Nato dalla mente di uno sviluppatore indipendente tedesco, Chained Echoes si sta rivelando uno dei migliori JRPG degli ultimi tempi

Sette anni di lavoro. Pasti a base di pizza al prosciutto di Parma e rucola. Una demo consegnata all’ultimo. Sviluppare Chained Echoes non è stato affatto semplice per Matthias Linda, game designer tedesco indipendente. Eppure ne è valsa la pena, per lui stesso, che è riuscito nel suo intento di omaggiare i classici JRPG anni ‘90; per noi giocatori e giocatrici, che abbiamo chiuso il 2022 con uno dei migliori esponenti del genere degli ultimi tempi.

A differenza di meri omaggi alla vecchia scuola JRPG, come Cris Tales, Chained Echoes fonde elementi tratti da Final Fantasy VI, Chrono Trigger, Xenogears, Terranigma, Suikoden II e li reinterpreta per un risultato finale sì nostalgico, ma anche unico, originale, coinvolgente.

Il mondo a 16-bit di Chained Echoes

Quello di Chained Echoes è un mondo che ha conosciuto solo guerra e morte. Negli ultimi 150 anni, i tre regni del continente di Valandis sono stati protagonisti di sanguinose battaglie guidate dall’astio.

Un giorno, durante l’ennesimo scontro, un timido ma coraggioso pilota di Sky Armor di nome Glenn, innesca inconsciamente il potere di una pietra magica, la quale provoca un’esplosione devastante. Un risvolto inaspettato e sanguinoso, che tuttavia porterà finalmente alla pace.

Un anno dopo la ripresa di una normalità rimasta sopita per troppo tempo, la guerra sembra ripiombare di nuovo su Valandis: forze politiche del regno di Taryn stanno operando per prendere possesso della misteriosa pietra e dare di nuovo inizio alle ostilità. Spetta a un improvvisato gruppo di avventurieri scoprire gli intrighi dietro al nuovo conflitto e riportare la pace su Valandis una volta per tutte.

Nel corso delle quaranta (e più) ore che servono per completare Chained Echoes, andremo a esplorare un mondo dai toni fiabeschi, le cui tematiche sono però profonde, a tratti malinconiche. Ogni popolo che incontreremo durante il nostro articolato peregrinare reagirà alla guerra (o alla pace) in maniera diversa.

In tal senso, la scrittura di Matthias Linda riesce a caratterizzare a dovere i singoli luoghi, ciascuno con i propri problemi, punti di forza, usi e costumi. Lo stesso vale per gli otto protagonisti, con i quali è facile entrare subito in sintonia. Anche perché il loro passato è strettamente legato alle vicende di Valandis, per un setting generale vivo, variegato, ricco.

Tutto ciò innesca una serie di eventi coinvolgente, dai risvolti a volte divertenti, altre volte tragici. Non fatevi ingannare dalla splendida e tenera grafica a 16-bit né dal registro narrativo semplice: in Chained Echoes le emozioni arrivano forti.


I turni sono morti, lunga vita ai turni

Sui combattimenti a turni se ne parla da anni nelle nicchie di fan di JRPG. C’è chi li guarda con nostalgia, anche se a conti fatti risultano poco appetibili oggi. Solo alcune eccezioni riescono a reinterpretare egregiamente la meccanica, e tra queste vi è Chained Echoes.

Come detto nell’introduzione, il gioco adotta una struttura tipica dei vecchi JRPG, battle system a turni incluso. Tuttavia, per movimentare le cose, Linda aggiunge l’Overdrive e il ripristino di HP e TP dopo ogni scontro.

L’Overdrive è una barra posta in alto a sinistra sullo schermo che avanza man mano che si attacca: quando raggiunge la sezione verde otterremo dei buff, quando raggiunge quella rossa subiremo dei malus. Dovremo quindi riportala indietro attraverso la difesa o l’utilizzo di tecniche specifiche. Il ripristino di HP e TP offre invece un’ampia libertà di sperimentazione per sfruttare al massimo le diverse abilità dei personaggi in ogni scontro. Non è un caso se nella Gilda degli Avventurieri di Valandis consigliano di evitare il semplice attacco, poiché è la più debole delle mosse a disposizione.

Chained Echoes ricorre a questi due intelligenti espedienti per stimolare a dovere il cervello, anche perché gli scontri, anche quelli “casuali”, non sono semplici. Attaccare dunque a testa bassa, senza cambiare strategia in corso d’opera, si traduce in un duro game over.

Anche la progressione del party utilizza un sistema interessante: al termine di ogni combattimento non otterremo punti esperienza, ma Skill Points, che potremo spendere per potenziare abilità attive e passive dei singoli personaggi. Per sbloccarle, saranno invece necessarie i Grimoire Points, che però sono rari. Una via alternativa ai classici livelli che attenua di parecchio il tedioso grinding tipico dei vecchi JRPG. Se aggiungiamo poi che molti degli scontri casuali sono evitabili, abbiamo una formula efficiente che lascia intatto il mood dell’avventura JRPG anni ’90 in un’ingegnosa versione moderna.

A circa 20 ore di gioco si potranno pure usare le Sky Armor, armature volanti dai poteri devastanti, il cui potenziamento e uso dell’Overdrive variano rispetto al combattimento tradizionale. Un’ulteriore aggiunta sia in termini di gameplay che di world building. Chained Echoes è infatti ambientato in un mondo steampunk.

Un’essenza che passa anche per la musica

Al di là del lavoro encomiabile di Matthias Linda e delle particolari illustrazioni realizzate da artisti freelance, Chained Echoes vede la partecipazione di Eddie Marianukroh, giovane compositore che ha curato la colonna sonora del gioco, che è davvero meravigliosa.
Anche sul piano musicale è possibile cogliere numerose ispirazioni alla scuola JRPG, in particolare a brani iconici di Nobuo Uematsu (Final Fantasy) e di Yasunori Mitsuda (Chrono Trigger, Chrono Cross, Xenogears). Anche in questo caso, però, non parliamo di mero citazionismo nostalgico, ma di una reinterpretazione originale, dotata di suo particolare piglio. I brani di Eddie Marianukroh riescono a entrare nella testa, ad acquisire valore durante l’esperienza di gioco, per un coinvolgimento emotivo davvero potente.

Una lettera d’amore europea ai vecchi JRPG

E qui arriviamo all’essenza di Chained Echoes, un titolo che reinterpreta la cultura giapponese videoludica da una prospettiva spiccatamente nordeuropea, e non semplicemente occidentale. Scrittura, musica, illustrazioni, game design, estetica: ogni elemento si ispira con rispetto al tradizionale gioco di ruolo giapponese per essere poi declinato attraverso una malinconia e durezza di stampo nordeuropeo. Ed è proprio in questo particolare ibridismo che risiede la bellezza di Chained Echoes.

Un’esperienza che permette di rivivere sensazioni dimenticate, risalenti a quando da bambini si giocava su SNES o PlayStation a titoli oggi diventati iconici, senza però limitarsi al conforto statico della nostalgia. Giocare a Chained Echoes vuol dire pure riappropriarsi del senso della scoperta, aprirsi a nuove reinterpretazioni, concedersi ancora una volta una nuova grande avventura.

Lorena Rao
Deputy Editor, o direttigre se preferite, assieme a Luca Marinelli Brambilla. Scrivo su Stay Nerd dal 2017, per cui prendere parte delle redini è un’enorme responsabilità, perché Stay Nerd è un portale che punta a stimolare riflessioni e analisi trasversali sulla cultura pop a 360° tramite un’offerta editoriale più lenta e ragionata, svincolata dalle dure regole dell’internet che penalizzano la qualità. Il mio pane quotidiano sono i videogiochi, soprattutto di stampo storico. Probabilmente lo sapete già se ascoltate il nostro podcast Gaming Wildlife!