Il primo film di Aldo senza Giovanni e Giacomo
Dopo più di vent’anni e undici film insieme, lo storico trio Aldo, Giovanni e Giacomo si scioglie. O meglio, si prende una pausa. Non è del tutto chiaro da cosa sia dipesa principalmente questa decisione e chi abbia fatto la prima mossa, ma tra i tre il più convinto della scelta ci è sempre sembrato Aldo Baglio, e ce lo aveva confermato anche in un’intervista fatta più di un anno fa, in cui ci disse che aveva bisogno di prendersi del tempo per sé, per potersi esprimere artisticamente in modo diverso ed autonomo, e poi tornare insieme.
Non è un caso infatti che sia proprio lui, tra i tre, a dar vita al primo film in solitaria: Scappo a casa (al cinema dal 21 marzo), diretto da Enrico Lando e sceneggiato dallo stesso Aldo insieme a Morgan Bertacca.
Dopo tanto tempo l’attore non utilizza il proprio nome di battesimo nel film, e qui infatti è Michele, un uomo social a tutti gli effetti, che vive per apparire ed ottenere il punteggio più alto possibile su un sito di incontri. Ama le macchine e le belle donne, e per sentirsi più sicuro durante gli appuntamenti utilizza un parrucchino e prende costantemente delle pillole per il deficit dell’attenzione, che a lui servono soltanto per sentirsi eccitato 24 ore su 24.
Scappo a casa quindi, come avrete intuito, è un film che parte da dinamiche socioculturali per poi inzuccherarle con il genere della commedia e con l’immenso repertorio di un’istituzione di questo campo, ovvero Aldo. Vengono passati al setaccio tutti gli stereotipi della società e del maschio bianco e razzista verso i neri, che vive di superficialità, che passa i pomeriggi in palestra e indossa un rolex finto, prende “in presto” macchinoni dall’officina all’insaputa del suo capo e vive la sua vita tutta apparenza e social network. La realtà è ben più dura della falsa immagine riproposta dallo specchio e dalla fotocamera del suo cellulare, perché al di fuori di questo Michele è una persona sola, senza amici né partner e che prova sentimenti solo per il proprio parrucchino.
Ci penserà il karma a punirlo, in un viaggio a Budapest che parte con fantastiche premesse ma che si tramuta per lui in un vero inferno, e sarà spedito in un centro di accoglienza scambiato per un tunisino.
È qui che, dopo un inizio in cui la necessità di propinarci stereotipi si riflette in un cumulo di cliché comici abbastanza noiosi, il film prende davvero vita e sembra farlo anche Aldo Baglio, che al pari di un diesel migliora la sua performance minuto dopo minuto, diventando all’improvviso consapevole di esser da solo, senza i restanti membri del trio, e iniziando a fare sul serio.
La trasformazione umana del suo personaggio, che prende coscienza della sua vita misera e scialba, tramite tanti piccoli passaggi ma anche frasi perentorie – rivolte al nuovo amico Mugambi (Jack Ido) – come “se dalla mia vita togli donne e motori, non rimane nulla”, va di pari passo con quella dell’Aldo attore, che smette di sentirsi un pesce fuor d’acqua e inizia a recitare, pescando a piene mani dal suo vasto repertorio, facendoci anche ridire di gusto in qualche occasione.
Il tema del cambiamento è quindi alla base di Scappo a casa, così come lo è nella vita professionale di Aldo, e la vicinanza tra l’attore e il personaggio è palpabile, grazie all’idea di mettersi in gioco e – appunto – cambiare, con il risultato di stare quasi inaspettatamente bene, persino meglio di prima.
Se infatti la prima parte del film stenta a decollare, mettendo a dura prova l’attenzione dello spettatore, la seconda parte è una lieta sorpresa, anche per merito di una scrittura che finalmente funziona e che sciorina una serie di personaggi interessanti, come la bellissima Babelle (Fatou N’Diaye) o la poliziotta interpretata da Angela Finocchiaro: alcuni risultano piuttosto macchiettistici, ma è questa sfumatura a renderli divertenti nel contesto del film.
A coronare il tutto un’ottima soundtrack composta da Fabrizio Mancinelli, che ha fatto parte della direzione d’orchestra dietro la colonna sonora di Green Book. Il lavoro certosino e professionale è in tal senso tangibile, e a questo si aggiunge in chiusura il brano “Chiedimi come” degli Oblivion.
Scappo a casa è un esperimento riuscito forse a metà, ma è la metà migliore quella che rimane più impressa nella testa e soprattutto nel cuore degli spettatori, con le consuete risate che un mestierante come Aldo sa elargire ma più che altro grazie ad un’opera complessivamente sorprendente per il modo in cui vengono presentate tematiche sociali importanti. Sono argomenti che, al netto della loro insindacabile rilevanza, risultano decisamente triti nella settima arte eppure Aldo e Lando trovano la maniera di stupirci e al contempo giocare con un cinema fatto anche di rimandi e di omaggi iconici, e non soltanto ai precedenti lavori del trio.
In sostanza il tema del cambiamento si ripercuote anche sul nostro giudizio e la sua evoluzione dall’inizio alla fine del film, che ci lascia con un finale un po’ dolceamaro ma con la constatazione che chiunque può essere buono o stronzo a prescindere dal colore della pelle, e soprattutto che nella vita “solo gli imbecilli non cambiano mai idea”.