A tu per tu con Wargaming e la realtà aumentata
Se si pensa ai musei, il più delle persone non ha generalmente un moto di felicità. I musei sono spesso archiviati come luoghi noiosi e, pur non avendo in mano numeri ufficiali, ci sentiamo di dire che quasi certamente una buona fetta della popolazione nostrana ha smesso di metterci piede con la fine della scuola. Eppure il museo è un luogo non solo di cultura, ma anche di grande fascino la cui fruizione può favorire notevolmente l’apprendimento, che si tratti di antichità o contemporaneità. Un buon nerd non dovrebbe mai smettere di gironzolare per musei, ma è proprio gironzolando tra quest’ultimi che, chi vi scrive, si è reso conto di quanto la fruizione museale, specie nel nostro paese, sia al di fuori della portata del pubblico. Diciamo che, dal nostro punto di vista, esistono due problemi fondamentali: uno relegato prettamente a questioni finanziarie, con i limiti imposti dalla politica nell’investimento delle attività museali e culturali, l’altro prettamente ideologico, che considera i musei ad attività noiose e poco attraenti.
Pur amando i musei è effettivamente impossibile dar torto a chi non li trova propriamente soddisfacenti. L’esperienza museale è spesso relegata ad un semplice giro tra teche e quadri che, per quanto appaganti sotto il profilo storico e artistico, non riescono a mantenere alto l’interesse di un pubblico più generalista e “disilluso”. Ci sarebbe da fare una colpa ad anni ed anni di appiattimento culturale, e questo è indubbio, ma, visto che ci siamo: non sarebbe meglio trovare una soluzione?
Quest’ultima potrebbe derivare dai concetti di gamification e edutainment, parole complesse che sostanzialmente cercano di coniugare la quotidianità all’interattività tipica dei software ludici e, in minor misura dei videogame. Il progetto che si sta espandendo nel mondo (in diversi sedi che, autonomamente, hanno compreso il bisogno di riavvicinarsi al pubblico) è, in fondo, molto semplice: utilizzare diverse innovazioni tecnologiche per far sì che queste combinino gioco, intrattenimento e soprattutto divulgazione e apprendimento, costruendo così una base solida ai musei del futuro, appianando quello che è il problema delle barriere socio-culturali che tengono, purtroppo, gran parte della popolazione al di fuori delle strutture museali.
Curiosi di capire quali fossero gli attori che stanno progettando e investendo nell’edutainment del domani, abbiamo incontrato Matt Daly di Wargaming, a capo di un progetto all’interno della compagnia che sta proprio investendo e sviluppando nel campo dell’intrattenimento didattico e museale. Wargaming, da sempre legata a doppio filo con il realismo storico è, qualora aveste vissuto sulla Luna, la compagnia russa che ha dato i natali al popolare World of Tanks e, più recentemente, a World of Warship. Coniugando l’interesse e la passione di Wargaming per le macchine belliche e la necessità di mantenere il pubblico interessato alla Storia, Matt e il suo team si stanno lanciando in un progetto “semplice” ma appagante: quello della realtà aumentata nei musei, che permetterà, se tutto andrà come deve, di poter vivere in prima persona l’esperienza dei musei del futuro, non semplicemente fruendo, ma interagendo con le esposizioni.
Nato assieme al team di Gravity Jack, il progetto si pone l’obiettivo di rispondere ad un’esigenza molto concreta, quella relativa alla mancanza di alcuni oggetti che sarebbero perfetti per un’esposizione museale ma che, per motivi diversi, non sono disponibili. Il caso è stato messo su proprio per rispondere ad un’esigenza simile del Tank Museum di Bovington in Inghilterra che, per motivi di “rarità”, non dispone nella sua collezione del modello di carrarmato Tiger “SturmTiger”, un prototipo di cui esistono solo 3 unità al mondo.
Wargaming ci ha offerto la possibilità di provare, attraverso Hololens, il suo personale “modello” di SturmTiger, così come è stato concepito per sopperire alla necessità del Tank Museum. L’obiettivo è semplice: arginare il problema della conservazione storica, specie per quegli oggetti o strutture che, soggetti ad usura o a mal conservazione, si sono estinti nel tempo. Un lavoro che permetterà, attraverso il software, di conservare ed archiviare pressoché tutto quello che meriterebbe l’esposizione e il ricordo attraverso l’esperienza museale. Un lavoro di archeologia digitale, che renda disponibile per tutti una forma di conoscenza altamente interattiva.
Non c’è modo migliore per spiegare la portata di questo progetto, se non con le parole dello stesso Responsabile, ideatore e promotore: Matt Daly in persona si è fermato con noi a chiacchierare del significato della loro opera e degli obiettivi raggiunti e da raggiungere. Vi presentiamo l’intervista che abbiamo confezionato grazie alla grande disponibilità di Wargaming.
Stay Nerd: Matt, innanzitutto, una domanda sulla tecnologia con cui lavorate. Sebbene nel vostro caso sia anche per scopi didattici, questa espone ancora a grossi rischi gli sviluppatori, visti i limiti tecnici di accuratezza e precisione, ad esempio degli occhiali Google e Microsoft dotati di realtà aumentata, a fronte di un prezzo ancora molto alto e un feeling, da parte dell’utenza videoludica, a dir poco straniante. Come motivate quindi la vostra scelta? Ritenete che il tempismo sia giusto, o forse è attraverso l’iniziativa che la tecnologia stessa deve trovare il coraggio di fare passi in avanti?
Matt Daly: Beh, quello che dici è un elemento di cui teniamo conto. Per questo testiamo la nostra tecnologia spesso in partnership con musei e altri posti che ci permettono di raggiungere un ampio pubblico. È importante per noi vedere come una grande audience reagisce a una tecnologia ancora estremamente nuova. I limiti tecnici che un occhio esperto può percepire non sono rilevanti per la maggioranza della popolazione, almeno non a una prima occhiata. Quello che vedono, a una prima occhiata, è un carro armato virtuale a dimensioni reali vicino a loro, attorno al quale o dentro al quale possono camminare e osservare a piacimento. Questo è appena un primo passo, ma fosse anche solo questo, è già un risultato eccezionale che non sarebbe raggiungibile altrimenti, un’esperienza che nessuno ha mai potuto avere sinora. Questo spiega tutta la sorpresa e la meraviglia delle persone che lo provano, e per ora superano i limiti tecnici che, sì, esistono, ma con il tempo e le risorse saranno superati, rendendo l’esperienza ancora più realistica e appagante. Persino per noi addetti ai lavori che siamo più abituati a “stare dentro a Matrix”! Si dice che dai 3 ai 5 anni da ora, la tecnologia sarà in grado di superare tali limiti, ma il punto per noi è che per allora tutto questo sarà già diventata cosa comune, anche perché è importante muoverci sin da subito. Così come è importante tenere conto del livello di familiarità che l’utente medio ha o non ha con questo tipo di tecnologia, il che ci permette di stabilire che tipo di esperienza offrire. Le Hololens sono davvero qualcosa di incredibile, da questo punto di vista, perché offrono un’esperienza allo stesso tempo sorprendente e intuitiva, in un sistema contenuto, che non richiede chissà quali accorgimenti: vedi ancora il mondo attorno a te quando le usi, non rischi di cadere o inciampare su qualcosa, ma vedi anche un carro armato di cui, anche se sai che non è reale, sarà difficile dimenticarsi. E poter raccontare, far rivivere materiale storico di vario tipo attraverso esperienze mediate dalla tecnologia è una grande occasione.
SN: Già, anche noi ci ricorderemo di aver visto un carro armato qui a Gamescom 2017! Il nostro pensiero, comunque, va anche oltre la Realtà Aumentata, verso la Realtà Virtuale. Come vi rapportate a quest’ultima?
MD: Noi lavoriamo con la VR da circa tre anni ormai. Abbiamo cominciato con video in Realtà Virtuale, quando ancora richiedevano un cablaggio folle e invasivo. Ma la tecnologia è avanzata anche in questo campo, da allora. Prima i video a 360 gradi erano percepiti come cose dell’altro mondo, ora invece sono piuttosto comuni. E, di nuovo, è stato importante per noi muoverci dal primo momento possibile, sempre per offrire alle persone, attraverso musei o altre collaborazioni, il più alto livello di sorpresa possibile, cosa che oggi non sarebbe stata possibile come lo è stata tre anni fa. Ora non facciamo più molti video in VR, a meno che non ci sia un motivo specifico per farlo. Abbiamo investito molto tempo e risorse, quando era il momento, ma ora ci concentriamo più sul prossimo passo della tecnologia. Dove eravamo tre anni fa con la VR, è dove siamo oggi con la AR. Tra tre anni probabilmente il carro armato che vi abbiamo mostrato oggi avrà una risoluzione maggiore, effetti particellari, così come li avranno anche altre sequenze cui stiamo lavorando, ad esempio di scontri aerei. In ogni caso, manterremo questo rapporto di sorpresa che deriva dal camminare accanto, e non correre in anticipo, all’utente. Molti sviluppatori che lavorano con Realtà Aumentata e Realtà Virtuale fanno l’errore di presumere che tutti abbiano la stessa conoscenza che hanno loro della tecnologia, e non è assolutamente così. Ma ora tutti stanno facendo decisi passi in avanti.
SN: Per l’appunto, un’altra esperienza sorprendente di questa Gamescom 2017 è stata la prova che abbiamo fatto dell’HP Omen Shield, un computer removibile dalla forma di uno scudo, che si può portare come uno zaino e offre circa un’ora di gioco in VR senza fili, solo con visore e “backpack”, fino all’esaurimento delle batterie. Quello e la prova con voi e le Hololens sono le due cose che ci hanno colpito di più!
MD: Già, anche noi stiamo lavorando a diversi progetti con la tecnologia Omen. Ma, come dicevo, sono tanti piccoli passi in avanti. Tu hai parlato dell’importanza di poter giocare in Realtà Virtuale senza fili, ed è fondamentale, poi c’è l’altro elemento della miniaturizzazione. Pian piano tutti i processori si rimpiccioliranno, garantendo la massima funzionalità e ottimizzazione dello spazio. Noi stessi abbiamo testato moltissima tecnologia, come sviluppatori, ma dobbiamo dire che niente ci ha colpito come le Hololens. Abbiamo provato tante cose, l’anno scorso, molte delle quali davano l’impressione di essere roba del 2016, perciò al passo con i tempi, ma quando abbiamo indossato le lenti… non sembrava tecnologia del 2016, ma del 2020, almeno! L’intuitività dell’interfaccia e di tutto il resto, ci è bastato indossarle e interagire con la finestra del menu principale. L’abbiamo fatto, tra l’altro, in un castello senza Wi-fi, nel posto meno tech-friendly cui potessimo pensare, ed era comunque tutto lì, nel semplice gesto di indossare le lenti e “usarle”. Perciò, riallacciandoci per un attimo al discorso di prima: lavoreremo per migliorare ogni aspetto tecnico possibile, ovviamente, ma già da ora nessuno può dire che questo tipo di esperienza, da sola, non funzioni. Perché funziona alla grande.
SN: Microsoft vi supporta in questo vostro progetto?
MD: Sì, ci aiuta con molti dispositivi e condividendo tantissima conoscenza, sia dal punto di vista tecnico che da quello del design. E la conoscenza tecnica è importante, ma anche stilisticamente, visto che stiamo visitando per primi territori inesplorati e dobbiamo pertanto creare da zero il nostro design di dispositivi tecnologici all’avanguardia, o di mondi in VR, AR ed esperienze come quelle che offriamo. Se parliamo, per esempio, di inserire una scultura in Realtà Aumentata, non si può semplicemente inserirla così, nel mezzo dello spazio disponibile. Bisogna considerare come il resto dello spazio viene utilizzato, quali sono le condizioni di luce, e che gli oggetti in Realtà Aumentata stiano volutamente interagendo o siano messi in “contrasto” con l’ambiente intorno a loro. Il carro armato che tu hai visto in AR, l’abbiamo programmato perché comparisse, in un museo, accanto ad un modello fisico, suo gemello reale, invecchiato dal tempo e dalla storia. Questo aggiunge tutto un altro livello di immersione all’esperienza.
SN: Visto che hai parlato di interattività, avete pensato a programmare esperienze più interattive rispetto all’utenza? Perché se vedere un carro armato è stato fantastico, poterci entrare interagendovi lo sarebbe ancora di più!
MD: Ne abbiamo parlato, è qualcosa che consideriamo. Ma per ora, ci limitiamo all’osservazione, questo è il primo step dell’interattività. Probabilmente, il prossimo step consisterà nella richiesta di una azione da parte dell’utente, prima che si inneschino altri eventi in una sequenza. Lo step dopo ancora, chi può dirlo? Dobbiamo fare un passo alla volta perché, persino tra addetti ai lavori, c’è ancora molta inesperienza con questo tipo di tecnologia, e non vogliamo rischiare che l’utenza sia confusa, sopraffatta e rimanga delusa da ciò che le offriamo. Quando sentiremo che tutti avranno confidenza con l’osservare un carro armato vicino a loro e l’esperienza perderà di attrattiva, allora sarà il momento di spingerci ancora più in là. Quindi offriremo all’utente la possibilità di interagire con oggetti storici come carri armati o navi da battaglia, sviluppando un rapporto diretto con essi e “affezionandosi” ulteriormente a questo tipo di narrazione mediata e coinvolgente di informazioni.
SN: La Realtà Aumentata, benché sia tecnologia recente, è già in continua evoluzione. In uno scenario tecnologico di questo tipo, che non si ferma mai, qual è il massimo risultato cui può ambire uno sviluppatore?
MD: Non credo che esista ancora un risultato massimo in senso assoluto. Per altri tipi di medium, come il videogioco, si può ottenere il successo di critica e pubblico, e risultati economici, ma la Realtà Aumentata probabilmente in futuro diventerà presto ben più di un “gioco”. Le implicazioni della Realtà Aumentata, e quindi dell’industria che vi si costruirà attorno, sono infinite: dalla didattica, all’informazione, al decadere del concetto di distanza, alla simulazione, all’empatia, all’interazione virtuale e così via. Lo stesso giocare ne farà parte e forse un giorno non lo chiameremo più “giocare”, ma sarà un contesto come tanti altri, aggiunti e perfettamente integrati nella nostra vita di tutti i giorni. E qui torniamo a parlare di Matrix…
SN: Strano come salti fuori spesso nella conversazione!
MD: Eh già! (ride) Ma comunque, a parte gli scherzi, è difficile dire come saranno i musei del domani. Quel che è certo è che si affaccia un problema concreto sulla storia del nostro pianeta, e questo è il problema della conservazione. Premesso che ci si augurerebbe che certe opere, certe costruzioni, certi lasciti, non finissero per essere persi o distrutti, è più concreto e realistico aspettarsi che non tutto quel che oggi c’è sulla Terra potrà esserci anche domani. L’infame lavoro di distruzione della memoria storica di Palmira ad opera dell’ISIS, del resto, è solo uno dei tanti esempi di cosa possa succedere alle antichità presenti sul nostro pianeta. Guardando oltre, immaginate cosa potrebbe voler dire se la tecnica raggiungesse un livello tale da trasformare un paio di occhiali in un corridoio museale. Immaginate cosa potrebbe essere il mondo se l’edutainment riportasse all’uomo quelli che sono gli interessi fondamentali che ne hanno favorito l’evoluzione: la curiosità e cultura. Non suona tremendamente bello?
Ed è infatti bellissimo, perché è tutto già qui, tangibile come può esserlo un carro armato in realtà aumentata, ma non meno fantastico. Ci sentiamo un po’ come le prime persone che per la prima volta videro arrivare un treno in stazione, mentre erano seduti in un cinema, ma con la differenza che non abbiamo avuto paura e non siamo scappati. Anzi, abbiamo accolto questa esperienza con la consapevolezza che è solo l’inizio di qualcosa di più grande e che la rivoluzione (o una sua versione tecnologica) è proprio là, dietro l’angolo, e noi di Stay Nerd saremo sempre pronti a raccontarvela.