Gloria a Savage Dragon, il dragone verde per eccellenza di casa Image
Savage Dragon è, forse, la variante più originale mai fatta di quell’insieme di dettagli, consuetudini (spesso veri cliché) e passione che costituisce il dna del supereroe.
In America, si sa, le avventure con protagonisti giustizieri in calzamaglia che combattono il crimine vanno per la maggiore, nonostante negli ultimi decenni sia cresciuta (e molto) l’importanza della cosiddetta “terza via” del fumetto statunitense.
Stiamo parlando di quella microgalassia, soprattutto se paragonata ai (multi) universi Marvel e DC, composta da stelle brillanti e innovative come Image Comics e Skybound, a cui si aggiungono realtà forse meno luminose ma altrettanto importanti come BOOM! Studios, IDW Publishing e Dark Horse.
Queste case editrici sono venute su in tempi diversi, ma sono tutte più o meno figlie del grande scisma degli anni ’90, quello che portò un nutrito gruppo di artisti come Todd McFarlane, Marc Silvestri, Jim Valentino, Jim Lee, Whilce Portacio a lasciare le Major per inaugurare un’impensabile autogestione, sia dal punto di vista editoriale che economico, fondando proprio la Image Comics. E cominciarono proponendo la loro personalissima idea del concetto di supereroe. Tra questi, quello più rivoluzionario è probabilmente il Savage Dragon di Erik Larsen.
Savage Dragon è, in questo momento, uno degli eroi più longevi della Image, anche se forse non è esattamente il più famoso e viene sicuramente dopo Spawn, un altro paladino decisamente fuori dal comune. Ma, per certi versi, è il più innovativo, il più originale e, soprattutto, quello che più di tutti ha cercato di rovesciare certi paradigmi dei comics supereroistici.
Tanto per cominciare, viene ininterrottamente pubblicato da 25 anni, scritto e disegnato sempre dal suo creatore Erik Larsen, cosa che lo rende praticamente un unicum nell’intero mondo del fumetto occidentale. Non esiste un altro fumettista capace di proseguire come autore completo su un personaggio di sua creazione per così tanto tempo, con un modus operandi che ricorda più quello dei mangaka orientali che dei cartoonist occidentali.
Il solo che potrebbe rivaleggiare per fedeltà e costanza è il nostro Leo Ortolani, che è andato avanti su Rat-Man per 28 anni; ma, mentre le avventure del Ratto si sono purtroppo concluse, quelle del dragone verde continuano. E chissà quando Erik Larsen avrà intenzione di fermarsi. Speriamo mai.
Nel frattempo, Savage Dragon sta finalmente per tornare nel nostro paese, grazie all’Editoriale Cosmo ha deciso di ripubblicarne interamente le avventure portando anche le sue ultime uscite.
Quale occasione migliore per ripercorrere gli inizi, i fasti e le glorie di una simile icona?
La figura del supereroe in America
Dicevamo, in America il supereroe è da sempre il centro di gravità permanente del fumetto, da ben prima che Savage Dragon fosse pubblicato. Questa è una cosa che conoscono anche i meno esperti della nona arte o chi non ha mai preso un albo in vita sua, è così da tempo immemore e si tratta di uno dei sistemi editoriali più oliati al mondo. Tuttavia, non stiamo parlando di un format scritto nella pietra, quasi una formula industriale riprodotta in catena di montaggio, anche se l’abbondanza delle tutine presenti potrebbe far pensare il contrario. E per Capire l’importanza della creatura di Erik Larsen dobbiamo andare all’inizio, alla radice di questo particolarissimo genere di racconti.
Fin da quando Joe Shuster e Jerry Siegel inventarono, di fatto, il genere con Superman e crearono i presupposti per il mercato dei comics, tutti gli autori che si sono succeduti ai testi e ai disegni di questi eroi li hanno reinterpretati dando una propria visione del canone. A volte ottenevano risultati originali e in altre finivano per realizzare delle mere imitazione del modello. Ovviamente, spesso dipendeva anche dalle esigenze di carattere economico e dai diktat editoriali.
Per dire, una cosa molto simile la abbiamo vista (e la vediamo ancora oggi) in letteratura, dove il paradigma coniato da Arthur Conan Doyle col suo Sherlock Holmes, ovvero le indagini di un detective sopra le righe, è stato reinventato centinaia di volte da tantissimi scrittori diversi.
Dunque è così, reinventando il canone dominante, che abbiamo visto nascere e vivere sulla carta eroi rivoluzionari come Batman, Wonder Woman e Capitan America. Tutte personali versioni che i loro autori, leggende come Bob Kane, William Moulton Marston, Joe Simon e Jack Kirby, hanno dato dell’archetipo del supereroe, una volta cercando di ideare un paladino oscuro e gotico, un’altra sviluppando le tematiche del femminismo e nell’ultima forgiando un’icona dei più nobili sentimenti a stelle e strisce a cui gli americani, specialmente quelli al fronte durante la Seconda Guerra Mondiale, potessero ispirarsi.
Negli anni, creativi di personalità sempre diverse hanno rimaneggiato questa formula per adattarli al sentire contemporaneo e alla propria sensibilità. Così, per dire, abbiamo avuto gli straordinari “Supereroi con superproblemi” di Stan Lee, gli X-Men di Chris Claremont, il Dark Knight di Frank Miller e i Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons.
Savage Dragon e l’avvento dell’Image Comics
Proprio questi due ultimi autori, Miller e Moore, hanno dato negli anni ’80 una sterzata decisiva al concetto stesso di supereroi, trasformandoli in superuomini egocentrici e talmente fragili, talmente umani nonostante le loro incredibilità abilità, da non riuscire a salvare nessuno, ben che meno se stessi.
Da questa rivisitazione, a tratti tragica a tratti realistica, nascono i supereroi degli anni ’90, di cui l’Image Comics si fa portatrice grazie ai suoi demiurghi irriverenti e rivoluzionari. Prima di essere cambiata l’idea del supereroe, infatti, è cambiata l’idea stessa dell’autore, non più un artigiano o una mente al servizio dell’icona di cui racconta le storie, bensì un artista libero di esprimersi senza vincoli di sorta.
Così i “Magnifici Sette” del fumetto decidono di dare vita alla Image, per poter fare quel cavolo gli pare e per rompere le catene produttive della major. Il motivo che portò McFarlane, Silvestri, Liefeld, Valentino, Portacio, Larsen e Lee a sbattere la porta fu che, semplicemente, volevano essere co-proprietari dei personaggi che creavano per la Marvel, non dipendenti. Volevano un riconoscimento, volevano che anche la casa editrice ammettesse quello che ormai sapevano tutti: non erano più dei normali fumettisti.
McFarlane e compagni, a quei tempi, erano famosi nel mondo del fumetto (ma non solo) come i Beatles nel mondo della musica. Erano delle star. Spostavano milioni di copie, ad ogni convention erano assediati da legioni di fan urlanti, i giornalisti li pedinavano.
Eravamo agli inizi della bolla speculativa degli annui ’90, i comics avevano da poco rotto l’argine della nicchia e ogni nuova iniziativa editoriale attirava fior di collezionisti che compravano di tutto.
Com’è finita, poi, è noto: la bolla è scoppiata, il mercato ha rischiato il fallimento e la voglia di spaccare il mondo dei Magnifici Sette si è un po’ ridimensionata. Tuttavia, la loro eredità è ancora viva, perché hanno creato la terza via del fumetto americano, battendo una strada nuova e inesplorata. Anche se, all’inizio, l’Image Comics, non senza il dente avvelenato, cercò proprio di sfidare le Major sul loro stesso terreno forgiando un universo narrativo condiviso da una serie di eroi assolutamente anti-canonici. Tutti eroi campioni di vendite, che agli esordi smerciavano milioni di albi e che sembravano davvero, per un momento, eclissare Batman, Spider-Man e colleghi.
Abbiamo già citato Spawn, probabilmente il più celebre dell’intera cricca, anche perché espressione all’ennesima potenza dell’arte di Todd McFarlane, ma non dobbiamo dimenticarci altre esperienze assolutamente meritevoli come gli Youngblood di Rob Liefeld e la Cyberforce di Marc Silvestri. Tra questi, Savage Dragon è stato il solo a mantenere la barra dritta, ad evolversi senza snaturarsi e a procedere verso un percorso preciso. Inoltre, col tempo ha dimostrato di essere quello con più cose da dire.
Merito di quel geniaccio di Erik Larsen, ovviamente, anche perché all’inizio era difficile pensare che il suo bizzarro eroe avrebbe avuto una simile fortuna.
Savage Dragon, strafottenza a pinna verde
La figura di Savage Dragon è di quanto più irriverente e anticonvenzionale ci possa essere nel mondo dei supereroi americani. Prima di tutto, nasce dalla fantasia di un Erik Larsen appena adolescente che durante il liceo si divertiva a disegnarne le avventure. E, infatti, l’immaginazione di un ragazzino per quanto talentuoso non poteva partorire altro che un gigante verde con le pinne, simile ad un Hulk acquatico.
Una volta passato alla Image insieme ai protagonisti dello scisma, ecco ritornare fuori dal cassetto questo character assolutamente improponibile. Ma quelli erano tempi folli in cui si progettavano cose altrettanto folli: tutto era possibile e ogni idea poteva trovare il suo sbocco ideale.
Esordisce in una miniserie di tre numeri intitolata Battesimo del fuoco, il cui primo capitolo esce nel maggio del 1992, qualche giorno dopo Spawn. Esattamente come il suo collega morto e risorto, Savage Dragon mostra un’evidente diversità rispetto al canone del supereroe, tuttavia lo fa in maniera molto più sottile e per certi versi rivoluzionaria.
Per cominciare, nel primo numero non vengono rivelate le sue origini, cosa che contraddice esplicitamente quella regola non scritta secondo cui ogni nuovo personaggio doveva presentarsi, spiegare brevemente chi è e da dove vengono i suoi poteri. Uno stratagemma, questo, più utile di quanto si pensi e che serviva soprattutto a far ambientare il possibile compratore dell’albo e convincerlo dell’acquisto. Non farlo voleva dire, oltre che essere in anticipo sui tempi (oggi tutti creano un po’ di mistero intorno al passato dei propri protagonisti), chiedere esplicitamente al lettore di fidarsi a scatola chiusa, cosa che solo autori arcinoti e con un seguito fedele come McFarlane e Erik Larsen potevano permettersi.
Nella prima pagina, il nostro colosso verde si presenta così: viene ritrovato in una nuvola di fuoco, si sveglia in un’ospedale afflitto da amnesia e non sa niente della sua identità. Viene chiamato, per comodità di tutti, Dragon e dimostra di avere una fisionomia quasi umana, fatta eccezione per una pinna verde in testa e un’evidente superforza. Tant’è che Frank, il poliziotto che lo ha trovato privo di sensi, gli chiede di arruolarsi e di aiutarlo a difendere Chicago dai criminali.
Infatti, la città sta vivendo una crisi senza via d’uscita a causa della comparsa di persone con superpoteri e mutanti di vario genere che si sono date ai furti e agli omicidi. La situazione è resa più difficile dal fatto che i pochi supereroi che ci sono, come Superpatriot e gli Youngblood, non sono affidabili.
Inizialmente riluttante, in seguito ad una tragedia personale Dragon decide di diventare a tutti gli effetti il primo (e unico) membro di un’unità speciale della polizia volta a contenere le minacce superumane.
Savage Dragon, un fumetto anomalo
Già queste poche informazioni dovrebbero bastare a farvi capire di che pasta è fatto Dragon. Non è un vigilante, un paladino o un eroe in calzamaglia, ma una “semplice” creatura dotata di forza e resistenza oltre la media che sceglie di fare lo sbirro. Non ha una maschera, non ha una bat-caverna, un maggiordomo alla Alfred Pennyworth, un costume, una spalla, o un martello magico alla Mjolnir.
Beh, a dirla tutta non ha la maschera perché in effetti non ha nessuna identità segreta proteggere, visto che non ricorda niente del suo passato, cosa che gli crea qualche problema quando cerca di avere una vita il più possibile normale. Agisce in un mondo completamente folle e fuori di testa dove, in maniera alquanto realistica, chi ha scoperto di avere dei superpoteri ha scelto di usarli per darsi al crimine e di non prendersi le sue “grandi responsabilità”.
Logicamente, nel mondo di Savage Dragon le persone reagiscono in maniera probabile alla comparsa di creature spaventose, superuomini e furfanti da fumetto. Il fatto stesso che Dragon venga arruolato in polizia, perché è il solo capace di contrastare questi mostri, lo evidenzia. Senza dimenticare che, in questa Chicago impazzita, emergono degli elementi estremamente realistici: la gente dice le parolacce, fa l’amore (molto spesso pure Dragon), muore (male) e il sangue scorrere a fiumi.
Inoltre, la diversità di questo fumetto viene costantemente evidenziata dalle scene di azione, sempre scoppiettanti e al cardiopalma, ma volutamente esagerate nel contenuto come nella forma.
Larsen illustra, ad esempio, scene in cui Dragon picchia tutti senza ritegno o in cui spara all’impazzata usando degli Uzi, oppure altre in cui il cattivone di turno si lancia in un monologo macchiettistico e lui risponde, senza troppi rigiri di parole, “Perché lo dico io!”. Dragon è poi estremamente serioso e, spesso, va in giro armato fino ai denti in camicia e jeans, con tanto di occhiali da sole. Se non avesse la pelle verde e una pinna sulla testa, sembrerebbe quasi una versione a fumetti di John Rambo. Il punto, forse, sta proprio qui: ad una prima occhiata assomiglia ad una parodia, invece è una storia piena di dramma e pathos.
Tutti questi fattori, che da un lato sembrano strizzare l’occhio al trash e all’epicità, creano uno strano cortocircuito. Leggere Savage Dragon vuol dire ritrovarsi in un gioco che appare familiare e nuovo al tempo stesso. Questo perché Erik Larsen ha preso gli elementi canonici delle storie dei supereroi e li ha mischiati in maniera assolutamente personale, sfottendoli e portandoli all’eccesso. Del resto, i disegni sono volutamente estremizzati, pieni di linee cinetiche, dettagli, muscoli poderosi e costumi improponibili. In realtà, questo è il segno dei tempi, di quegli anni ’90 che hanno cambiato ogni cosa e che lo stesso Erik si è presto lasciato alle spalle.
Erik Larsen e il suo dragone verde: crescere insieme
Proprio su Savage Dragon, infatti, Larsen è maturato insieme al suo personaggio. Negli anni, ha costantemente ampliato la mitologia intorno al suo figlio prediletto, creando di fatto un universo narrativo autosufficiente pieno di personaggi caratterizzati alla perfezione. Mentre la sua popolarità aumentava, Dragon cresceva di pari passo trasformandosi in una saga che non ha niente da invidiare a quella dei colossi Marvel e DC. Il fatto che tutto questo sia sempre scritto e illustrato da Erik Larsen vi fa capire di quale fenomeno stiamo parlando.
L’apprezzamento del pubblico, poi, è stato confermato nei decenni dalle tante iniziative che hanno coinvolto il drago verde, come diversi cross-over con alcuni pezzi da novanta come le Teenage Mutant Ninja Turtles, Hellboy e addirittura Superman!
Senza dimenticare, inoltre, la sua serie animata di grande successo, trasmessa nel 1995 a soli due anni dalla sua nascita ufficiale da USA Cartoon Express.
Un cammino costante che ha portato Savage Dragon ad una cavalcata durata ben 243 numeri tuttora in svolgimento, sempre rimanendo fedeli a se stessi anche se, inevitabilmente, qualcosa è cambiato.
Ad esempio, nel 2005, Erik Larsen ha deciso di rivelare le in una storia speciale realizzata per festeggiare l’Image Comics, contravvenendo in parte alle diversità che avevano caratterizzato il suo eroe.
Alla fine, le cose si evolvono e anche Dragon lo ha fatto, come dimostrano le ultime storie di Imperatore Drago uscite da poco nel nostro paese grazie all’Editoriale Cosmo, che ha deciso di riprendere la pubblicazione da dove in Italia si era interrotta tanto tempo fa.
In fondo, cambiare fa parte della vita e Dragon, nonostante fosse figlio lui stesso di un cambiamento epocale, lo ha fatto per continuare a vivere. E lo ha fatto sempre insieme al suo creatore, con cui ha avuto inizio questa lunga avventura e che speriamo non finisca tanto presto.