Durante quest’ultima edizione dello Smack! di Genova, noi di Stay Nerd abbiamo avuto l’occasione di intervistare Paolo De Lorenzi, fumettista nato e cresciuto proprio nel capoluogo ligure, che ha avuto l’opportuna di venir su professionalmente con una leggenda come Carpi e di intraprendere da lì la sua strada, arrivando ad essere un apprezzatissimo disegnatore dell’universo Disney.
De Lorenzi ha risposto cordialmente alle nostre domande.
Per cominciare, raccontaci il tuo percorso e la strada che hai fatto per arrivare dove sei ora.
Ho cominciato con il Liceo Artistico e durante l’istruzione tradizionale ho iniziato ad appassionarmi a questa forma d’arte. Subito dopo essere uscito dal liceo, mi sono iscritto alla Scuola di Fumetto di Chiavari e l’ho frequentata per tre anni. Lì ho avuto l’opportunità di disegnare la mia prima sceneggiatura – anche se non è mai stata pubblicata – e di prendere un po’ le misure con questa professione. Dopodiché, Giovan Battista Carpi, leggenda della Disney di origine genovese, maestro straconosciuto anche all’estero, autore di grandi parodie, di tanti grandi lavori, come il Manuale delle Giovani Marmotte, ha organizzato un corso per esperti autori di fumetti e illustratori a cui ho partecipato, permettendomi di scoprire il mio stile. Durante gli anni alla Scuola chiavarese, maggiormente improntati allo stile realistico/Bonelli, avevo visto altri lavorare poi con Giulio Chierchini, altro grande maestro e autore genovese, e quando vedevo questi lavori mi dicevo che quella umoristica o comica poteva essere la mia strada. Purtroppo una volta finito il corso – durante il quale, tra l’altro, avevo sviluppato un ottimo rapporto con Carpi con cui eravamo anche vicini di casa – lui è venuto a mancare. A quel punto, insieme a due amici, che oggi sono anche colleghi, Francesco D’Ippolito e Vitale Mangiatordi, ci siamo sentiti spaesati, senza riferimenti: ironia della sorte, quando si dice il destino, sono andato al matrimonio di un mio amico e la futura moglie conosceva Giovani Bruso, che è un disegnatore Bonelli che all’epoca lavorava per Mister No, anche lui invitato. Durante la cerimonia abbiamo chiacchierato e ho scoperto che condivideva lo studio con Andrea Freccero – altro grande maestro e copertinista Disney che non smetterò mai di ringraziare – a cui sono riuscito a sottoporre i miei lavori, e lui ha avuto la lungimiranza di vedere qualcosa nel mio tratto. Così ho cominciato a frequentare lo studio, a inchiostrare qualche tavola e dopo un po’ è arrivata la prima sceneggiatura e ho iniziato a lavorare per la Walt Disney, all’epoca, oggi per la Panini Comics. Parliamo del 2001, oggi è il 2017 e qualche storia l’ho fatta!
Durante il tuo percorso, in quali aspetti del tuo lavoro credi di essere migliorato e dove credi di poter ancora lavorare per migliorare ulteriormente?
Il fumetto ha di bello, secondo me, che è talmente strutturato tra anatomia, architettura, prospettiva e inquadratura, facendo parte di un vero e proprio linguaggio che ti offre tante chance di recuperare in più settori. Poi ogni disegnatore ha i suoi punti di forza, chi sull’espressività, chi sulla dinamica, chi sulla sequenza o sull’inquadratura, ma le opportunità di crescere, se non si ha voglia di sentirsi arrivato, si trovano. Ad esempio se sei forte sull’anatomia, ti butti di più sull’architettura. Questo lavoro è dominato dalla passione, io guardo sempre altri autori Disney o non Disney per cercare di assimilare nuove inquadrature o prendere degli spunti su come trattare un paesaggio, per dirne una. Insieme al cinema e alle altre fonti di ispirazione. Credo, quindi, che sia una strada in cui ci sia sempre da imparare, con umiltà, anche perché spesso alcune cose si apprendono ma per metabolizzarle veramente ci vuole un annetto o due, lavorandoci, sperimentando.
Di tutti i personaggi che hai realizzato, qual è il tuo preferito? E cosa ti piacerebbe fare?
Il mio personaggio preferito in assoluto è Zio Paperone, perché comunque – per certi versi – è causa ed effetto di gran parte delle avventure che avvengono a Paperopoli. È facile dire che sia il mio preferito anche perché è lunatico, ha degli sbalzi caratteriali, è divertente, passa dall’avventura in Amazzonia all’alta finanza, portandosi dietro la truppa di altri personaggi. Se ci pensate, a Paperopoli, a parte Paperone, gli altri fanno la loro vita: Paperino sempre sulle sue, Archimede inventa ma non innova, quindi lui è il fulcro di tante storie. In verità però sono legato a tutti i personaggi a cui ho lavorato, anche a quelli definiti comprimari, come Ciccio che scatena l’invidia di un sacco di gente: lavora quasi per nulla, mangia le cose buonissime che gli prepara Nonna Papera e in più dorme pure tutto il giorno. Simpatia ma anche invidia. Mi piace molto pure Archimede con la sua vena creativa, però.
Per quanto riguarda le cose da fare, essendo un disegnatore, il mio sogno nel cassetto è – un giorno – di arrivare a scrivere qualcosa, anche di breve, e quindi potermi occupare a tutto tondo di una vicenda. Per il resto, come tutti i disegnatori, sono in balìa degli sceneggiatori e delle loro mirabolanti idee che, in ambiente Disney, spaziano dalla parodia – del romanzo o di altri grandi fumetti – a situazioni legate alla Storia dell’arte, a cui ho lavorato personalmente e in cui il ventaglio temporale andava dalla Preistoria al periodo cubista. Pensate un attimo anche all’opportunità di disegnare storie ambientate nel 3012, insieme alle continue sfide che si porta appresso, e capirete come questa possibilità di spaziare così tanto sia stata una delle determinanti della mia scelta professionale.
Come affronti i classici? Ad esempio, la storia sul cubismo come l’hai approcciata? Hai studiato tutto il periodo storico, le influenze?
In quel particolare contesto, Roberto Gagnor, che ha sceneggiato tutto il ciclo, mi aveva dato diversi riferimenti e una documentazione su cui lavorare. In generale, in casi come questi, conviene guardare film che ti permettono di respirare quell’aria della Parigi di quel periodo. Un’altra bella caratteristica della Disney è che non esiste un’iconografia precisa al millimetro: ad esempio le automobili possono variare dal maggiolino alla 500, purché tu gli dia quelle caratteristiche di comicità necessarie al genere. Proprio il non dover riprodurre tutti i dettagli in maniera rigida ma poter dare un po’ di sprint alle forme è una delle caratteristiche che più mi piace del mio lavoro. Quando ho disegnato la parodia di Amleto, tra le cose più recenti che sono uscite, la prima parte del lavoro è stata di documentazione sulla storia e sul suo contesto, per lasciare poco spazio al caso. Rispetto a quando ho iniziato, agli inizi degli anni 2000, internet ci dà una grandissima mano, da Google immagini a un film o spezzoni su Youtube, mentre un tempo ci si faceva un archivio cartaceo: io quando giravo in treno, ad esempio, se qualcuno dimenticava un catalogo lo prendevo e lo mettevo tra i miei materiale a cui attingere. Di tutto questo ormai ho conservato solo una minima parte, e soprattutto per motivi affettivi.
Rimanendo sull’Amleto, visto che è una storia drammatica, come l’hai adattata graficamente? Come ti muovi in questi casi?
Il grosso della difficoltà l’ha presa in mano Giorgio Salati, adattando la sceneggiatura partendo dalla tragedia di Shakespeare. Già quando l’ho letta mi sono divertito nel vedere come lo sceneggiatore sia riuscito a girare alcune scene rendendole comiche. Dal mio punto di vista ho cercato di lavorare molto sulla recitazione: avendo Giorgio trovato questa chiave d’accesso con un po’ di umorismo nella vicenda, a me non restava che adattarmi e adottare la sua stessa sensibilità nell’affrontare la storia. Ho cercato quindi di rendere ulteriormente comiche le trovate già divertenti dello sceneggiatore. È stato uno dei lavori più belli che abbia fatto, però con una discreta responsabilità, visto il materiale di partenza. E il resto, alla fine, lo fanno i grandi personaggi Disney, da Paperino a Rockerduck, passando per Ciccio e Paperoga che sono stati chiamati a fare Rosencrantz e Guildenstern . Dopo quasi sedici anni di lavoro, ormai tratto i personaggi come amici di lunga data e li esorto a comportarsi bene per quella particolare storia!
Quale storia che hai realizzato ti è rimasta nel cuore?
Entrambe quelle che abbiamo nominato: il ciclo della Storia dell’arte e Amleto, sicuramente. Dei lavori precedenti ci sono stati tanti progetti ai quali ho lavorato con grandi sceneggiatori come Universo PK con Tito Faraci che, essendo stato un anticipo del ritorno di PK sulle pagine di Topolino, mi è piaciuto particolarmente, oppure La grande corsa sceneggiata da Bruno Enna e realizzata insieme ad Alessandro Perina. O ancora il ciclo sulla Coppa del Mondo. Ci sono state poi tante sceneggiature a cui ho lavorato in cui comparivano tutti i personaggi e che si svolgevano lungo il corso del tempo, e mi sono divertito molto a disegnarle. Ogni storia lascia il segno e quello che a volte fa più effetto è riprenderle in mano anni dopo ed avere la sensazione di rivedere i vecchi quaderni delle elementari, in cui trovi gli errori che facevi un tempo. Tornando al discorso che facevamo prima, ti rendi anche conto di molti dettagli su cui sei migliorato tanto. La più bella, però, è sempre l’ultima uscita e poi devo dire che Topolino, essendo anche un fumetto così pop ti permette di spaziare, di fare riferimenti culturali diversissimi e divertirti anche in questo senso.
Prossimi lavori?
Attualmente sono al lavoro su una bella storia di Zio Paperone. Non sono sicuro – perché dalla redazione non mi hanno ancora detto niente – ma mi pare che in autunno cadrà l’anniversario di Zio Paperone e non so se la storia a cui sto lavorando uscirà in quell’occasione, anche perché la sceneggiatura – molto carina – che mi è arrivata parla prevalentemente del deposito. Io poi lavoro anche per altri clienti, dal packaging alle sorprese in edicola e sto curando dei lavori insieme a Cicaboom, una casa editrice che si occupa di questo tipo di prodotti. Tra due settimane sarò al Salone del libro per ragazzi di Bra, dove terrò un paio di laboratori sul fumetto con i bambini e poi sempre qualche commissione e illustrazione da fare. Sono sempre abbastanza impegnato, per fortuna.
Che indicazione daresti agli aspiranti disegnatori che volessero entrare nell’ambito del fumetto Disney?
Per l’ambito Disney, se parliamo di disegno, la strada è solo una: disegnare, disegnare, disegnare. Cercare di partire dai propri autori Disney preferiti, impegnandosi il più possibile nel cercare di capire le dinamiche, anche perché – ripeto – il fumetto è proprio un linguaggio e bisogna imparare a lavorare sulla sequenza. Ho visto anche tanti autori bravissimi, capaci di illustrazioni bellissime, ma che davanti a una tavola di sceneggiatura si trovano in difficoltà. Saper disegnare, anche benissimo, non vuol dire saper raccontare, che invece significa anche impadronirsi del lessico che questo lavoro si porta dietro. Cercare anche di prendere contatti con chi possa supervisionare e dare indicazioni in questo senso. Mi pare di ricordare che la Disney, un anno fa, abbia bandito un concorso o comunque aperto le porte a nuovi disegnatori e in tanti sono entrati in scuderia grazie a questa iniziativa. Sia la Panini che altre case editrici cercano regolarmente nuove leve, quindi proporre il proprio lavoro, restando aggiornati, è la strada più adatta. Infine un consiglio che vorrei dare sia a chi scrive che a chi disegna: non sarò sicuramente il primo a dirlo ma la via del blog, della pagina Facebook va percorsa, anche perché sono degli strumenti che quando ho cominciato non c’erano ma dai quali sono già usciti fuori tanti autori, ed ora un po’ tutte le case editrici danno uno sguardo alle nuove realtà online. Se si parla di sceneggiature, cercare un disegnatore allo stesso livello di esperienza per qualche autopubblicazione, anche online; idem se sei un disegnatore, cercare uno sceneggiatore è necessario per far uscire le proprie abilità. In poche parole non avere paura di proporsi: se sono rose, fioriranno.