Senua’s Saga: Hellblade 2 continua il racconto di Senua superando ogni più rosea aspettativa
L’annuncio di Hellblade 2 fu una sorpresa: non ci si aspettava un sequel per un racconto che sembrava compiuto e finito già con il primo capitolo, ma non ci si aspettavano neanche le scene mostrate, con una Senua rabbiosa che si alternava ad ambienti se possibile ancora più oscuri rispetto a quelli di Senua’s Sacrifice. Con il secondo trailer sembrava evidente un cambio di registro: un gigante inseguiva la protagonista e un gruppo di persone apparentemente al suo comando, durante una serrata scena di combattimento. Cosa sarebbe stato Senua’s Saga: Hellblade 2?
Insomma, un po’ di preoccupazione da parte di chi ha amato il primo capitolo era comprensibile, e non posso negare di aver avuto anch’io dubbi sul progetto fino a che non ho premuto play. Poi sono stato totalmente risucchiato dentro la Saga di Senua, di nuovo dentro al mito norreno.
Iniziando da quella che per importanza sarebbe la fine, almeno normalmente, Senua’s Saga è una delle cose graficamente più belle che abbia mai visto. Siamo dalle parti di Alan Wake 2 per capirci. Il gioco è tecnicamente incredibile e ha una direzione artistica ancora una volta pazzesca, ma non solo perché il motion capture e quindi le animazioni dei personaggi sono di una bellezza fuori scala. Le espressioni della protagonista durante il combattimento sono coerenti alla situazione e Senua reagisce alle parate, ai colpi ricevuti e a quelli inferti in maniera credibile, aggiungendo verosimiglianza a un sistema di combattimento già estremamente fisico e pesante nel restituire la gravità dei colpi, che si collegano l’un l’altro in maniera fluidissima e senza inciampi anche quando si decide di cancellare un attacco per schivare, ad esempio.
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Ma del sistema di combattimento ne parliamo dopo, quello che vorrei sottolineare è come la grafica conti, soprattutto in questo frangente, in un gioco dove le cutscene sono mescolate senza soluzione di continuità alle sequenze giocate al punto che spesso ci verrà chiesto di interagire anche durante quelli che stavamo percependo come filmati e dove il vissuto di Senua passa soprattutto attraverso la sua mimica facciale (ok, si poteva dire anche del primo capitolo, ma qui siamo chiaramente a un livello tecnico successivo).
Il discorso sull’esperienza cinematografica all’interno dei videogiochi, che non posso negare di aver trovato sempre un po’ stucchevole perché normalmente applicato ai videogiochi con le inquadrature un po’ più curate della camera alle spalle, guadagna nel caso di questo Senua’s Saga un’importanza nuova perché a unirsi a una ricerca cinematografica dell’immagine c’è anche la volontà di utilizzare gli strumenti offerti dall’interattività del videogioco per costruire un’esperienza che non sarebbe potuta esistere se non, appunto, nel videogioco.
Sono partito un po’ per la tangente, mi perdonerete, ma è un po’ difficile parlare di un qualsiasi elemento di Senua’s Saga: Hellblade 2 senza voler parlare allo stesso tempo anche di tutti gli altri. Questo è perché l’opera di Ninja Theory è incredibilmente coesa, coerente e organica, al punto che ogni parte del gioco ha a che fare con tutte le altre, rendendo veramente difficile scinderle.
Provo a tornare alla prima casella del tabellone e vediamo di cosa parla questo secondo Hellblade: ritroviamo Senua su una nave che traporta schiavi. La nave nei primi momenti di gioco naufragherà, e Senua si metterà in viaggio per cercare di liberare il suo popolo dal rischio della schiavitù, catturando la persona al comando della razzia che li ha visti fatti schiavi.
Tolto il pretesto narrativo è interessante notare come anche in questo secondo viaggio di Senua il messaggio sia importante, grave e potente come quello del primo titolo. Se il primo viaggio di Senua era un viaggio in sé stessa, questo secondo viaggio la porta invece a confrontarsi con gli altri facendole rileggere la sua malattia in una prospettiva diversa, alla ricerca della sua posizione all’interno del mondo. Parallelamente alla percezione di sé stessa Senua conoserà diversi nuovi personaggi, ognuno in qualche modo archetipico in quello che rappresenta: attraverso questi l’opera affronta anche il tema del potere, soffermandosi in particolare su quello che il potere fa alle persone più deboli.
Le tematiche sono ancora una volta fondamentali quindi, e la tematica principe è sempre la patologia mentale, la schizofrenia di Senua, raccontata attraverso un viaggio nel mito norreno che è spesso immaginifico nel sovrapporre i piani della realtà, della percezione della protagonista e infine del mito, appunto, senza che questi abbiano confini tra loro, suggerendo di volta in volta sfaccettature diverse di Senua, del suo vissuto e del suo processo di adattamento a una nuova realtà in cui è obbligata a confrontarsi con l’altro.
Il gioco sviluppa questi temi sia attraverso il racconto e le sue metafore che attraverso le meccaniche, come i puzzle e gli scontri, ma anche attraverso un utilizzo sapiente del mito norreno che ancora una volta sembra essere un terreno perfetto per parlare di persone, mostri e società.
Così i puzzle sono contestualizzati credo in maniera più puntuale rispetto al primo gioco, e sono anche realizzati in modo da essere meglio amalgamati al ritmo di gioco, non ponendo più una sfida così marcata da spezzare la continuità dell’esplorazione ma anzi, giustificati narrativamente in maniera un po’ più fluida. I combattimenti invece, come si accennava, sono una gioia per gli occhi, ma funzionano anche benissimo sul piano meccanico soprattutto quando si è compreso il senso degli scontri nell’economia di gioco.
Se cercavate un action game rimarrete delusi, ma non per colpa del gioco, che non si è mai voluto porre in questo modo nonostante il curriculum del team: i combattimenti in Senua’s Saga: Hellblade 2 sono dei passaggi sofferti del percorso di Senua. Sono fisici, violenti, spesso lunghi e logoranti. Il fatto che sia difficile fare game over non è un limite del gioco ma è anzi parte del discorso, di un percorso che Senua affronta fallendo e riprovando, rialzandosi letteralmente da terra. Ciononostante però abbiamo un corredo di attacchi leggeri e pesanti, schivate, parate, parry e attacco speciale, unite a un ventaglio di avversari abbastanza ampio per un gioco di circa otto ore, ognuno con un pattern di attacco diverso.
Il sistema di combattimento è fluidissimo, precisissimo ed estremamente puntuale nel reagire ai nostri input. Dovremo schivare quando gli attacchi saranno troppo duri da parare, oppure deflettere al momento giusto per sbilanciare il nemico, o inserire in una combo un attacco potente per aprire la guardia. Le animazioni restituiscono una fisicità importante, e nel momento in cui ci accorgiamo di come le espressioni facciali di Senua cambino a seconda delle azioni e della durezza dei colpi capiamo meglio la cura con cui sono stati realizzati i combattimenti. Di più, i nemici si alterneranno in maniera credibile, interagendo tra loro in maniera sempre diversa nel momento in cui uno cadrà e l’avversario successivo si farà avanti.
Nonostante appunto Senua’s Saga non sia un action game è comunque un gioco nel cui sistema di combattimento è stato investito tanto lavoro e tanta cura, e credo sia necessario usare malafede o avere poca capacità di porre un’opera nel solco del suo obiettivo piuttosto che nella categoria merceologica in cui si è deciso aprioristicamente questo debba stare, per non capirlo.
Probabilmente ci sarebbe molto altro da dire su Senua’s Saga: Hellblade 2, molto altro che però andrebbe a esplorare il terreno degli spoiler e che quindi mi riservo per un secondo momento.
Realizzare un secondo Hellblade era un’operazione rischiosa, molto poteva andare storto. Invece sono qui a parlarne come del gioco eccellente che si è rivelato essere, felice che i timori iniziali si siano dissolti in un’esperienza splendida e appagante sotto ogni punto di vista.
Senua’s Saga è un gioco che non sbaglia un colpo e a cui credo tutti dovrebbero giocare.