Sollima è un regista di cui ci possiamo vantare
Il 18 ottobre le sale italiane accolgono Soldado (Sicario: Day of Soldado), sequel di Sicario di Denis Villeneuve, affidato al nostro Stefano Sollima.
Un’operazione intrigante, che di certo ci inorgoglisce, sia perché non sono tanti i registi italiani a lavorare con produzioni statunitensi, sia perché è ancora più raro che ciò avvenga in thriller, polizieschi o spy movie, faccende ineluttabilmente americane.
Ma Sollima è uno che si è fatto notare ed ha conquistato sul campo, con merito, la possibilità di dirigere un film del genere, dopo aver convinto tutti con le serie televisive Romanzo Criminale e Gomorra, e lungometraggi come ACAB e Suburra. Insomma, un curriculum non particolarmente lungo ma piuttosto persuasivo e d’impatto.
Per dare continuità all’opera gli viene affiancato lo sceneggiatore Taylor Sheridan, che aveva già lavorato allo script di Sicario e che ha messo in piedi quella che viene etichettata come la Trilogia della moderna frontiera americana (che ora diventa di fatto una quadrilogia, con Soldado), scrivendo pure la sceneggiatura di un film passato colpevolmente sottotraccia, ovvero Hell or High Water (è su Netflix, recuperatelo) e passando addirittura dietro la macchina da presa per dirigere I segreti di Wind River.
Insomma, un duo niente male a cui si unisce un cast artistico di prim’ordine, che purtroppo è mancante dell’ottima Emily Blunt, ma conferma i protagonisti maschili di Sicario: Benicio del Toro (Alejandro Gillick) e Josh Brolin (Matt Graver).
La trama prosegue l’onda di Sicario. In seguito a degli attacchi kamikaze a Kansas City, in cui perdono la vita diversi cittadini americani, il Governo statunitense convoca l’agente della CIA Graver per mettere su una squadra in grado di fare il lavoro “sporco” e prendere misure estreme contro il Cartello messicano, che trasporta illegalmente terroristi negli USA. Il lavoro sporco consiste nel generare una guerra tra i clan rivali, rapendo la sedicenne Isabel (Isabela Moner), figlia di Reyes, pericoloso e noto boss. Di questa squadra farà parte anche Gillick, che peraltro ha un conto in sospeso proprio con Reyes.
Quello che si scatena è un’inevitabile guerra tutto contro tutti, poiché un piano del genere, per quanto curato nei dettagli, si svolge in un campo minato dove il minimo passo falso fa saltare tutto per aria e diventa una lotta per la sopravvivenza.
Ripercorrere la dissestata e pericolosa strada di Sicario non è un lavoro semplice, ma Sollima – ve lo diciamo senza ulteriori indugi – ci riesce e sembra pure perfettamente a suo agio.
Riprende abilmente le atmosfere del prequel e le modella in questo nuovo percorso tracciato magistralmente da Sheridan, facendosi accompagnare da una soundtrack tambureggiante che non lascia mai solo lo spettatore per le quasi due ore di proiezione, giocando con essa in maniera eccelsa, tra silenzi profondi e duraturi, musica ansiogena e tante pallottole in grado di spezzare improvvisamente gli equilibri.
Quello che diventa uno sporco terreno di guerriglia in cui non si conosce distinzione tra criminali e forze dell’ordine, fa il paio con ciò che avviene dietro le scrivanie di chi coordina tutto questo, con Sollima e Sheridan che puntano quindi il dito – come hanno già fatto in tanti prima di loro – verso ambienti diplomatici che muovono i fili per poi gettarli di colpo quando la situazione si fa troppo ingarbugliata e pericolosa per loro.
Queste atmosfere si avvalgono inoltre dell’importante contributo visivo della fotografia satura di Dariusz Wolfski, maestro del crossprocess e vera istituzione nel campo, che effettua anche stavolta un lavoro preziosissimo, e che mescolato ad alcune sublimi inquadrature dall’alto del regista, dà vita ad un vero spettacolo visivo. Gli stessi protagonisti, il Matt Graver di Brolin e l’Alejandro Gillick di del Toro, con un’indole compassata, silenziosa ma comunque determinata, si sposano alla perfezione con il quadro generale messo in piedi da Sollima & co., ed il loro rapporto, seppur per certi versi schiavo dei cliché del genere, è uno degli elementi che trainano tacitamente l’opera, mostrandoci le tante sfumature caratteriali, la dedizione ad un lavoro che più che essere uno stile di vita diviene la vita stessa, e l’indole dell’individuo, nascosta – ma non del tutto sopita – dietro le ferree regole dei servizi segreti.
Sollima riesce quindi a restare attaccato all’opera di Villeneuve, ma facendo comunque di Soldado un film del tutto suo, modificando, sistemando, senza snaturare nulla e confezionando in maniera ottimale quello che è per gli spettatori un regalo gradito e una bella sorpresa. Se Sicario non era un film per niente facile da realizzare, con quelle premesse lo era ancora di più Soldado, che per forza di cose vive del paragone con il prequel. Non è affatto semplice dire quale dei due lavori sia meglio, ma in fondo non è quello che ci interessa. Ciò che ci preme dire e constatare è che si tratta di un film riuscito, che in un terreno colmo di ostacoli sa camminare spedito quasi sempre, con una naturalezza sorprendente. E il fatto che sia di Sollima, un regista italiano, ci rende ancora più felici.
Verdetto
Stefano Sollima è colui che viene scelto per proseguire l’opera iniziata da Villeneuve con l’ottimo Sicario, realizzando con Soldado un altrettanto pregevole film. Un risultato positivo venuto fuori anche grazie alla complicità di un maestro dello script come Talyor Sheridan, ed un cast tecnico di spessore, dalla fotografia di Wolski ad una colonna sonora battente; tutti elementi che contribuiscono alla riuscita di quelle atmosfere già viste in Sicario e qui riadattate, ma non snaturate, da Sollima.
Se Soldado vi intriga…
Di sicuro, se non l’avete ancora fatto, dovete guardare Sicario, prequel di Soldado diretto da Denis Villeneuve. Vi suggeriamo – come accennato nella recensione – anche di dare una chance agli altri film della tetralogia della frontiera, quelli in cui ha messo lo zampino Taylor Sheridan, ovvero I segreti di Wind River e Hell or High Water.