulta comunque interessante
C’è da dire subito una cosa sul romanzo di Death Stranding edito da J-Pop: se come me avete paura di questi prodotti satellite perché non aderenti al canone narrativo a cui siamo tanto affezionati, ho una buona notizia per voi, l’autore dei 2 volumi che insieme formano l’opera completa, è tale Hitori Nojima, persona che insieme al buon Hideo si è occupata in prima persona di stendere la sceneggiatura del videogame di Death Stranding e quindi ogni più piccolo elemento che potrete carpire dalla lettura e che costituisca una nozione “extra” rispetto al gioco, è da considerarsi in tutta la sua autorevolezza ufficiale. E questa è già una gran cosa. L’altra faccia della medaglia è che nel macroscopico (ma non nel dettaglio come vedremo in seguito), c’è ben poco di extra, trattandosi di una fedelissima e pedissequa trasposizione della trama originale del gioco dall’inizio alla fine.
Detto questo, valutare la bontà dell’opera, non è semplicissimo, non solo perché si tratta di un prodotto transmediale particolare, ben diverso per esempio, dal film che adatta il tal romanzo in cerca di una autonomia propria. La componente derivativa nel caso del libro di Death Standing è totale, c’è un rapporto simbiotico con il videogame senza il quale il racconto inevitabilmente perde qualcosa. Sembra che tra le righe ci sia la volontà di parlare a chi autonomamente è già in grado di evocare le immagini dell’esperienza videoludica. Non che la scrittura non sia didascalica quando serve o avara di dettagli, ma ciò che viene descritto nel libro, pare quasi complementare rispetto a quanto abbiamo vissuto in prima persona. Vengono evidenziati alcuni dettagli delle vicende e di chi le anima, ma sono diversi, non sono necessariamente ed esattamente quelli visti nel gioco.
Ecco quindi che il romanzo “soffre” di ripetitività nei confronti del videogiocatore consapevole, ma allo stesso tempo, paradossalmente, proprio chi vivrà il deja-vù tra le righe del libro, sarà anche chi coglierà appieno la potenza del racconto. Perché andrà a integrare con nuovi approfondimenti sui personaggi, pensieri e riflessioni degli stessi, proprio il ricordo di tutti quei momenti che il gioco affidava all’occhio, l’orecchio, e all’interazione. Tre componenti fondamentali per veicolare i temi di Death Stranding. In effetti, per rimanere nel campo dei paradossi, chi conosce Kojima sa bene quanto questo autore possa essere allo stesso tempo prolisso, verboso, ma anche indissolubilmente ancorato allo strumento videogioco in quanto mezzo interattivo per raccontare qualcosa. Ecco quindi che i silenzi, la musica, la fatica, i panorami desolati, la cooperazione con altri giocatori mossi dallo stesso obiettivo di “connettere” il mondo, il rapporto con B.B., il viaggio di Sam vissuto attraverso l’azione del giocatore, diventano parte integrante del messaggio.
Tutto questo ovviamente manca nel libro, che però abbastanza intelligentemente, come già detto, riempie i “vuoti” interattivi mettendo parzialmente da parte la descrizione delle atmosfere e concentrandosi sui personaggi. Senza dubbio è un approccio interessante quando si tratti di conoscere con più frequenza le emozioni e le riflessioni di Sam, notoriamente taciturno nel videogioco, ma anche quando i protagonisti delle pagine sono invece personaggi comprimari rilevanti. Al netto del taglio di qualche prepper “inutile” ai fini della narrazione, possiamo beneficiare di un background più accurato per personaggio come Die-HardMan, Mama, Higgs, ecc.
Il romanzo di Death Stranding grazie a questi accorgimenti e ad una scrittura abbastanza semplice e diretta, ha un buon ritmo, e si rivela soprattutto un compendio da affiancare al titolo originale per tirare le fila della sua narrazione, qualora nell’esperienza videoludica la distribuzione non omogenea di essa lungo le interminabili ore di gioco sia stata in qualche modo ostacolo alla piena comprensione di tutti gli eventi che hanno portato al surreale e potente epilogo. Viene quindi senza dubbio consigliato a tutti i fan dell’opera di Kojima, trattandosi tra l’altro anche di un bellissimo oggetto da collezione splendidamente confezionato (la cover è spaziale).