Riz Ahmed è il protagonista del toccante Sound of Metal, disponibile su Prime Video
Sound of Metal fa il suo debutto al Toronto International Film Festival nel 2019 e aspetta un intero anno – e di più – prima di arrivare in Italia. Lo fa con Amazon Prime Video, dove dal 3 dicembre è disponibile per arricchire il catalogo della piattaforma streaming che sceglie di offrire ai propri abbonati una pellicola che è quanto di più possibile si possa sentire interiormente dopo averne affrontato la visione.
E se il sentire uditivo è quello che va perdendo il protagonista Ruben Stone, è quello emotivo e profondo che va scavando nello spettatore mentre assiste alla narrativa apparentemente discendente di un batterista costretto a interrompere la strada che aveva intrapreso la propria carriera, conducendo assieme a lui quel percorso d’accettazione che sembrerà coinvolgere l’esterno e quello che non può più recepire, mentre sarà ciò che non si aspettava a dare spazio a un nuovo futuro.
L’improvvisa mancanza di udito da parte di Ruben (Riz Ahmed) interferisce infatti non solamente nelle abitudini e nella quotidianità condivisa nella loro roulotte con la compagna Lulu (Olivia Cooke), ma si estende al mestiere da musicista del ragazzo e al duo metal che ha fondato con la ragazza, che i due cercano di portare in giro per i piccoli spazi underground dell’America.
Ad aggiungersi alla perdita uditiva, è il passato già compromesso del giovane che potrebbe vederlo ricadere nell’uso di droghe visto il momento problematico che sta attraversando, portato così a seguire un percorso di accettazione di sé e della propria condizione in una comunità lontana dal mondo che tratta la sordità non come un handicap da aggiustare, ma una condizione con cui convivere. Un soggiorno di ri-formazione per il giovane che contribuirà ad affrontare l’inedita svolta introdotta nella propria vita, ma che spetterà soltanto a lui accettare fino in fondo.
Le magnifiche scene speculari di Sound of Metal
Nella speculare apertura e chiusura con cui Sound of Metal va circoscrivendo il proprio operato, si segna uno dei passaggi più belli e più abissali avvenuto nella parabola di un protagonista della scena indie. La totale discordanza tra le due sequenze, magnifiche entrambe per i motivi simmetrici e oppositivi che rappresentano, raffigurano il tragitto di un protagonista nel quale entriamo al tal punto da udire esattamente cos’è che lui riesce a udire e a provare esattamente ciò che lui riesce a provare.
Il sentimento del sentire e quello pratico della tecnica acustica si autobilanciano fino a convergere nel film di Darius Marder per contribuire al tracciamento di quella via interrotta del destino del personaggio, che vira completamente in una direzione ostile per colui che deve solcarla; la negazione che non riuscirà mai a trovare la necessaria pace, fino alla presa di coscienza finale.
Sound of Metal è la chiusura di un mondo per il personaggio di Ruben e la totale sospensione prima di approvarne uno differente rispetto alle conoscenze che lo avevano mosso e sospinto prima della perdita del suo udito.
La reminiscenza della dipendenza è lo spettro che più di ogni altro rende fragilmente precario lo stato di accettazione del protagonista, che nell’apprendere le misure della sua nuova situazione dovrà discostarsi dalle tentazioni che lo avevano precedentemente affossato e porre il doppio dello sforzo nel trovare conforto in quel qualcosa che lo ha privato di un senso fondamentale.
Il percorso interiore del protagonista
Il viaggio all’interno di Sound of Metal descritto dalla sceneggiatura del regista Marder scritta insieme a Abraham Marder – curatore anche delle musiche con Nicolas Becker – è quindi in risposta alla frenesia, alla rabbia e al tormento di un’anima che dovrà imparare ad ascoltare se stessa prima di ogni altra cosa.
L’acquietamento di un tumulto interiore che ha passato la tempesta e ha cercato a piccoli passi di venirne fuori, ora scombussolato dalla privazione di pace che pensava di aver trovato, messo ancora una volta in gioco dall’imprevedibilità della vita. Il saper acquisire la quiete diventa una pratica che al protagonista Ruben servirà non soltanto a rassegnarsi, con benevolenza, alla perdita di udito subita, ma si farà insegnamento per far accedere il giovane a un piano superiore della posizione che assumiamo in questo mondo e che ricopriamo in questa vita.
Trovare la tranquillità, accogliere il silenzio: sono per Sound of Metal il significato che dalla posizione di sordità di Ruben spostano l’uomo nell’acconsentire a fare chiarezza nei propri pensieri e nel proprio animo. Sono la percezione dei micro gesti, della calma di una seduta in un parco, nella stabilità di un carattere che capirà che se il mondo sa essere crudele, allora deve trovare un proprio spazio dove ricongiungersi con armonia.
Facendosi film sensitivo che attiva la modulazione del suono per far entrare in contatto lo spettatore con il giovane, l’opera ovatta le conversazioni, esclude pubblico e personaggio dal chiacchiericcio esterno, acuisce la distorsione di un udito che non sarà più lo stesso, come capiterà al suo protagonista. Lo lavora finemente, facendo del tappeto sonoro un elemento essenziale per l’immersione in un racconto che viene variato proprio a seconda delle sonorità e dei rumori captati dal protagonista e dal suo osservatore.
Una pellicola che diventa equivalente di un fischio acuto e pronto a trafiggere come quel suono ripetuto all’interno di un orecchio, che si fa breccia nella reattività del pubblico, che viene portato a una sintonia velata dalla più sincera tristezza.
Il silenzio eloquente di Sound of Metal
La sensibilità di Sound of Metal è il contrasto che quel “metal” vuole mettere con il resto della trasformazione invisibile, ma significante del protagonista, opera che batte come su di un tamburo fin dentro lo spettatore.
Dal 3 dicembre su Prime Video lasciatevi conquistare dalla malinconia di Sound of Metal, fatevi trapassare da quel silenzio che può rivelarsi isola inattesa, possibilità di riuscita.
Un film che va sostituendo all’udito l’esperienza del tocco, quello che sentiamo provenire dalla pellicola di Darius Marder, compresa la sua eloquente, parlante mancanza di suoni.