C’era davvero bisogno? Spoiler: no.

Che abbiate vissuto l’epoca NES, o che l’abbiate superata abbondantemente, è difficile che non abbiate mai sentito parlare di Shaq Fu, stravagante titolo sviluppato dall’ormai defunta Delphine nel 1994, ed avente come protagonista il leggendario cestista Shaquille O’Neal. Difficile che non lo conosciate perché Shaq Fu, col suo miscuglio di pallacanestro, stereotipi sul kung fu e botte in 2D è spesso annoverato in quelle liste che snocciolano i peggiori videogame della storia. E non senza merito aggiungeremmo. Eppure, vuoi per il suo animo così spiccatamente trash, vuoi per l’amore incondizionato nei confronti di Shaq, fatto sta che il gioco è diventato un piccolo cult pur, chiaramente, non uscendo fuori dai limiti della sua mediocrità. Un amore incondizionato insomma, che ha portato, come avrete intuito, alla nascita del qui presente sequel, nato grazie alla volontà di un gruppo di fan che, grazie al supporto del crowdfunding, hanno impiegato ben 4 anni per la creazione di questo progetto. Col senno di poi non pare sia stata una grande idea.

Kung-tang Clan

La storia di A Legend Reborn è quella del giovane Shaq Fei Hung, bambino di colore, salvato da una donna cinese in tenerissima età, che per sfuggire al bullismo finisce per diventare il pupillo del locale maestro di arti marziali. Durante una giornata di normali commissioni assieme al suo sifu, ed ormai forte e coraggioso, Shaq si trova quindi coinvolto in un mescolone di stereotipi magici, per cui le solite forze del male demoniache cercheranno, attraverso alcune celebrità, di prendere il controllo dell’umanità. A noi, dunque, il compito di sventare i piani del male, a colpi di calci, pugni, e battute fortemente stereotipate. Questo è quanto. A Legend Reborn, com’era ovvio aspettarsi, non offre chissà quali pretese, e cerca anzi di puntare tutto il lato narrativo sul suo protagonista, sulla bizzaria del suo concept, e su tutto un modello comico che risulterà piacevole per circa 5 minuti, salvo poi proporre e riproporre un copione di battute, espressioni gergali e quant’altro abbastanza fiacco e ridondante. Lo scopo del gioco sarebbe quello di convertire l’atteggiamento apertamente “freak” del primo episodio, in un pretesto per una piacevole comicità, che al netto dei limiti della trama (e del gameplay) finisca per offrire, quanto meno, un gioco divertente e capace di strappare una risata. Il punto è che A Legend Reborn semplicemente non ci riesce. Le battute veramente intelligenti sono poche, e tutto il resto è semplicemente un’accozzaglia di malconci (e spesso persino edulcorati) stereotipi sul kung fu e sullo show biz.

Per quanto riguarda il gioco vero e proprio, A Legend Reborn è nulla più che un picchiaduro a scorrimento in 2.5D. I livelli, assolutamente lineari, si svilupperanno quindi dalla sinistra alla destra dello schermo, con la possibilità per il personaggio di poter tornare indietro (inutile, ma potete farlo) e di potersi muovere liberamente lungo l’asse verticale. Ogni livello, abbastanza breve, ci richiederà quindi di ripulire l’area dai diversi sgherri che si frapporranno tra noi ed il boss della zona, salvo poi passare allo stage successivo per ricominciare tutto da capo. Ora, noi non abbiamo nulla contro il picchiaduro a scorrimento “ignorante” d’epoca, ed anzi troviamo che sia una mancanza abbastanza importante dell’attuale panorama console. Titoli come Final Fight o persino il più “sempliciotto” Golden Axe mantengono ancora oggi un certo fascino, e sarebbe stato ottimo se questo Shaq Fu 2 avesse messo una pezza come, più brillantemente, ha fatto l’ottimo Slap & Beans dedicato a Bud Spencer e Terence Hill. Il problema è che questo A Legend Reborn non si comporta bene da nessun punto di vista, ed anzi le possibilità ludiche si esauriscono più o meno tutte nel corso del primo stage (che è quello tutorial per altro, quindi immaginate che “emozioni” nei restanti livelli). Il sistema di combattimento è banale, e ruota praticamente tutto attorno ad una sola combo.

Ci sono solo due variazioni a questo principio, date da due power up fissati in punti specifici di alcuni livelli che trasformano Shaq in un pugile robot o in un cactus gigante (sì, esatto), ma anche lì tutto si risolve in un’occasione per fare casino, e non in un momento di effettiva goduria scazzottatoria. Il sistema a punti arcade su cui il gioco è costruito è inutile (nel vero senso della parola) e per altro nel gioco non esiste alcun oggetto collezionabile che non sia imposto semplicemente dalla progressione. Pensate che “per scherzo” il gioco contiene una moneta in game che in effetti non serve a nulla. Davvero, a niente, è che è stata messa lì evidentemente come citazione ai capisaldi del genere. Aggiungeteci che il gioco non è neanche un granché da vedere, con praticamente solo il modello di Shaq sopra la media di un mare di stronzi digitali, e capirete come investire in Shaq Fu sia una perdita di tempo e denaro. Anzi, forse solo denaro, perché il gioco è anche incredibilmente breve e può essere portato a termine in un pomeriggio. A questo punto pensereste che, quanto meno, potrebbe essere giocato con un amico per divertirsi un po’ insieme come in ogni sacrosanto esponente del genere, ma no. Shaq Fu 2 non gode neanche di un’opzione per due giocatori, sicché dovrete soffrire da soli, in silenzio, mentre Shaq ostenterà l’ennesima battuta terribile dinanzi all’ennesimo boss modellato per somigliare, talvolta anche troppo vagamente, ad una celebrità X dello show biz che tanto piace ma che tanto si critica.

Verdetto

Shaq Fu: A Legend Reborn è un titolo mediocre, pressoché inutile. Possedere il gioco originale può effettivamente essere un vanto, sia per la sua rarità, sia per l’affetto che si può provare verso titoli simili, ormai eletti all’olimpo dei cult, come spesso accade, per motivi che esulano dal gameplay. Tentare un sequel che si attesti sulla stessa mediocrità, per meri motivi di simpatia, è semplicemente sciocco, ed i risultati si vedono. A Legend Reborn è brutto da vedere e da giocare, e finisce per essere divertente giusto per 5 minuti. Il tempo di completare il primo livello e rendersi conto che il resto del gioco è praticamente uguale a sé stesso. Zero modalità aggiuntive, zero coop, zero voglia di far bene. Shaq Fu 2 riesce ad emulare il suo originale solo nel far schifo senza rimpianti. Occhio, sta persino per arrivare un DLC con l’ex presidente Obama. E non è una battuta.