Con Samurai Shodown SNK rispolvera un suo leggendario brand generando un paradosso davvero interessante: è possibile affidarsi totalmente al passato ed essere oggi l’alternativa più originale all’interno di un genere?
Nei primi anni ’90 Street Fighter 2 portò i picchiaduro ad incontri a diventare un fenomeno senza precedenti. Furono anni infatti in cui moltissimo concorrenti tentarono di ritagliarsi la propria fetta di pubblico realizzando il loro beat’em up personale. Tra chi ottenne maggiore successo, ci sono sicuramente quegli studi di sviluppo che più riuscirono a proporre un’idea originale nel genere, senza imitare troppo Street Fighter. Uno di questi su sicuramente Midway con Mortal Kombat, ma senza dubbio, il rivale più celebre di Capcom che si ricordi, forse perché come la casa di Osaka proponeva giochi dal gusto squisitamente nipponico, è senza dubbio SNK.
Dopo aver creato Fatal Fury, l’intuizione di SNK, prolifica come poche in questo ambito, fu immediatamente quella di creare un nuovo franchise che avesse una formula unica nel suo genere, in modo da creare un’alternativa netta e radicale rispetto al “solito modo di giocare i picchiaduro”.
Si decise quindi di creare un titolo in cui ogni protagonista fosse dotato di un’arma bianca. Non si trattava però di una questione stilistica ma di un elemento caratteristico e determinante nel gameplay. Sostanzialmente, ciò comportava che con pochi fendenti ben piazzati, si potesse annichilire l’avversario. Un approccio molto verosimile quindi agli incontri tra samurai vagabondi, ninja e altri curiosi individui armati e tipologie di spadaccino, il cui contesto del Giappone feudale non poteva che fare da perfetta cornice. Samurai Shodown era prima di tutto però un titolo che funzionava benissimo, ma il perché lo vediamo più avanti, visto che oggi, nel 2019, SNK decide con l’ultimo capitolo della saga di tornare alla origini chiudendo in cerchio.
Dopo Samurai Shodown 2, considerato il capito più “rotondo” e perfetto della saga, qualcosa andò però storto. La serie che fino a quel momento aveva avuto un gran successo ed era molto apprezzata dal pubblico, cominciò a perdere colpi. I successivi seguiti infatti, cercando di evolvere in qualche modo il concept, finirono per certi versi per snaturarlo, inserendo meccaniche non accolte benissimo dai fan, come una doppia versione dei personaggi con diversi stili di combattimento e una velocizzazione nel ritmo di gioco che andava ad intaccare il fascino e la tensione dei combattimenti. Quando infine si giunse all’epoca dei picchiaduro 3D, in cui anche Samurai Shodown tentò di entrare a gamba tesa con un capitolo tutt’altro che memorabile, la serie ormai era scomparsa totalmente dai riflettori.
Ritorno alle origini
SNK con l’ultimo capitolo di Samurai Shodown, che non a caso abbandona la numerazione, cerca in qualche modo un reboot della serie, per andare a ripescarne lo spirito originale. Un’operazione che ci ha ricordato quanto fatto da Capcom con Street Fighter 4. In quel caso infatti, l’idea fu quella di recuperare il ritmo e le basi di Street Fighter 2 per modernizzare la formula di gioco più celebre della saga, lasciando perdere le derive successive. Samurai Shodown fa sostanzialmente la stessa cosa. Il core del titolo è sicuramente ripreso dal secondo episodio, e dai successivi capitolo sono stati presi solo pochi elementi tra i più riusciti, più una manciata di personaggi.
Samurai Shodown quindi, oggi come negli anni ’90, è ancora un gioco unico nel suo genere, qualcosa di mai ritentato nella storia dei videogiochi, se non attraverso qualche timido tentativo caduto nel dimenticatoio, come Bushido Blade. Si tratta di un titolo talmente radicale nella sua formula che difficilmente accetta compromessi nel suo apprezzamento. In parole povere: o si ama o si odia. I fondamentali, le basi, sono quello su cui si reggono gli incontri, le mosse normal nel gioco, divise in fendenti leggeri, medi e forti, e un tasto per il calcio, non sono molte e rappresentano il cuore delle capacità offensive dei vari personaggi.
Non ci sono combo di nessun genere, se non qualche breve sequenza da pochi colpi, e ogni attacco è in grado di svuotare ingenti porzioni della barra vitale avversaria. Inoltre i personaggi hanno tutti una certa pesantezza e si muovono piuttosto lentamente. Tutto ciò è propedeutico al creare situazioni incredibilmente tese, che si decidono in poche mosse, in cui ogni errore lascia scoperti in maniera letale, e dove il tempismo le la gestione degli spazi è fondamentale. Si tratta di un gioco dove lo studio dell’avversario, il mind-game, è tutto, ed è il motivo principale per cui ancora più che negli altri casi, giocare contro la CPU perde immensamente di valore rispetto al multiplayer.
Ove quindi l’attacco si compone di solide ma semplici basi, il combat system si fa più sofisticato nel versante della difesa, presentando molte opzioni per il giocatore. Possiamo quindi eseguire parate perfette che deflettono i colpi avversari scoprendoli, possiamo fare una contromossa, molto difficile da padroneggiare, che disarma l’avversario, costringendolo a recuperare l’arma sul campo e lasciandolo nel mentre in una forte posizione di svantaggio. Posizione in cui però è possibile eseguire un altro tipo di counter e bloccare a due mani la lama avversaria per disarmarlo a sua volta. Possiamo inoltre schivare lateralmente i colpi con la pressione di due tasti, tecnica molto utile soprattutto contro gli attacchi a distanza. A livello di esecuzione è tutto molto semplice, ma per quel che riguarda i tempismi, beh è tutto un altro paio di maniche. Affinare i propri riflessi in tal senso richiede ore e ore di pratica.
Samurai Shodown recupera poi la classica barra della Furia che è un ulteriore elemento di tensione nel combattimento. Si riempie subendo i colpi e una volta piena, può ribaltare le sorti dell’incontro. In quel caso infatti non solo i colpi saranno più potenti ma anche le mosse speciali. Di queste una oltre a fare grandissimi danni disarma l’avversario, e pretende la barra Furia piena, e l’altra potremmo definirla la “ultra” capace di togliere anche l’80% della vita nemica.
Premendo 3 tasti di attacco si accede invece all”Esplosione di Furia, uno status in cui tutte le mosse sono disponibili anche senza clausole e in cui si può sorprendere l’avversario con una delle mosse più caratteristiche del gioco, l’Issen. Si tratta di un fendente istantaneo, particolarmente ben coreografato, che se non parato, toglie moltissima energia all’avversario e la maggior parte delle volte risulta decisivo.
Queste basi si eseguono per tutti i 16 combattenti con gli stessi tasti, va da sé che è molto semplice e molto intuitivo imparare le basi di Samurai Shodown, e non è nemmeno particolarmente difficoltoso passare da un personaggio all’altro. Non è infatti una questione mnemonica saper sfruttare bene il proprio avatar spadaccino, quanto una questione di riflessi da applicare ad ognuno di essi, che ovviamente, presentano le loro differenze ben marcate nel moveset, le quali rendono il roster non gigantesco ma ben differenziato e apparentemente, bilanciato, anche se questo lo si potrà dire solo sul lungo termine.
Graficamente SNK ha fatto un lavoro immensamente più ispirato rispetto a The King of Fighters XIV. Pur non raggiungendo il fascino degli sprite originali, lo stile di questo Samurai Shodown non è affatto malvagio seppur nemmeno eccessivamente complesso nella conta poligonale. Le animazioni sono decisamente buone e i fondali veramente piacevoli nel loro restituire quell’idea di dipinto giapponese. Sicuramente però su tutto vincono le musiche, pacate, solenni, bellissime, capaci di trasmettere quasi l’atmosfera zen dei combattimenti.
Anche la versione next gen, disponibile esclusivamente per Xbox Series X | S non di discosta più di tanto dalle versione per l’ormai passata generazione. Il gioco rimane quello, e le uniche modifiche vanno a interessare il framerate e la risoluzione, che comunque non è poco, mantenendo inalterati tutti gli altri elementi tecnici.
Su Xbox Series X il gioco gira nativamente a 4K per 120 fotogrammi al secondo, restituendo un’esperienza di gioco più fluida che mai: ne avevamo già parlato in occasione della collection PS5 di Nioh, ma è bene ribadire come i 120 fps in giochi così tecnici siano una manna dal cielo non solo per l’eccezionale resa visiva, ma anche per l’evidente riduzione dell’input lag garantita da frame rate elevati.
Il gioco si comporta quindi benissimo sulla nuova ammiraglia Microsoft, nonostante abbiamo purtroppo riscontrato fenomeni di screen tearing durante i filmati che aprono e chiudono gli incontri (il problema però non si presenta durante le fasi di gioco, per fortuna).
La versione Series X non è però un nuovo pacchetto completo o una Game of the Year edition, ma semplicemente una patch distribuita via Smart Delivery a tutti i possessori dell’edizione del 2019, gratuitamente. Rimangono ovviamente disponibili quindi tutti i DLC già acquistati.
Sul fronte dei contenuti vengono le noti dolenti. Il single player contiene modalità estremamente classiche, tra sfide, modalità arcade con annessa storiella raccontata attraverso un prologo e un epilogo, e pochissimo altro, tra cui una modalità Dojo dalla dubbia utilità, in cui in teoria è possibile scontrarsi con l’intelligenza artificiale dei personaggi usati dagli utenti online. Ma dalla nostra prova, emerge che al momento non ci sono grosse differenze rispetto alla normale CPU. Il multiplayer è discreto ma non eccezionale, con un netcode che funziona abbastanza bene ma anche afflitto da strani bug, e anche se chiedete esplicitamente un avversario con una certa connessione, vi verrà assegnato molto spesso qualcuno che non corrisponde ai parametri. Inoltre è presente solo una modalità per partite amichevoli con lobby in cui regna l’anarchia e non è possibile regolamentare più di tanto i combattimenti, e una ricerca di partite classificate. Da questo punto di vista, SNK ha diverso lavoro per limare le cose.
Concludiamo quindi dicendo che Samurai Shodown è un titolo che ogni appassionato di picchiaduro dovrebbe provare per 2 motivi semplicissimi, è una mosca bianca nel genere, e in questa sua unicità riesce a funzionare benissimo.
(Articolo pubblicato originariamente per la release del gioco e aggiornato in occasione della pubblicazione delle ultime patch per Xbox Series X | S)