Né RPG né RTS.

Quando si crea un gioco attingendo a due generi diversi il rischio di creare qualcosa fortemente di nicchia è dietro l’angolo. Titolo tutto sommato meritevoli potrebbero non essere presi in considerazione per il loro target estremamente specifico, costringendo perciò i giocatori a fare delle scelte diverse di fronte al ventaglio di possibilità concesse dal loro portafoglio.

Ed è proprio qui che si colloca la saga di Spellforce, creata nell’ormai lontano 2003 e che si trova in una via di mezzo tra il gioco di ruolo classico alla Baldur’s Gate e lo strategico sul modello di Age of Empires. Molti potrebbero sorprendersi nello scoprire che il titolo, sviluppato dalla teutonica Grimlore Games, sia già giunto al terzo capitolo.

Eppure oggi siamo qui, proprio a parlare di Spellforce III, concentrandoci sul ritorno di una saga che ha riscosso un certo successo nella sua nicchia, mantenendosi felicemente in vita grazie al supporto di una nutrita e convinta cerchia di fan.

Gelidi tradimenti e sangue bollente.

Spellforce III si colloca cronologicamente prima dei suoi predecessori. Il mondo di Eo è nel caos dopo le ultime guerre. I maghi sono stati sconfitti dalla Corona, ma l’instabilità regna sovrana, favorita da una misteriosa piaga, l’Ardisangue, che fa letteralmente bruciare il sangue nelle vene dei malcapitati che hanno avuto la sfortuna di contrarre il morbo.

I maghi vengono repressi e cacciati, decidendo di radunarsi in un’ultima disperata resistenza attorno allo stregone Isamo Tahar. La ribellione ha vita breve: il generale Sentenza Noira, fedelissimo della Regina, stronca sul nascere i tentativi di Tahar, reo di aver creato un clima di terrore tale da allontanare persino il suo primogenito. Quest’ultimo si unirà a Noria e diverrà il protagonista della vicenda, salendo i ranghi dell’esercito a fil di spada.

Otto anni dopo la ribellione il “Figlio del Traditore”, nonostante i successi ottenuti sul campo non si è ancora guadagnato il rispetto dei propri commilitoni. Anzi, appena possibili viene imprigionato con un pretesto nelle segrete reali. Sarà qui che il giovane radunerà attorno a sé un gruppo di fuggiaschi, dandosi alla macchia e decidendo di investigare sulla piaga dell’Ardisangue, ritenuta il vero motivo di instabilità della regione.

L’intreccio si sviluppa in maniera positiva. Le missioni, i dialoghi e tutti gli aspetti di gioco che vanno a comporre la parte GdR del titolo permettono un’immersione nella storia e nella dimensione del mondo di Eo approfondita e piacevole. Il tutto coadiuvato da una saggia scelta dei temi musicali e, soprattutto, del doppiaggio originale (spicca il doppiatore di Noira, quel Doug Cockle già voce dello Strigo Geralt di Rivia). Nel corso della campagna principale incontreremo poco alla volta nuove razze e nuovi personaggi che si uniranno al nostro party, comandando le nostre truppe quando sarà il momento di lottare.

Purtroppo già dalla trama è evidente una caratteristica di Spellforce III: il titolo non brilla per originalità. La storie e le ambientazioni sono riprese di peso dagli stereotipi fantasy post-Tolkien, mostrandosi a tutti gli effetti senza alcun guizzo e alcuna novità degna di tale nome.

Le ambientazioni, le popolazioni e i personaggi che si muovono nel mondo di Spellforce sono classici, al punto che per qualche giocatore potrebbero rasentare la banalità. Eppure, sotto certi punti di vista, questa può essere uno dei punti di forza del gioco. Strano a dirsi, ma tutti i giocatori esuli dei titoli ispirati a Dungeons & Dragons potrebbero ritrovarsi a proprio agio all’interno di questo gioco proprio per la sua ambientazione estremamente classica. Insomma, qualcosa che si rivolge esattamente a un pubblico di nicchia e che  proprio per esso sceglie di sfruttare temi e caratteristiche cari al proprio pubblico. Gli scenari, realizzati con un chiaro richiamo ai primi storici GdR per PC, sono talvolta davvero spettacolari, quasi mozzafiato. Anche per questo è ampiamente consigliabile di giocare con la miglior risoluzione possibile, in modo da godersi al meglio questo ottimo aspetto del gioco.

Nel complesso non si può non lodare la cura con cui Grimlore ha realizzato il background del gioco. Quando qualcosa è fatto bene, anche nella più classica delle tradizioni degli High fantasy, non può non essere apprezzata e gustata. L’ambientazione, le razze e la storia sono ciò che tiene in piedi Spellforce e che permette ai giocatori di appassionarsi a un titolo che, a ben vedere, presenta diverse criticità.

Dopo il tutorial, in cui impersoneremo Sentenza Noira, sarà il momento di giocare sul serio. E qui dovremo fare due distinzioni tra la parte “ruolistica” e quella strategica. La premessa, ovviamente, è identica a quelle che coinvolgono tutti questi giochi: è quasi impossibile che coinvolgano una grande fetta di pubblico.

Perché Spellforce possa piacere e intrattenere così il giocatore, è necessario che il giocatore sia appassionato tanto di giochi RTS che di GDR. In Spellforce III questa necessità si avverte più che in altri titoli simili: le fasi di in cui dovremo guidare il party alla ricerca di una cura per l’Ardisangue sono lunghe e complesse quasi quanto quelle in cui dovremo sviluppare i nostri insediamenti. Sarà quasi impossibili, per un giocatore, concentrarsi e curare un singolo aspetto, dato che inevitabilmente l’uno influenzerà l’altro. Per poter esplorare il mondo dovremo avere una basa a cui appoggiarci ed essa dovrà fornirci abbastanza risorse; viceversa per poter trovare i luoghi ideali in cui fondare i nostri nuovi centri dovremo esplorare. Un serpente che si morde la coda, insomma, un ciclo che non possiamo spezzare.

La creazione del personaggio, almeno per quanto riguarda la skin e le parti superficiali, si dimostra abbastanza povera. Dove avremo a disposizione un gamma di scelte più ampia sarà nella scelta delle caratteristiche e delle classi, con cui potremo personalizzare al meglio il nostro albero delle abilità e compensare la scarsa personalizzazione dei nostri compagni di avventura. In totale il nostro eroe personale potrà potenziare tre diverse sottoclassi, a cui se ne aggiungerà una relativa al comando delle truppe e degli insediamenti. Crescendo di livello dovremo personalizzare le capacità del nostro personaggio in base a combattimento corpo a corpo e a distanza, abilità di comando e magia.

Detta così sembra un paese dei balocchi per ogni giocatore di RPG. Invece sorgono i problemi quando i nostri personaggi dovranno muoversi e combattere. I comandi sono estremamente macchinosi e per niente intuitivi. Per poter comandare i nostri personaggi dovremo alternare all’uso dei tasti un sistema di tipo “punta e clicca” che però risulterò molto difficile da gestire nel caso di uno scontro. Per cambiare, ad esempio, da un comando di movimento a uno di attacco dovremo andare a cliccare sull’icona in basso a destra dello schermo relativa all’azione che vogliamo compiere e, di conseguenza, tornare sul nostro bersaglio o sul punto della mappa che desideriamo raggiungere. Inutile dire che questo sistema è lento e non permette ai giocatori meno esperti di godersi il titolo.

Certo, esiste la possibilità di modificare i comandi, di cliccare su ALT per rallentare l’azione e di usare i tasti Q, W, E, R, T, Y e U per compiere le azioni, ma questo potrebbe causare problemi alle persone che preferiscono muoversi con W, A, S e D. Insomma, il settaggio dei tasti di azione è ampiamente rivedibile e costringerà i giocatori a passare qualche ora sospesi tra tutorial e opzioni per poter infine trovare quel giusto equilibrio utile a godersi pienamente la partita.

La parte RTS del gioco risulta il vero tallone d’Achille di Spellforce III e finisce per azzoppare l’intero titolo. La gestione delle truppe e degli insediamenti non è immediata e spesso finisce per andare a cozzare con il sistema della parte RPG, costretta in parte a “sacrificarsi” per riuscire a rendere al meglio. Per esempio il sistema di controllo degli altri membri del party è stato molto semplificato per permettere a tutti noi di dare il meglio quando dovremo comandare le truppe, ma sfortuna vuole che esso limiti molto le azioni dei nostri compagni di avventura.

Quando gestiamo gli insediamenti le prime fasi scorrono molto lente e in maniera macchinosa: sulla falsariga di quanto abbiamo visto con Age of Empires e titoli simili ci troveremo di fronte a un centro cittadino e a un limitato numero di abitanti che potremo gestire in maniera indiretta per costruire le prime strutture del nostro insediamento e raccogliere le risorse. La cosa prosegue in maniera estremamente graduale, utile per quanto si approcciano per la prima volta a un RTS ma assolutamente insopportabili per i veterani del genere, che potrebbero ritrovarsi a giocare a suon di sbadigli.

Oltre a questo ci appare sbilanciata la gestione delle truppe. Potremmo trovarci di fronte a casi in cui un’armata avversaria può essere tenuta a bada solo dagli eroi, per poi passare a momenti in cui un esercito viene soverchiato dall’avversario e sconfitto. Certo, questo sembra essere fatto per ricalcare alcuni archetipi delle storie fantasy (chi si ricorda di Gimli e Legolas che da soli uccidono ottantacinque Uruk?) ma nel contesto del gioco mandano spesso in confusione, impedendoci di capire quale sia la migliore strategia da adottare, semplicemente perché in contesti identici i risultati possono variare parecchio. E stiamo parlando di uno strategico.

L’intera gestione della parte RTS sembra a conti fatti molto poco convincente. Ci troviamo insomma davanti a un titolo che risulta insufficiente per metà, qualcosa di molto difficile da accettare quando ci si trova di fronte a un gioco il cui scopo è unire due diversi generi.

Verdetto

Spellforce III non ci ha convinti del tutto. Pur di fronte ad alcuni innegabili spunti interessanti, specie a livello di storie e ambientazioni che, per quanto un po’ stereotipate, funzionano, il gioco risulta poco soddisfacente a livello di gameplay, specie a per quanto riguarda la parte strategica. Il pubblico ideale per questo titolo è quella nicchia di giocatori capaci di godersi tanto il gioco di ruolo che lo strategico in tempo reale, riuscendo perciò a non provare avversione per una delle due parti del gioco. Se riuscite a sopportare qualche fase di stanca all’interno della trama il titolo merita una possibilità. Potreste trovarvi di fronte a un gioco capace di raggiungere il suo scopo e intrattenervi, dando il massimo soprattutto negli splendidi scenari realizzati.

Federico Galdi
Genovese, classe 1988. Laureato in Scienze Storiche, Archivistiche e Librarie, Federico dedica la maggior parte del suo tempo a leggere cose che vanno dal fantastico estremo all'intellettuale frustrato. Autore di quattro romanzi scritti mentre cercava di diventare docente di storia, al momento è il primo nella lista di quelli da mettere al muro quando arriverà la rivoluzione letteraria e il fantasy verrà (giustamente) bandito.