Hart e Johnson insieme per un film… discreto?

Per qualche misterioso motivo di recente il genere comico ha trovato nello spy movie la sua anima gemella, la commistione con il quale è ritenuta il perfetto mix per strappare risate, tra una gag e una pallottola. Stavolta è il turno di Kevin Hart e The Rock di fare la coppia male assortita di agenti, che all’inizio sono costretti a collaborare, per poi stringere un legame profondo e scegliere, insieme, di portare a termine la missione. Di base, quindi, niente di nuovo, ma la vera domanda è: il film fa il suo lavoro?

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Insomma. Insomma perché, anche senza considerare che i film comici di “spionaggio” già da un po’ puzzano di stantio, Una spia e mezzo (il titolo inglese Central Intelligence non poteva che diventare l’ennesimo “Qualcosa e mezzo”, a quanto pare) è un film che nel suo sottogenere si prende licenze in negativo.

I due attori protagonisti, entrambi dall’alta carica empatica, perdono un sacco di tempo in chiacchiere, e a far ridere purtroppo non è la maggior parte di esse. Ogni tanto, qualche battuta dell’uno o dell’altro colpisce nel segno, e si percepisce la potenza che il film potrebbe avere, se funzionasse a dovere. Ma poi, in un attimo, si torna alla normalità di un film molto prevedibile, dalla trama scontata e l’azione insipida. Tutte cose che avremmo perdonato volentieri, se sull’altro piatto della bilancia ci fosse stata la giusta e massiccia dose di comicità. E invece…

CENTRAL INTELLIGENCE

Mettiamo le cose nella giusta prospettiva. Non si tratta di un film orrendo, né inguardabile. Come detto, qualche battuta fa ridere, e proprio questo ci fa parlare piuttosto di occasione mancata. Le ragioni di questa comicità a mezzo servizio ci restano ignote. Potrebbe darsi persino che la causa sia da ricercare in un concept non proprio chiarissimo. Qual è il messaggio ultimo del film: l’amicizia è la cosa che conta di più? O che è importante, nella vita, essere sinceri con se stessi e tenere a mente i propri obiettivi? O che bisogna combattere i bulli?

Sono tutti punti toccati, a turno, dall’uno o dall’altro personaggio principale. Nessuno di questi viene però approfondito a dovere. E quel che rimane è una successione di eventi non proprio sconvolgenti. Anche qui, stabilita la norma si trova l’eccezione: c’è un momento del film in cui crederete che quest’ultimo vi abbia fregato, e sarebbe una cosa buona. Il successivo colpo di scena è che era una finta. Tranquilli, probabilmente capirete tutto molto presto.

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Hart e Johnson (alias Calvin Joyner e Bob Stone), comunque, sono simpatici anche quando non fanno sganasciare, e in fondo danno entrambi una prova discreta. In giro per la pellicola troverete altri attori dalla forte carica comica (Jason Bateman, Ryan Hansen e pure Melissa McCarthy, dei nuovi Ghostbusters), peccato si tratti perlopiù di cameo. La regia è ordinaria amministrazione.

Ultimi due lati positivi sono la colonna sonora, dal groove rilevante, anch’essa fin troppo poco presente, e i bloopers dopo i titoli di coda. I bloopers fanno molto ridere, tanto da farvi riflettere sul film stesso.