Ad un anno di distanza dall’uscita di Residetn Evil Village Capcom ci regala un epilogo che sa quasi di “ghost story”
on la Winters’ Expansion Capcom chiude il progetto Resident Evil Village. Rispetto al pacchetto di DLC dedicato a Resident Evil 7 l’offerta questa volta è meno variegata, ma sicuramente più elaborata. Spendiamo due parole sui contenuti dedicati al gioco originale. Se i nuovi personaggi per la modalità mercenari sono sicuramente graditi per motivi non solo banalmente ludici, visto che rendono molto più semplice il raggiungimento dei punteggi più alti, la vera novità in tal senso è la modalità in terza persona che regala all’esperienza un flavour “classico”.
Nonostante Capcom difenda a spada tratta la scelta di non mostrare il volto di Ethan, bisogna dire che quanto meno vederlo partecipare all’azione su schermo di spalle, non è male, soprattutto dal punto di vista della fruibilità delle dinamiche del gioco. Che voglio dire? Che Resident Evil in terza persona è un’esperienza più fluida, meno faticosa per lo sguardo, che permette di tenere sotto controllo l’ambiente circostante in maniera più ampia, in qualche modo anche semplificando i combattimenti. Il rovescio della medaglia è solo ed esclusivamente uno: il rapporto con l’orrore è meno viscerale e intenso. Non in maniera significativa intendiamoci, però è chiaro come alcune scelte di regia fossero pensate per una prospettiva in soggettiva. In sostanza Village in terza persona è forse leggermente meno pauroso, ma a mio parere, più divertente.
Chiusa la parentesi dedicata al gioco base, parliamo del fiore all’occhiello di questa Winters’ Expansion, ovvero Shadows of Rose. Questa appendice finale sulla saga dedicata ad Ethan Winters serve sostanzialmente a fare da collante tra le vicende narrate dal gioco e il suo finale, che ammettiamolo, ci prese tutti un po’ in contropiede. Come sempre quando si parla di “macroscopico narrativo” in Resident Evil, non è che parliamo di massimi sistemi. Ancora una volta quindi l’espediente per innescare gli eventi è abbastanza grossolano: Rose vuole liberarsi dei suoi poteri perché si sente esclusa dalla società, scopre che dentro la coscienza del megamicete esiste un oggetto in grado di soddisfare il suo desiderio, tocca un residuo del parassita e di punto in bianco senza troppe spiegazioni, entra in una nuova dimensione fatta di orrori e reminiscenze sul vissuto del potente bio organismo. Una scusa come un’altra per ributtarci dentro le location di Village insomma. Lasciatemi togliere subito un sassolino, Shadows of Rose lascia trasparire una certa pigrizia produttiva sotto il profilo del level design. Non c’è una singola location nuova e tutti i personaggi presenti, senza farvi troppi spoiler, sono anch’essi presi di prepotenza dall’immaginario originale del gioco, in maniera talvolta pure piuttosto forzata. Può dare fastidio tutto questo ma è anche vero che obiettivamente è l’unico reale difetto di questo DLC.
Si è infatti deciso quanto meno di riutilizzare due delle location più spendibili e versatili di Village, nonché quelle più vicine ai toni horror della serie, ovvero il castello Dimitrescu e casa Beneviento. La storia di Rose infatti è abbastanza conservativa nel voler riappropriarsi del ritmo più compassato che attribuiamo ai migliori capitoli di Resident Evil, senza tonnellate di piombo, in ambienti claustrofobici, facendo molto affidamento alle atmosfere. Il potenziale del castello in tal senso è ottimo e ben sfruttato, forse ancora di più che in Village. Spadroneggiano gli enigmi, legati ai poteri di Rose che per fortuna sono molto circoscritti, non ci fanno sentire onnipotente e si basano sostanzialmente sulla possibilità di dissolvere degli ostacoli e rallentare il nemico (per altro un numero limitato di volte), e tutto quello che ci piace vivere in una buona esperienza horror, ovvero un senso di urgenza causato da creature mostruose e invincibili che ci cercano e altri mostri questa volta più simili ai vecchi zombie, letali sì, ma anche grotteschi, lenti e inesorabili.
Casa Beneviento inizialmente sembra invece molto ancorata alla stessa struttura di progressione della breve visita di Ethan in questa magione, quindi ritroviamo Rose disarmata che deve risolvere una serie di puzzle fino a sbloccare il “momento Baby Hunter”, e chi ha giocato Village capirà bene di che sto parlando. Ecco in questo frangente, dal punto di vista delle suggestioni horror, per me Shadows of Rose tocca il suo apice. Non vi racconterò cosa succede ma sappiate che l’idea è GENIALE, sia dal punto di vista creativo che ludico. Superata questa brillante sezione, il dlc sfocia del dark fantasy completo con una sezione stealth all’acqua di rose (scusa l’involontario gioco di parole) ma funzionale, che mi permette di aprire una nuova riflessione. Questo DLC cambia in parte gli stilemi di Resident Evil, andando a sfociare in un contesto che prende tanto da The Evil Within e dalla sua idea di “universo mentale condiviso” in cui tutto è possibile e che introduce suggestioni horror meno verosimili e concrete rispetto a quello che ci ha propinato la saga fino a oggi.
Siamo dalle parti del paranormale, delle atmosfere da ghost story, dell’horror psicologico, del fantasy come detto prima. Un contesto simbolico, a tratti impalpabile, che si addice di più a un Silent Hill rispetto che a un Resident Evil. È importante sperimentare, e la saga di Resident Evil l’ha sempre fatta, talvolta con successo a volte in maniera meno puntuale, ma l’ha sempre fatto. Questo è un caso in cui la cosa ha funzionato, ma vorrei rimanesse isolato e non diventasse una consuetudine nella saga perché, seppur è infine una questione di gusti e sensibilità e sebbene si provi a imbastire una specie di spiegazione pseudo scientifica, la realtà è che l’horror psicologico, la dimensione spirituale in cui –non narrativamente ma di fatto- ci presenta questo DLC, non appartiene alla cifra più fisica, viscerale e legata al body horror dei capitoli classici. Non è che un contesto sia migliore degli altri, ma mischiarli insieme è pericoloso, rischia di diventare un minestrone senza una direzione e di conseguenza senza coerenza interna. Non che si siano mai fatti di questi problemi in Capcom sul piano narrativo, ma vederli rinunciare anche sul piano stilistico, sarebbe un peccato. Detto questo la saga di Winters è sempre stata un po’ sui generis sin da Resident Evil 7, quindi gli si concedono tutte le licenze poetiche del caso visto che sono sfruttate in maniera esemplare fino a oggi, e questo Shadows of Rose non fa eccezione. Speriamo solo che nel futuro della serie si riesca sia a tornare sui binari che a conservare questo livello di ispirazione.