Esiste un amore che sia per sempre? Forse sì: quello di Romero per la sua creatura, Doom. Sigil è l’ultimo frutto di questa storia infinita.
Sigil e Doom: come in ogni ambito, anche in quello videoludico esistono i cosiddetti “classici”, giochi che debuttano, vendono milioni di copie ma poi non spariscono per lasciare il posto ad eredi più moderni; i classici restano, vengono rigiocati fino allo sfinimento dai fan, ripresi dagli sviluppatori di tutto il mondo (e non parlo solo di sequel, ma anche di quella che in buona fede si definisce “ispirazione”, NdR), sperimentati dalle nuove leve e, soprattutto, il loro culto viene alimentato con amore e costanza dalla rispettiva community, definita dallo stesso Romero come “the most important legacy of DOOM“, cioè la più importante eredità del gioco.
D’altronde, Doom rientra perfettamente in questa categoria: nonostante grafica e gameplay appartengano ormai ad un’altra epoca, l’opera di id Software siede ancora sull’Olimpo, appassionando milioni di persone, come se fossimo ancora nei Novanta. Potete trovare nel web migliaia di mod e tool, testimonianza di un amore sconfinato e senza tempo. Addirittura, Sigil di cui mi appresto a parlarvi, è stato creato da Romero con il potente editor Doom Builder 2 sviluppato da CodeImp, membro di Doomworld, e gira con GZDoom, source port realizzato in seno alla community.
Ma quindi, questo Sigil che cos’è? Procediamo con ordine:
10 dicembre 1993. Il mondo dei videogame fu scosso dal debutto di Doom, una delle pietre angolari del videogioco “moderno”. Non fu il primo FPS della storia (se è per questo, non lo fu nemmeno Wolfenstein 3D), ma contribuì come nessun altro alla diffusione di un genere che nei successivi venticinque anni non ha mai conosciuto crisi, espandendosi su ogni piattaforma e ibridandosi con quasi ogni altro genere.
10 dicembre 2018. In occasione del venticinquesimo anniversario dell’uscita di Doom, John Romero ne annunciò un sequel, chiamato Sigil, che aggiunge un vero e proprio quinto Episode a The Ultimate Doom: la trama, infatti, si incastra perfettamente tra il finale di “Thy Flesh Consumed” (il quarto Episode di Doom, aggiunto nel 1995 con la versione Ultimate) e l’incipit di Doom II: Hell on Earth. Dopo aver ucciso lo Spiderdemon, il nostro Doomguy deve tornare sulla Terra per cercare di arginare l’invasione demoniaca, ma Baphomet ha posto il suo Sigil sul teletrasporto, che non conduce il marine sul suo pianeta, bensì in un altro punto dell’Inferno.
31 maggio 2019. Sigil viene reso scaricabile gratuitamente dal sito di Romero Games.
Si tratta di un MegaWAD che richiede soltanto una versione registrata di Doom o di The Ultimate Doom, oltre al succitato GZDoom. Come, non sapete cosa sia un MegaWAD? Semplice: è un patch WAD di almeno 15 livelli (Sigil, infatti, è formato da nove schemi, di cui uno segreto, come da tradizione, e da nove arene per deathmatch). Come, non sapete cosa sia un WAD? È il file format dei giochi basati sul Doom Engine; si tratta di un acronimo per “Where’s All the Data?”, come indica la Doom Bible (perché sì, Doom è un culto, NdR).
Oltre al download gratuito, Romero ha voluto preparare qualcosa di speciale per questa ricorrenza, quindi ha stretto un accordo con Limited Run Games per la realizzazione di ben due versioni retail, impreziosite dall’apporto di due artisti: uno è Christopher Lovell per la cover a tema Baphomet, l’altro è Buckethead per la colonna sonora MP3 (non quella MIDI presente nella versione gratuita, che è di James Paddock, ed è davvero stupenda); va notato che Romero è fan di Buckethead, e ha disegnato le mappe ascoltando le relative canzoni, e che Buckethead è fan di Doom e ha composto un brano ad hoc, dall’eloquente titolo “Romero One Mind Any Weapon”. Se non è amore questo…
Sia la versione liscia da $ 39,99 sia la Beast Box (quella a destra nell’immagine) da ben $ 166 sono sold out ormai da un bel pezzo. A costo di ripeterci, se non è amore questo…
Giocando a Sigil, molti fan riconosceranno il tratto di Romero, il quale peraltro si è finalmente cimentato con spazi aperti, diversamente dai livelli che aveva realizzato in Doom, quelli del primo Episode (ad eccezione dell’ottavo livello, che ha voluto rifare nel 2016 con Tech Gone Bad, seguito da Phobos Mission Control, rivisitazione del quarto), ambientato in una base militare. Il level design in questo modo risulta piacevolmente familiare, ma di più ampio respiro, senza però eccedere nel verso opposto (personalmente, ho trovato alcuni livelli dei primi Doom ed espansioni fin troppo grandi e dispersivi, NdR).
Lungo questi nove livelli (otto se non troverete l’uscita segreta del sesto) non vedrete nuovi asset, demoni o armi: l’intento era proprio quello di dare un quinto Episode a Doom, e che fosse (più o meno) come sarebbe stato venticinque anni fa; d’altro canto, come dicevamo in apertura, Doom è un classico, non ha bisogno di una svecchiata né di nuove trovate di game design per incollare la platea allo schermo. L’unica novità che avrei voluto davvero sarebbe stato il boss finale: il riciclo smorza indubbiamente l’intensità del momento, a maggior ragione se penso che il super-cattivo sarebbe dovuto essere nientepopodimeno di Baphomet.
A questo punto non ci resta che una domanda: ma non è che alla fine di Sigil il Doomguy non viene teletrasportato sulla Terra ma in un altro punto dell’inferno? Io incrocio le dita e aspetto Episode 6…