Prosegue il percorso editoriale di Progetto Stigma, sempre in compagnia di Eris Edizioni. La collana di fumetti autogestita da un gruppo di autori e autrici, o come dicono loro da “matti che gestiscono il manicomio”, si arricchisce di Sostanza Densa, scritto e disegnato da Tommy Gun. Una storia di (super)umano, sacro e sconosciuto.
L’idea di Akab prosegue. Lui resta “l’uomo nella stanza dei bottoni” che tira le fila di Progetto Stigma a prescindere, il direttore creativo che ha partorito il concetto e il collettivo in cui autrici e autori di fumetti si autogestiscono e pubblicano in autonomia con l’aiuto complice di Eris Edizioni. Un crogiolo di pensieri che si concretizza nell’essere contrari a logiche che tengono chi produce e realizza sempre più distante dai punti di controllo, da filiere spaventosamente lunghe che impediscono a chi quel fumetto lo ha pensato di avere il giusto riconoscimento. Una miccia cortissima la loro che fino a ora ha portato a sette esplosioni di pagine e inchiostro, alle quali si aggiunge – da oggi – Sostanza Densa di Tommy Gun.
L’apertura di Sostanza Densa è drastica e violenta, catapulta chi legge nel vivo della vicenda senza troppi complimenti. La vicenda che sta alla base del tutto è semplicissima e volontariamente richiama estremamente da vicino topoi e stereotipi piuttosto ricorrenti nella narrazione supereroistica: un’entità proveniente da un luogo non meglio precisato ha invaso la terra ormai da – si presuppone – svariati anni. L’unica speranza per l’umanità di sopravvivere, il supereroe Antenna che da un contatto con l’entità ha ottenuto i suoi strabilianti poteri, è scomparsa da settimane e la nostra specie sta per affrontare tutti i suoi demoni contemporaneamente.
Quello che sembra un incipit piuttosto abusato, però, rivela molto in fretta una natura tutt’altro che prevedibile ma incredibilmente attinente e pertinente con oltre novant’anni di produzione a fumetti sui supereroi. Già dalle prime sue pagine, Sostanza Densa, scopre le sue carte rivelando un profondissimo discorso di fondo riguardo la disperazione, la santificazione di quel che non si conosce e il come esso venga inteso, il controllo dell’ignoto per combattere lo stesso e tutti quei ragionamenti che legano indissolubilmente divinità, confini della conoscenza umana e straordinari eroi in tutina.
L’abbandono della sua specie da parte di Antenna è il punto di partenza che Tommy Gun usa per generare nei suoi personaggi isteria e paura ma anche rivelare buona parte delle credenze circa tutto quello che potremmo definire ultraterreno e al di fuori della nostra comprensione. In Sostanza Densa le persone non si sentono soltanto lasciate da parte dal loro eroe ma iniziano soprattutto a temere loro stessi e i propri simili. La sostanza, finalmente liberata dal suo opponente, gli mostra l’inquietudine di trovarsi davanti a loro stessi; generando effetti di senso che vanno dalla totale rassegnazione alla volontà di acquisire quegli stessi poteri che il beniamino di tutte e tutti possiede, passando per la diffidenza verso le altre persone.
La razza umana lasciata da sola davanti a questo blob azzurro e a se stessa viene messa di fronte alle sue debolezze, spesso derivanti dall’impossibilità di conoscere risposte a domande che neanche si riesce a immaginare. Gli umani di Sostanza Densa sono gli umani drogati dalla necessità di ricevere informazioni ogni volta che ne richiedono, di imporsi presenze che controllano e gestiscono tutto poiché hanno bisogno di un capo anche quando sono lontani dagli uffici e di abbandonarsi al nulla in cerca di una rinascita quando tutto sembra finito.
Viene a crearsi un discorso sul significato stesso di sacro e ignoto, rapportato a tratti tipicamente immaginari ma che rimandano in modo diretto e stretto a paralleli del nostro mondo reale. Sostanza Densa, però, non è (solo) un fumetto fortemente critico verso la creazione di porzioni sacre e senza risposte della realtà: si tratta anche di un avvertimento che punta in direzione del comportamento religioso e fedele che non alla religione o a una specifica confessione.
Quel che Tommy Gun vuole comunicarci con questo fumetto, più che una feroce condanna verso la spiritualità, è come l’interpretazione fedele, aprioristica e puntata a giustificare la nostra incapacità di sapere tutto sul mondo ci allontani totalmente dal concetto stesso di spirito e spiritualità. L’arroganza, la prepotenza e la presunzione della nostra specie hanno dunque infettato anche il suo tentativo di mettersi in contatto con il mondo, portandola alla rinuncia della percezione del mondo esterno in favore di una ragione unica verso cui orientare tutti i ragionamenti che sfuggono dal suo controllo. In un parallelo con il Blob cinematografico – che indicava il mostro come lo spettro del comunismo che infestava la società occidentale – sembra quasi che quello di Sostanza Densa sia un blob che rappresenta il perdersi nell’individualismo sociale, culturale, economico e spirituale.
Sostanza Densa, quindi, è una storia che tocca e tratta le persone; come già anticipato è infatti l’idea umana di ulteriore che viene discussa perché è quella che esiste e abbiamo davanti ai nostri occhi dalla nascita dell’umanità. Alla base di tutto ci sono le interconnessioni tra individui, le traduzioni di linguaggio che compiamo ogni volta che ci interfacciamo con le esperienze altrui modificandole: in un certo senso, dunque, l’entità rappresenta anche quello che sono e fanno intorno a noi le altre persone, perché il primo “altro” prima ancora di essere una cosa a noi fisicamente sconosciuta è anche ciò che ci rassomiglia e fa parte della nostra stessa composizione chimica.
Sostanza Densa come tutte le storie fantastiche scritte con raziocinio rapporta l’irreale con il reale, il presente con l’ipotetico, e usa questa equiparazione per raccontarci qualcosa su ciò e come viviamo il mondo. Qui vengono portati sul piatto ragionamenti che ben si sposano con il contesto dei supereroi ma con la giusta nota di reinterpretazione, di rivisitazione e di ragionamento personale necessario per andare al di là del già esplorato. In questo senso a far fare il giro all’opera è proprio tutto quello che riguarda il personale e il proprio dell’attore. Tommy Gun inietta una carica snuff e deformante ai suoi disegni che soddisfa l’occhio in diversi momenti, rallentando il passo della saturazione gestendo il colore in modo drammatico usando il bianco e nero (e l’azzurro) per creare enfasi narrative, accenti graditi che scandiscono il ritmo di lettura.
In definitiva, quindi, questa nuova uscita di Progetto Stigma è la riprova della maturità totale della scuola più sotterranea del fumetto italiano e di come questo passo intermedio verso il grande pubblico sia necessario per creare precedenti che possano permettere a realtà come questa di emergere e prendersi spazi meritatissimi anche a livello internazionale. Lo Stigma è stato piazzato ancora una volta, e non andrà via facilmente.